Il sesto capitolo del libro “Superfish” di Fortunato Costa (Mario Vallone Editore)
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Capitolo 6
Il dottor Conte, dopo una attenta valutazione dei risultati delle analisi di laboratorio, guardò Nicola, Eros, Caterina ed Evelyn e disse:
“Caspita! Non saprei da dove cominciare anche perché non so cosa pensare…”
“Ma io mi sento benissimo, doc. Mai stato meglio in vita mia; voi restate lì con quelle facce preoccupate e non capisco perché!”
“Il fatto ha dell’incredibile, caro Eros. E risulta difficile credere che tutto ciò sia scaturito dal morso di un pesce!”
“Forse dovremmo contattare un medico che ha già avuto a che fare con un caso simile” disse Nicola senza convinzione.
“E chi sarebbe? Dove lo troviamo? Ho cercato in tutto il web per giorni. Ho contattato un mio amico e collega ematologo di Ferrara, un oncologo esperto in leucemie e linfomi di Pavia, uno specialista di malattie tropicali di Bologna, il centro antiveleni di Milano: niente! Sempre la stessa risposta: mai vista o sentita una cosa del genere.”
“La cosa che più mi sconcerta è il fatto che Eros riesca a rimanere in apnea anche per un’ora sott’acqua senza riossigenarsi. Ha sviluppato una resistenza inaudita alla fatica muscolare, una spaventosa velocità di nuoto grazie ad una sorprendente acquaticità che mai prima d’ora aveva presentato. E poi…”
“E poi? C’è dell’altro ancora?”
“Si, eccome. Riesce a capire i pesci, a vivere le loro stesse emozioni, prevede i loro spostamenti, intuisce le loro necessità. Non so che dire…” rispose Nicola scrutando gli altri mentre Eros, impassibile e per nulla preoccupato, guardava fuori della finestra.
“Faremo così: ciascuno di noi continuerà a consultare il web ed a chiedere in giro tra le varie conoscenze in campo professionale. Tu lavori alla stazione zoologica di Napoli e quindi sei nell’ambiente più idoneo per scoprire qualcosa, al posto giusto per condurre un’indagine accurata in merito. Se Eros non presenta problemi di salute, per il momento lasciamo le cose come stanno. Andrà monitorato a breve ma direi che potremmo riaggiornarci a fine settembre e confrontarci sugli sviluppi della situazione.”
Quella stessa sera Eros e Nicola vollero mettere al corrente Valentina ed Antonio della situazione; non dissero loro proprio tutto per non farli preoccupare eccessivamente.
“E così sei diventato un fenomeno incredibile: riesci a stare tutto quel tempo sott’acqua senza respirare? Non ti farà male?” disse il padre smettendo di sorseggiare un succo di frutta.
“No papà; mi sento in gran forma. Riesco a fare meglio di prima tante cose come correre a lungo senza avere il fiatone, salire le scale tre gradini alla volta senza stancarmi, giocare a calcetto correndo come un missile. Mi sento quasi un supereroe!”
“Non è normale tutto ciò. Lo capisci?” disse la madre in tono apprensivo torcendosi le mani.
“E cosa dovrei fare secondo te? Non posso mica tornare indietro! Le vostre paure, tutta quest’ansia, sono immotivate. Lasciatemi in pace” concluse Eros uscendo di casa e mettendo in moto la vespa per poi scomparire oltre il cancello.
Qualche giorno dopo Eros fece capire a Nicola di dovergli confidare qualcosa in privato.
“In questi giorni la mia vita è cambiata; volevo dirtelo. Ho fatto amicizia con un branco di delfini.”
“Non mi dire. E…?”
“Ed ho scoperto tante cose incredibili. Siediti perché il racconto non andrà per le spicce. Dunque: lo sapevi che i delfini hanno un nome, una famiglia ed una personalità? Io non lo sapevo fino ad ieri. E’ stato a dir poco entusiasmante. Mentre nuotavo al largo uno di essi, il capo famiglia, mi ha
raggiunto e mi ha parlato. In effetti, a ben pensarci, erano fischi e sibili, strani rumori scoppiettanti e squittii, ma io ne capivo perfettamente il significato.
Erano di passaggio perché inseguivano dei branchi di sardine e di altro pesce foraggio; ma erano impauriti perché le orche sono entrate nel Mediterraneo da qualche mese.”
“Le orche? Ma dai! Le orche non si sono mai viste da queste parti.”
“E invece sono arrivate anche loro. Un gruppo di cinque animali, un maschio adulto, due femmine e due cuccioli. Li ho visti!”
“Le balene ed i capodogli vengono per riprodursi nel canale di Procida. Ma delle orche non sapevo nulla!”
“Quante cose non sappiamo! Ho visto una distesa immensa di rifiuti al largo, plastica per l’esattezza. I delfini sono incazzatissimi con noi e mi hanno rimproverato aspramente, a più riprese, e ad un certo punto ho temuto volessero persino aggredirmi. Il mare muore e noi non facciamo nulla per salvarlo. Hanno ragione, abbiamo esagerato.”
“Non c’è bisogno che ce lo dicano i delfini per sapere che stiamo rovinando l’ecosistema in ogni modo possibile. Ma raccontami di loro, della loro vita, delle abitudini…sono curioso” disse Nicola accomodandosi meglio sulla sedia.
“Tanto per cominciare sono nomadi, non hanno un posto ben definito dove vivere per tutta la vita. I loro spostamenti sono condizionati dalle migrazioni del pesce foraggio e dei calamari, loro unica risorsa per sopravvivere.
Nuotano mediamente per circa 100 chilometri al giorno, vivono in gruppi o famiglie da 15 a 60 individui, i maschi in genere non abbandonano la madre. Sai come fanno per localizzare le prede? Hanno un sonar, un ecolocalizzatore, proprio come i pipistrelli. Gli ultrasuoni in acqua viaggiano molto più velocemente che nell’aria e se ne servono con grande abilità. Mi hanno “sentito” ancor prima di vedermi e, non riuscendo a capire cosa fossi, sono venuti a conoscermi. I loro messaggi a volte sono percepibili a diverse centinaia di chilometri. Il capo famiglia si è molto meravigliato delle mie capacità in acqua: non aveva mai visto prima un uomo nuotare così velocemente e raggiungere la profondità a cui mi ero spinto.”
“Perché? A che profondità sei arrivato?”
“Penso fossero almeno quattrocento metri, suppongo…Non mi sono ancora abituato a valutare con precisione le mie immersioni ma ci riuscirò con il tempo e l’allenamento.”
“Quattrocento metri? Ma la pressione a quelle profondità ti avrebbe schiacciato!”
“A quanto vedi sono vivo e vegeto. Ma c’è una cosa che mi dà fastidio: la pelle è diventata più spessa e schifosamente grassa. Quando faccio la doccia non mi bagno più e lascio una patina di unto su tutto ciò che tocco.
Caterina ormai non mi sfiora più neanche con un dito, prova repulsione per me, e la cosa sta distruggendo il nostro rapporto, come potrai ben immaginare” disse Eros pulendo gli occhiali da sole, oramai onnipresenti, con un tovagliolo di carta a fiori. “Non hai notato che quando ci salutiamo non ti stringo più la mano? Lo faccio per evitare il contatto fisico onde non suscitare reazioni di palese disgusto nei miei confronti.”
“In effetti l’ho notato. Ma che sta succedendo Eros? Cosa sei diventato?”
“Non lo so ancora. E di giorno in giorno scopro nuove potenzialità di cui non ero cosciente fino a quel momento. Forse un po’ di paura ce l’ho anch’io ma…che posso fare? Devo adattarmi alla nuova condizione e capire fin dove posso spingermi. Intanto non vado al lavoro perché ho paura di farmi vedere in questo stato. Gli occhi fosforescenti, la pelle che trasuda grasso, gli occhiali neri perennemente sul naso; non vorrei scandalizzare qualcuno e far perdere clienti ai miei. E poi viviamo in una piccola città, le voci girano in un attimo…tu queste cose le sai” disse Eros.
“Parlami ancora dei delfini, per favore.”
“Ci sono alcune cose che ho avvertito nelle loro menti. Prima di tutto non sono così buoni e socievoli come si pensa. I gruppi si fanno la guerra, in particolare i maschi di una famiglia si coalizzano tra loro e combattono per conquistare le femmine di altri gruppi, a volte crudelmente fino alla morte. Ed ora reggiti forte: ci sono dei delfini omosessuali!”
“Ma no, dai, non ci credo…”
“Si, e spesso usano un rapporto sessuale di sottomissione verso maschi rivali più deboli. Poi sono simili a noi in alcuni comportamenti: le coppie si formano e si disfano, si lasciano e si riprendono, sono gelosi e possessivi, vendicativi. Ed alcuni, reggiti forte, vorrebbero anche avere rapporti sessuali con noi. Cose da pazzi, eh?”
“Mi stai aprendo le porte su di un mondo che non conosco…eppure dovrebbe essere di mia competenza conoscere questi particolari.”
“L’esperienza sul campo è sempre più proficua dello studiare unicamente sui libri.
L’uno senza l’altra sono limitativi nella conoscenza ma l’esperienza è più formativa, si imprime più a fondo nella memoria, è una testimonianza indelebile.”
“Vedo. Ne sai più tu in un mese di esperienza di me che studio e sgobbo da una vita sul mare e i suoi insondabili misteri. Mi stai facendo sentire a disagio, in un certo senso” disse Nicola pensieroso.
“Non esagerare. E’ una situazione anomala la mia, lo sai bene. Per me non cambia nulla; io mi sento lo stesso di sempre e non ho nessuna intenzione di andare a vivere nell’ambiente marino, a dire il vero. Magari tra una settimana tutto torna nella norma e la vita riprende come prima. Staremo a vedere; tu non mi abbandonare, sei la mia roccia, la mia salvezza.”
I due amici si abbracciarono senza parole, suggellando in quel gesto l’affetto profondo che li legava.
“Stasera usciamo tutti insieme?”
Nicola elaborò un piano quella notte stessa; non riusciva a prender sonno e sorseggiando un caffè, seduto su di una vecchia sedia sdraio ormai sdrucita e sbilenca, finalmente gli venne l’idea che stava cercando.
“Ho pensato che potremmo sfruttare questa tua nuova abilità, se sei d’accordo” disse ad Eros la mattina seguente mentre si recavano sulla spiaggia di Tropea.
“Sentiamo cosa hai elaborato invece di dormire” rispose l’amico.
“Tu puoi stare in apnea per lunghissimo tempo, puoi scendere a profondità inaudite senza l’ausilio di alcuna macchina, puoi nuotare velocissimo, comunichi con gli animali. Ho pensato quindi che ti puoi dotare di una telecamera che possa resistere alle batimetriche più impegnative, rimarrai legato ad una cima collegata alla barca su cui io ti seguirò negli spostamenti. Magari potremmo impiegare un ecoscandaglio per localizzare il pesce. Se si dovessero verificare problemi puoi strattonare la corda ed io ti recupererò subito. Sono interessato ai delfini ed alle orche, potrai ben capire, e mi sembra un’ottima occasione per avere notizie e raccogliere dati di prima mano. Sei d’accordo?”
“Ottima idea. Potremmo utilizzare la barca di papà, un comodo walk around di circa 7 metri; in questo periodo non lo usa perché si diverte in inverno quando la utilizza per andare a pesca. Andiamo subito ad organizzare il tutto. Domani si farà, contaci!”
“Ma la cima lunga? La telecamera? L’Ecoscandaglio?”
“Ho tutto in garage, non preoccuparti. Si parteee!”
Quel giorno venne impiegato per organizzare la missione dell’indomani, tra le proteste delle ragazze, rimaste da sole sulla spiaggia, e la preoccupazione dei genitori di Eros.
Il giorno seguente, di buon mattino, i due amici si recarono al porto di Tropea con due taniche di benzina e l’occorrente per l’immersione, stipati su di un carrello da supermercato per trasportare il tutto fino alla barca.
Scelsero per l’immersione il tratto di mare ad est di Capo Vaticano, quasi di fronte alle spiagge di Grotticelle e Santa Maria, dove l’acqua raggiungeva quasi subito profondità rispettabili e dove già sapevano transitassero pesci di grossa taglia. La action cam, una macchina fotografica di tutto rispetto, aveva un’autonomia di circa 90 minuti ed una batteria di riserva ben carica.
L’ecoscandaglio entrò in funzione e scorsero subito numerosi banchi di pesce adagiati sul fondo a 200 metri mentre altri stazionavano a profondità di 50 metri circa. Eros venne assicurato tramite una cinta ed un moschettone alla robusta cima di 10 millimetri di diametro lunga almeno 500 metri.
“Mi raccomando, non fare imprudenze. Non sostare più di un’ora ad elevate profondità, non farmi pentire di aver avuto quest’idea. Strattona la corda subito se qualcosa non ti convince. Riprendi tutto quel che può interessarci, sarà la prova che non stiamo raccontando frottole. Quando risali tira la cima due volte ed io la riavvolgerò. Buona fortuna amico mio.”
Eros si inabissò scomparendo in breve nelle profondità del mare blu mentre uno stormo di gabbiani si sollevava dalla superficie tranquilla del mare e prendeva il volo verso la Sicilia.
La cima si srotolava velocemente e Nicola non poteva credere ai suoi occhi constatando che Eros, senza maschera, senza bombole e pinne, si stava immergendo a velocità impressionante verso il fondo.
Dopo duecento metri di cima la velocità d’immersione rallentò e si stabilizzò; Eros aveva raggiunto il fondo e stava nuotando lentamente.
Il sole si stava alzando all’orizzonte e le prime barche fecero la loro comparsa a poca distanza, pescatori dilettanti e famiglie mattiniere di turisti.
Dopo circa un’ora di snervante attesa la corda venne tirata due volte e cominciò la risalita che si svolse senza particolari problemi.
Nicola tirò un profondo respiro di sollievo quando vide riemergere la testa bionda di Eros; gli occhi dell’amico erano fosforescenti come mai prima li aveva visti e questo fatto lo impressionò non poco.
“Che c’è?” Eros lo guardò come se fosse andato a fare una passeggiata al parco.
“Ma ti sembra niente scendere a duecento metri nuotando come un missile e rimanere un’ora in apnea? Scusa se sembro un po’ sorpreso…”
“Aspetta che ti racconti cosa è successo e poi mi dirai!” disse Eros slacciandosi la cintura e sedendo sul bordo dell’imbarcazione.
“Ho ripreso tutto; ma per quello c’è tempo. Ho visto nuovamente i miei amici delfini, ho dovuto attendere che finissero di mangiare. Erano una trentina…”
“Le orche? Hai saputo qualcosa?”
“Le orche erano a poca distanza da noi. Ma questo viene dopo. Tanto per cominciare ho visto una marea di pesci di tutti i tipi; quelli che mi hanno impressionato maggiormente erano i pesci sciabola, nastri argentati con la faccia crudele continuamente a caccia. I delfini salivano e scendevano in continuazione per ossigenarsi; non riescono a stare in apnea più di dieci minuti e così sono costretti a risalire. Hanno fatto una scorpacciata di quei tonnetti piccoli, quelli con le tre macchioline dietro la testa…”
“Gli alletterati!”
“Si, quelli. Poi mi hanno fatto vedere i cuccioli appena nati, ce n’erano tre, ed erano deliziosi. Abbiamo nuotato insieme per un bel pezzo, ma loro sono più veloci di me.”
“Raggiungono i 60 km orari, se è per questo. Ma il record di immersione lo detengono i capodogli; lo sai che riescono a stare in apnea per più di due ore a duemila metri di profondità?”
“Allora vuol dire che mi sto trasformando in un capodoglio!” scherzò Eros che poi subito riprese il racconto.
“Dunque, la vita lì sotto non è per niente facile o piacevole. Tutti contro tutti. Quella storia che si sente in giro ‘pesce grosso mangia pesce piccolo’ è vera. Sono sempre in cerca di cibo e se non stai attento ti divorano subito. Tutto sommato preferisco essere un umano e…”
“Le orche. Parlami delle orche.”
“Ah si, le orche. Sono in cinque, sono enormi e mangiano continuamente tutto il pesce che incontrano. Tonni, delfini, squali, foche ed anche le balene, se solo ce ne fossero da queste parti. Sono velocissime ed emettono fischi e click potentissimi, principalmente quando sono in caccia, cioè sempre. Riescono a stare senza riossigenarsi un po’ più a lungo dei delfini, da quanto ho visto anche 15 minuti, e sono molto legate tra loro. Ho captato alcuni pensieri di quei mostri e non mi sono piaciuti per nulla!”
“Hai scoperto come sono giunte sin qui? Perché sono nel Mediterraneo? Nel Tirreno?”
“Sono giunte dall’Atlantico settentrionale circa due mesi fa; hanno seguito la migrazione delle balene e dei capodogli; hanno molti nemici, da quel che ho capito, e sono più diffidenti dei delfini. Una cosa è certa: la strumentazione moderna gli dà un enorme fastidio. I radar e gli ultrasuoni in particolare gli sballano il sonar che hanno nel cervello e finiscono col perdere l’orientamento e muoiono spiaggiate, come i delfini e le balene.”
“E non sai per quanto tempo ancora stazioneranno da queste parti? Hai recepito qualcosa a riguardo?”
“I due cuccioli sono nati nel Mediterraneo, nel mar Ligure, e devono crescere ancora un po’ per affrontare il viaggio di ritorno. Forse rimarranno da queste parti ancora un anno o pressappoco…” rispose Eros indicando un punto lontano dove affioravano tre lunghe pinne nere.
“Eccole, sono emerse per respirare. La pinna dorsale del maschio è spaventosa, sarà lunga due metri!”
“Mi sembra si stiano avvicinando. Stiamo zitti, concentrati e cerca di captare qualcosa, dai…” disse Nicola elettrizzato.
Le orche si avvicinarono alla barca senza fretta, emettendo dallo spiracolo sbuffi ad alta pressione. Il maschio si avvicinò allo scafo e cominciò a girargli intorno con fare minaccioso.
“Presto, spegni l’ecoscandaglio. E’ furioso, gli da fastidio ed è arrabbiatissimo; sta studiando un modo di rovesciare la nostra barca. Che brutto carattere!”
Nicola spense subito lo strumento e l’orca si fermò a pochi metri da loro.
Poi si mise dritta in acqua, con la testa fuori e la coda in giù, e li osservò con la enorme bocca aperta, irta di denti acuminati lunghi almeno dieci centimetri.
“E’ un bestione, sarà lunga almeno nove metri. Orcinus Orca, il terrore dei mari. E chi l’avrebbe mai detto che me la sarei trovata davanti a pochi metri di distanza!” disse Nicola trattenendo il fiato per l’emozione.
“Si mettono in questa posizione quando sono a caccia di foche tra i ghiacci, l’ho letto su di una rivista scientifica l’anno scorso” aggiunse il ricercatore, per niente rassicurato da questo ricordo.
“Non è più arrabbiato, non sento più l’avversione e la voglia di uccidere. Vuole solo studiarci bene per ricordarsi di noi e dell’imbarcazione. Non siamo più una minaccia per lui e non ci attaccherà” disse Eros contento.
L’orca si inabissò all’improvviso e con un potente colpo di coda spruzzò una voluminosa colonna d’acqua addosso ai due amici con il preciso intento di bagnarli.
Bagnati fradici, ridendo come matti, Eros e Nicola salutarono con la mano il gruppo di cetacei che prese il largo dirigendosi verso le Eolie.
“Hanno il senso dell’humor, non c’è che dire. Sono animali intelligenti, molto intelligenti.”
“Ho visto un sacco di reti laggiù; molti spezzoni strappati, corpi morti con catenarie e residui di lenze da palamito di grosse dimensioni. Ma la plastica e l’immondizia sono ovunque, uno spettacolo che taglia il cuore!” disse Eros mettendo in moto e dirigendo la prua verso il porto.
“Andiamo a casa; voglio guardare il filmato che hai girato laggiù, Superfish” disse Nicola rigirandosi tra le mani la action cam.
“Ah, così adesso sarei Superfish? Allora sono davvero un supereroe!”
Il filmato era splendido. Dapprima la vertiginosa discesa verso il fondo, poi l’incontro con diversi banchi di pesce, i fondali ed infine i delfini durante la caccia e la risalita finale.
“Ma quelli sono coralli! Guarda quanti esemplari di Pinna Nobilis! E c’è pure un pesce luna, guarda, è laggiù!” Nicola era completamente affascinato dalle riprese e sembrava un bambino.
“Cosa state guardando di bello?” Evelyn era entrata all’improvviso e si era incuriosita cercando di sbirciare sullo schermo del potente computer che trasmetteva il video.
“Un filmato che ho portato da Napoli, volevo far vedere alcune cose a tuo fratello per rispondere ad alcune sue domande…vero Eros?”
“Si, è così. Il mare è così affascinante! Non smette mai di stupirci con i suoi misteri…”
“State cercando un tesoro, vero? L’ho capito dalla segretezza e dalla riservatezza con cui state conducendo l’indagine…” disse Evelyn sedendo in braccio a Nicola e facendogli una carezza. “Se trovi una collana spagnola me la regali?”
“Volentieri ma…non stiamo cercando un tesoro, purtroppo per te. E poi il tesoro è seduto sulle mie ginocchia, cos’altro dovrei cercare?” rispose Nicola accarezzando dolcemente la bella Evelyn che gli si strinse ancor di più, visibilmente compiaciuta.
“Vado al negozio. Fate i bravi voi due!” disse alzandosi con grazia e lanciando un bacio sulla punta delle dita al fratello ed a Nicola.
“Te la senti di fare un filmato domani sul relitto?”
“Certamente. Stai parlando del Vapuri? Quel relitto a circa mezzo chilometro dallo scoglio di Riaci? Ma non si vede quasi più…”
“Appunto per questo. Vorrei filmare il relitto prima che scompaia del tutto, per mantenere il ricordo di quel vaporetto affondato negli anni ’40 a causa di un bombardamento aereo ed adagiatosi a circa 28 metri di profondità. Magari troviamo qualcosa che possa far luce sul mistero…”
“Come vuoi, per me sarà un giochetto restare a 28 metri, figurati. Tu puoi rimanere in superficie con maschera e pinne e seguire l’immersione senza bombole ed accidenti vari!” disse Eros.
Il giorno seguente di primo mattino Eros e Nicola erano sul posto dopo aver cercato e localizzato il relitto con il potente ecoscandaglio in dotazione. Ancorarono l’imbarcazione con cura e si tuffarono nell’acqua cristallina; Nicola aveva preteso di restare connesso ad Eros tramite la lunga cima da 10 mm già adoperata nella precedente immersione. Eros, con la action cam ben assicurata alla fascia frontale, dopo un breve cenno di saluto si immerse e si inabissò velocemente raggiungendo in pochi istanti il relitto, semisommerso dalla sabbia e dalle alghe fluttuanti alla corrente, diventando minuscolo. Nicola dal canto suo non lo perdeva di vista un istante.
All’improvviso l’attenzione di Nicola fu attratta da una estesa nuvola scura in avvicinamento che si rivelò in breve essere un grosso banco di barracuda, con alcuni esemplari di notevoli dimensioni che lo guardarono con la faccia crudele e la tipica mandibola prognate, irta di denti acuminati.
I barracuda decisero di ignorarlo e si spostarono verso il fondo, in direzione di Eros il quale, apparentemente ignaro perché completamente assorbito dalla sua ricerca tra i pezzi del relitto, non aveva notato la manovra.
Nicola strattonò la cima più volte per avvisarlo ma la corda era allentata ed Eros non diede segno di aver recepito il segnale d’allarme.
Quando Nicola era orami quasi sull’orlo della disperazione, Eros era già sotto attacco e si voltò verso l’alto. Contemporaneamente apparvero dei siluri velocissimi che si lanciarono sui barracuda attaccandoli. I delfini, una trentina di esemplari, si avventarono sui barracuda con ferocia e li dispersero dopo aver combattuto con determinazione, dimostrando un’organizzazione ed una tattica degne di un grande generale.
Una decina di essi accerchiarono i barracuda mentre i rimanenti esemplari li aggredirono contemporaneamente sia dall’alto che dal basso.
In breve l’acqua circostante fu disseminata di scaglie e pezzi di pesce sanguinolenti che fluttuavano dappertutto, richiamando altri pesci come murene e gronghi che banchettarono volentieri, ripulendo in breve quel tratto di mare.
Eros ed i delfini si esibirono in una danza spettacolare nuotando insieme, salendo e scendendo, accarezzandosi e rigirandosi con morbide evoluzioni, seguendo lo schema di un balletto improvvisato. Poi si diressero verso Nicola e lo raggiunsero strusciandoglisi addosso, emettendo fischi e click prima di dileguarsi così come erano comparsi.
Nicola, stupefatto ed affascinato, seguì lo svolgersi degli eventi quasi dimenticando di respirare e fu costretto a strapparsi il tubo ed a riempirsi d’aria i polmoni, tossendo ed annaspando.
Quando riuscì nuovamente ad immergersi Eros era già accanto a lui e gli fece cenno di tornare all’imbarcazione.
“Che figata, vero?” disse Eros una volta che furono a bordo. Nicola lo guardò di traverso mentre si toglieva le pinne e gli disse:
“Sono quasi morto di paura e tu dici che è stata una figata! Ma sei un irresponsabile e…”
“Ma no, tu non capisci. Tanto per cominciare avevo sentito i barracuda avvicinarsi e capito subito le loro intenzioni. Ma avevo avvertito anche i delfini in avvicinamento e non mi sono preoccupato più di tanto. Infatti, come vedi, ho avuto ragione.”
“Non pensavo che i barracuda fossero così grossi e che ti avrebbero attaccato. Devo rivedere tutto quello che so, a quanto pare” rispose Nicola imbronciato.
“Sono riusciti a mordermi sul fianco, guarda qui che ferita!” disse Eros mostrando uno squarcio sul fianco sinistro che aveva preso a sanguinare copiosamente.
“Accidenti, che morso! Avrai bisogno di suturare la ferita e disinfettarla. Andiamo subito dal dottore.”
“Ho trovato questa…” disse Eros porgendo all’amico un oggetto tutto ricoperto di incrostazioni.
“Una spazzola! Un accessorio da toilette, probabilmente appartenuta ad una passeggera che è perita nel disastro. Poverina…”
“La guerra! Quanto dolore e quante morti inutili per seguire i capricci dei potenti e soddisfare le loro bramosie!” disse Eros guardando l’orizzonte con i suoi occhi fosforescenti che lanciarono bagliori sinistri al triste pensiero.
“Andiamo a ricucirti, Superfish. Metto in moto, guido io, sbrigati!” disse Nicola mentre riponeva con attenzione la action cam nella borsa da cui tirò fuori una bottiglia d’acqua; bevvero a canna entrambi per smorzare l’arsura e la sete.