Nei giorni scorsi è stato presentato a cosenza l’ultimo libro del prof. Antonio Mungo “Soltanto elucubrazioni?” (Mario Vallone Editore).
Di seguito alcune foto della serata e la relazione integrale di Irene Scarnati.
m.v.
La poesia è ancora possibile?
Introduzione
«Nel mondo c’è un largo spazio per l’inutile, e anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell’inutile alla quale sono sensibili particolarmente i giovanissimi. In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà».
Mi piace iniziare il nostro incontro con questa brevissima citazione tratta dal discorso che Montale tenne nel 1975 in occasione della consegna del premio Nobel per la letteratura, il cui titolo contiene la domanda se sia ancora possibile la poesia nel mondo contemporaneo, con la diffusione incontrollata della comunicazione, nelle forme che ben conosciamo, e con il proliferare della cultura di massa all’insegna dell’effimero. Montale risponde che sì la poesia è un prodotto inutile che si rivela indispensabile nel nostro mondo, perché diventa un antidoto di fronte ai fenomeni degenerativi della nostra società, qualcosa che costituisce un argine, un anticorpo contro il dilagare della superficialità. Anche la poesia, come molti “saperi inutili” rivela a chi vi si accosta la sua sorprendente utilità, come ricordava in un suo famoso saggio il prof. Nuccio Ordine, da poco scomparso.
Perciò sono benvenute iniziative come questa che ci permettono di incontrare un poeta in carne e ossa e ascoltare i suoi versi.
Sono, perciò, contenta di presentare la terza fatica letteraria di Tonino che segue a breve distanza la pubblicazione di due testi, Frammenti di un’anima, e Il cuore non cambia.
Confesso che mi era ignoto questo aspetto della sua ricca personalità: data l’antica colleganza nel glorioso Bernardino, come chiamavamo scherzosamente il Telesio, ne conoscevo le qualità professionali, la profonda conoscenza delle lingue classiche nonché la passione di collezionista di dipinti di “Madonne”. È stata, perciò, una gradevole scoperta imbattermi nel Tonino poeta e lo ringrazio per avermi voluto affidare il compito di parlare del suo libro, perché penso che la richiesta di commentare un libro di poesie presuppone un atto coraggioso e di fiducia, la capacità di consegnarsi a un altro, senza schermi, nella verità dei propri sentimenti, la disponibilità a lasciare che un estraneo entri nel proprio mondo interiore e lo scandagli.
Mi accingo a farlo, non senza emozione, e con una certa apprensione consapevole di maneggiare una materia molto delicata.
Dico subito che la mia non sarà una presentazione classica: i testi che corredano il libro assolvono a questo compito in modo pregevole e io non potrei dire di più e meglio. Abbiamo scelto, perciò, una modalità dialogata: io mi limiterò a sottolineare gli aspetti del libro che mi hanno particolarmente colpito e l’autore avrà modo per chiarirli e approfondirli; naturalmente i protagonisti saranno i versi che risuoneranno grazie alla lettura di Elena e dello stesso Tonino.
Il libro
Partiamo dal titolo, che costituisce di solito la prima chiave di lettura per accostarsi a un testo. L’attenzione è attratta subito da una parola che ha una sfumatura negativa; “elucubrazione”, dal latino elucubrare (verbo che ha la radice di lux = luce) che significa “comporre alla luce di una lucerna”, indica solitamente un’“opera di pensiero fatta con lunga e paziente cura”, che un tempo, in assenza di luce elettrica, era realizzata al lume di una lucerna; ma la parola ha assunto per lo più un significato ironico, indica un lavoro molto meditato ed elaborato ma che, in pratica non approda a nulla. Se così fosse sarebbe tutta fatica sprecata. A che scopo pubblicarla? A me pare, però, che nella scelta di questo titolo si possa vedere un topos letterario, dietro il quale l’autore finge di dare poca importanza ai suoi versi ai quali però assegna il compito di rivelare i suoi sentimenti più profondi.
- E’ così? Perché continuare a scrivere poesia? Cosa significa per te dedicarsi con un impegno “che non conosce riposo” al mestiere di scrivere?
Il genere
Anche in questa raccolta l’autore sceglie di avvalersi del prosimetro. Per i non addetti ai lavori, si tratta di un genere letterario in cui si alternano prose e versi. Nella poesia antica ha soprattutto carattere satirico (Petronio, Seneca)e successivamente nella letteratura tardo antica e nella letteratura italiana del medioevo si si ritrova anche nella trattatistica (Severino Boezio, Dante); nella letteratura moderna Dino Campana lo usa per i suoi Canti Orfici
Rispetto alla prima raccolta, Frammenti di un’anima, in cui i versi e le prose sono in stretta relazione, qui il materiale è organizzato secondo un criterio che separa nettamente i versi dalle prose. Nella breve introduzione tu stesso dici di aver voluto dare ai versi l’impronta della pensosità del tuo carattere; infatti le poesie hanno quasi tutte un tono lirico, esprimono palpiti, sogni, affanni del tuo animo, mentre le prose, di carattere per lo piùnarrativo, sono invece costruite su un altro registro, generalmente improntato a una certa levitas; si presentano infatti come riflessioni, note di viaggio, quadretti di vita scolastica, incursioni nell’antico che ricostruisci con la precisione dello studioso. Insieme, versi e prose, comunque, contribuiscono a sottolineare la duplice natura del libro data dalla compresenza delle due dimensioni della tua anima: quella meditativa, portata a indagare il senso della vita, analizzare le profondità del cuore, rintracciare le emozioni del passato attraverso il ricordo, e quella della curiositas che ti spinge al viaggio in cerca del passato mitico, o verso “mondi concreti in cui è bello perdersi e da cui si può cogliere un messaggio di vita e di speranza”
- Due testi mi sembrano indicativi di queste due dimensioni: Magia di novembre e la prosa tra realtà e sogno. Ascoltiamoli e poi vorrei che ce li commentassi.
Il contenuto
Mi concentrerei ora sulla prima parte del libro quella più corposa che contiene se non sbaglio 86 componimenti. Rime sparse potremmo dire, utilizzando l’espressione petrarchesca, che si alternano senza un criterio evidente. Anche qui sembra che l’aspetto dominante di questo nuovo libro, continui a essere quello del “frammento” come accadeva nel primo libro: Frammenti di un’anima. Fra sconfitta e rivincita. La mia vita. Anche qui c’è al centro la vita dell’autore, una vita di cui si cerca costantemente di cogliere il senso, trovare il filo spezzato che non tiene…la maglia strappata nella rete… il varco che consenta al poeta di penetrare nel mistero dell’esistenza che si può cogliere solo per sprazzi di luce improvvisi e fugaci. E’ l’eterna lotta nella quale si consuma l’esistenza dell’uomo “presente alla sua fragilità”, come direbbe Ungaretti, per cui non resta altro che aggrapparsi ai frammenti di speranza che aiutano ad attraversare le tempeste. Il discorso si snoda, perciò, tra speranza e angoscia, illusione e delusione, ma l’io lirico non è mai completamente sconfitto e sempre ritrova la forza cdi riprendere il “viaggio”. C’è un’immagine che esprime questa capacità di resilienza in modo efficace, che si trova in una delle prose del primo libro, una tra più belle, è quella dell’ulivo caparbiamente avvinghiato alla sommità di uno scoglio del mar Tirreno, di fronte alla tonnara di Palmi. Un’immagine che diventa metafora della Calabria e dell’uomo calabrese quale Antonio appare attraverso le sue poesie.
Lettura di un passo a p. 30 di Frammenti…
Cos’è per te la calabresitudine? In quali aspetti della tua personalità e della tua poesia ti pare di esprimerla?
Il canto dell’anima
Gli 86 componimenti ci restituiscono, come scrive Francesca Mastrovito nella prefazione, il canto dell’anima di Antonio, un canto che si distingue per l’eleganza del linguaggio, l’intensità delle immagini e la suggestione degli echi letterari che scaturiscono dall’assidua frequentazione della poesia antica e moderna (come sanno bene gli amici di Tonino che ricevono ogni mattina il dono di una poesia di autori più disparati). Da qui un’altra caratteristica della sua poesia, personalissima e, allo stesso tempo, ricca di sonorità letterarie che elevano l’esperienza soggettiva dell’autore a un livello universale in cui ogni uomo può riconoscersi.
Accade per esempio nelle poesie che parlano della forza dell’amore che non ha età e che anche negli anni maturi “squassa le membra e sconvolge la mente”, Antonio riproduce con parole nuove, gli accenti della poesia di Saffo che fa “da colonna sonora alla sua vita”. Così anche il sentimento di nostalgia del paese natio ricorda quello di Catullo che canta la sua Sirmione; e l’esperienza del ritorno a Lattarico, da adulto, richiama il senso di spaesamento provato da Caproni nella sua poesia Ritorno
Quali sono i poeti che ami di più e che senti più in sintonia con la tua esperienza di vita? Cosa hai tratto dal loro esempio?
Lo stile
Un breve accenno allo stile, mi pare utile per apprezzare la poesia di Antonio. Come molti poeti moderni anche lui adotta il verso libero, ma la lunga frequentazione della poesia classica e di quella della tradizione lirica italiana, fa sì che naturalmente il verso acquisti il ritmo e la sonorità dell’endecasillabo, una presenza abilmente dissimulata. Prendo a esempio un solo testo Giovinezza ingannevole nel quale il gioco del poeta è più evidente: quasi tutti i versi nascondono un endecasillabo.
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I temi
Come in ogni canzoniere è possibile individuare alcuni temi ricorrenti che segnano momenti e situazioni forti della sua vita.
- Gli affetti familiari
Numerose sono le poesie legate alla figura paterna centrale nella formazione e nell’immaginario di Antonio. Nei versi a lui dedicati il padre appare ora nel ricordo del rapporto filiale bruscamente interrotto dalla morte prematura, ore nel sogno consolatorio che aiuta a ricostruire le certezze perdute e ad affrontare l’asprezza della vita adulta.
Dolci le tue parole
Al ricordo consolatorio del padre si oppone il ritratto della figura materna che viene vista distante e incapace di empatia: un amore cercato vissuto nel rimpianto di carezze e sorrisi avari.
- I luoghi dell’anima
Una immagine ricorrente in queste elucubrazioni è quella del paese natio, “luogo della nostalgia e della memoria, a volte edulcorata a volte esasperata per l’insita impossibilità di trattenere i suoi figli”. Lattarico è percepito infatti da due diverse prospettive: ora come mito, mondo ideale, nido caldo e rassicurante fatto di presenze amiche e di una natura incontaminata; ora come lo spazio dove si consumano le esperienze dolorose e si infrangono i sogni della giovinezza. La sua presenza costante nel ricordo è anche la risposta al senso di spaesamento che l’autore prova nella città anonima e caotica dove si è trasferito abbandonando il suo piccolo borgo che in certi testi acquista l’immagine di un mitico Eden.
Il mio mondo/ Lattarico/ Emozioni d’autunno
- Il rapporto con Cosenza appare dai tuoi versi abbastanza conflittuale. Che cosa rimproveri a questa città? Cosa di bello ti porti dentro?
Intensi sono anche i versi dedicati a Napoli, la città degli anni spensierati dell’università, con i suoi angoli caratteristici, i suoi profumi e i suoi rumori, alla quale è legata anche l’esperienza di un amore giovanile breve ma intenso che finisce precocemente con la morte della ragazza assimilata nei versi alla Silvia leopardiana. Canto a Partenope
Anche la Grecia, paese del mito, della poesia di Saffo e Alceo, e di una natura generosa e incontaminata ritorna nel canto di Antonio dove la ricerca di un approdo sereno sembra trovare uno sbocco, ritorna spesso nei versi e soprattutto nelle prose il racconto dei viaggi che portano Antonio in Oriente. Paxi
- Quale esperienza di viaggio ti porti dentro? Quale ha avuto maggiore influsso sulla tua poesia?
Conclusioni
Se la nota dominante sembra essere nei versi quella di un dolente pessimismo nella consapevolezza che le illusioni della giovinezza con la speranza di felicità si dileguano inesorabilmente di fronte “all’apparir del vero”, tuttavia, come sottolinea la nostra comune amica Donatella Puzone, nella prefazione, accanto “all’acuto senso di perdita si individuano preziosi momenti, ancorché fuggevoli, di riscatto e speranza” .
Ascoltiamo due testi che sono rappresentativi di questo conflitto
Incomunicabilità / La vita è uno scacco
La mia Itaca
Nella rievocazione di Itaca, l’isola del mito di Ulisse, diventata topos ricorrente in tanta poesia italiana e straniera, si materializza il mito della “materna terra”, panacea di ogni avversità approdo rasserenante agli affanni della vita. L’immagine di Itaca si lega al tema del viaggio, anche questo da assumere in senso metaforico come immagine del percorso esistenziale: il viaggio della vita non ha altra meta se non il viaggio. Gli ostacoli che il navigante incontra, dalle sembianze mitologiche come Lestrigoni e Ciclopi, sono i pericoli e le avversità che costellano il percorso, ma non bisogna aver paura perché attraverso di essi si impara a conoscere se stessi. Itaca non è un approdo sicuro e confortevole, assume i connotati immateriali della saggezza, rappresenta la tensione verso l’alto, verso l’assoluto che in modi diversi abita ogni uomo. Il messaggio è allora quello di accogliere la vita come un insieme di esperienze che forgiano la nostra personalità e ci fanno crescere. Ascoltando i versi di La mia Itaca con i quali mi piace chiudere questo incontro, vengono in mente le parole e la musica della canzone di Lucio Dalla che mostra una straordinaria coincidenza spirituale con il testo di Antonio.
Cosenza, 25 marzo 2024
Irene Scarnati
Maggiori informazioni sul libro al seguente link: vai alla scheda.
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MarioVallone