Peppareu Bonforti

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Andrea Runco recensisce il libro di Michele Furchì dedicato a Peppareu Bonforti, noto personaggio del circondario di Tropea vissuto decenni addietro. 

Peppi Bonforti (foto pubblicata da Salvatore Libertino)

L’amico Michele Furchì, questa volta con l’opera “Bonforti” ha incentrato la sua narrazione sulla biografia di un mite personaggio realmente vissuto in quel di Tropea. Trattasi appunto di “Giuseppe Bonforti”, persona dalla vita travagliata per le tante sofferenze che spesso si sono abbattute su di lui e la sua famiglia, senza un motivo apparente.

Egli le ha sempre tollerate, anche quando le stesse erano causate da atteggiamenti padronali burberi e irrispettosi nei confronti del prossimo, ugualmente ha sempre avuto parole di saggezza per distogliere i malfattori dal continuare su quella strada. Ed ha saputo sempre rispondere non con l’odio o il risentimento, ma con il perdono e il buon senso di chi viveva la vita secondo le arcane leggi di Dio, fatte d’amore e di comprensione per chiunque.

Fin da bambino, Giuseppe, per le ristrettezze economiche della famiglia ha dovuto sopportare la fame e la pena, per la morte prematura della madre che lui stesso le aveva predetto. La facoltà di conoscere per tempo alcune cose che sarebbero successe nel prosieguo del tempo, ebbe proprio inizio a partire da questa sciagura.

Il fenomeno si ripetè in altre situazioni caratterizzando la sua quotidianità col peso di dover essere franco, quando gli capitava di avvertire qualcuno di ciò che gli poteva capitare di indesiderato. Dopo numerosi accadimenti da lui previsti e veramente realizzatisi, la gente lo additava come la persona che sapeva predire il futuro. Ma egli ha sempre sminuito questo suo dono che sicuramente il buon Dio gli aveva dato dicendo che lui operava per volere di questa entità che glielo comandava. E anche quando le cose dietro sua indicazione avevano lieto fine, egli non volle mai prendersi il merito, perché sapeva che ciò non dipendeva da lui.

Di questo e di tanto altro il nostro autore ha ben pensato di eruderci, raccontando la vita di Giuseppe che a partire dalla sua figliolanza vendeva il pesce procurato dal padre con la pesca di frodo a cui di tanto in tanto, ricorreva per la necessità di comprare del cibo alle sue creature.

Spingendosi col pescato anche nei paesi dell’entroterra del Poro, addirittura fino a Filandari che dista buoni venticinque chilometri da Tropea. Qui alla nobildonna dalla quale spesso si recava con il padre per portare il pesce in verità neanche glielo vendevano, ma lo barattavano con quello che la signora in questione gli dava di sua spontanea volontà e che mai deluse le loro aspettative. Anche a quest’ultima dalla quale ascoltò una storia d’amore successa nella società Filandarese che malauguratamente finì in tragedia, predisse dove avrebbero trovato il corpo dell’innamorato.

Comunque divenendo giovanotto Giuseppe inizialmente con un suo compaesano e poi con uno di Pizzo lavorò dapprima come dipendente, poi in qualità di socio, trovando ovunque apprezzamento per la serietà dimostrata nel lavoro e nella vita. Ed anche se in verità, molti se lo contendevano per la sua dote di prevedere il tempo che sappiamo essere una cosa importante per chi esercita il mestiere di pescatore e deve imbarcarsi per lavorare. Lui non si dette mai delle arie rimanendo una persona semplice ed amico con chiunque aveva bisogno.

Certo l’autore ha posto l’accento sulla dirittura morale di Giuseppe, perché era la cosa a cui egli teneva tantissimo e lo ha accompagnato per tutta la vita nella ricchezza e nella povertà,dando saggi consigli a chiunque a lui si è rivolto in maniera garbata. Ma essendo anch’egli vittima di un destino beffardo al quale mai aveva prestato il fianco per prendersi gioco di qualcuno, finisce i suoi giorni senza quell’amore sponsale che per ironia della sorte si sciolse per l’ennesima cattiveria di qualcuno che cercava una rivalsa per un amore non corrisposto.

Certo gli ultimi anni della sua esistenza li visse confortato dai parenti, ma sicuramente in quel suo volontario vagabondare cercava qualcosa che gli mancava per riempire i vuoti della sua vita.

Ebbene molte sono le riflessioni alle quali ci costringe un’opera così bella e piena di sani principi. Garbatamente intessuta da Michele che è una persona sensibile ed ha conosciuto direttamente il nostro Giuseppe, e ora a differenza dei molti che lo consideravano uno degli ultimi della società, Michele ne esalta i meriti e a pieno titolo lo ricorda alla pari di tutti quelli che di Tropea ne hanno fatto la storia.

Ed anche se apparentemente Giuseppe può essere paragonato al personaggio principale di una fiaba per il suo atteggiamento bonario e sornione, ho motivo di credere che il ricordo di quanti l’hanno conosciuto si perde nel regno della fantasia, non per il suo stravagante abbigliamento che agli occhi dei profani lo faceva apparire stralunato o fuori dal mondo, ma come uno spirito buono pronto sempre a consolare chi ha bisogno di un conforto e di una parola amica.

Grazie Michele che ancora una volta hai voluto regalare la tua bravura fatta arte, a chi in essa trova diletto e si alimenta.

Andrea Runco

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