Un brano, estratto dal primo capitolo, del libro “L’impronta sulla sabbia” di Michele Furchì (Mario Vallone Editore), giallo ambientato nel circondario di Capo Vaticano (vai alla scheda del libro).
Era da poco finita la seconda guerra mondiale, tutto era tranquillo nel piccolo paese di S. Nicolò confinante a nord con il comune di Ricadi ed esteso a sud fino alla costa che si affaccia sul bellissimo mare di S. Maria, un incantevole villaggio di pescatori sito in mezzo a due promontori, estesi per oltre cinquecento metri, circondati da un mare azzurro e limpido, dove le minuscole pietre levigate dalle onde brillano sotto il bel sole di primavera, il verde ed il turchino si fondono in un spettacolare groviglio multicolore, creando spazi d’incomparabile bellezza.
La piccola chiesa della SS. Vergine Maria divide il villaggio troneggiando in alto, le case lambite dalle carezzevoli onde si estendono fino al portone in legno massiccio, come volessero essere protetti dalla Madonna, contro la furia del mare in tempesta.
Il lunedì di Pasqua accorrono, da ogni paese, i devoti della Vergine per festeggiare insieme alle famiglie, la comparsa di Gesù ai discepoli in Galilea.
La festa quel giorno era particolare per la fine di una guerra, che aveva distrutto l’Italia dalla Sicilia al Piemonte.
I danni maggiori furono al nord dove i bombardamenti avevano distrutto ponti, strade e ferrovie. I militari, finita la guerra, erano sbandati, e intraprendevano il viaggio di ritorno verso le loro case a piedi o con mezzi di fortuna.
I genitori, le mogli e i figli stavano all’erta, aspettando qualche soldato che proseguiva verso la Sicilia, per chiedergli se avesse per caso visto un loro congiunto mostrandogli una fotografia. Spesso la risposta era negativa.
“Mi dispiace ma non l’ho visto”. Così rientravano nelle loro case con il cuore colmo di tristezza.
Quel giorno la processione della Madonna fu imponente.
I giovani, specialmente quelli tornati dalla guerra sani e salvi, si misero tutti insieme accanto alla statua della Madonna per portarla in processione sulle loro spalle.
Quando la folla vide uscire il prete avanti, con dietro la Vergine, un forte grido rimbombò nell’aria: “Viva Maria! Viva Maria!”.
Nella stradina che porta a Ricadi la scia di persone si perdeva a vista d’occhio, tanta era la moltitudine dei presenti. Molte mamme quel giorno, piansero i loro figli sapendoli già morti. Altri nutrivano ancora qualche filo di speranza, e si battevano il petto implorando l’intercessione della Vergine per fare tornare i loro cari sani e salvi da chi con il cuore straziato li stava aspettando.
La giornata si chiuse con una messa solenne celebrata da quattro sacerdoti accorsi dai vicini paesi. Poi tutti fecero ritorno alle loro case, camminando scalzi lungo sentieri colmi di pericolosi strapiombi.
Molti di loro dovevano compiere un lungo viaggio prima di arrivare alle proprie case, ma erano sicuri che quel giorno la Madonna li avrebbe “seguiti” senza mai perderli di vista dando coraggio e supporto a chi, come lei stessa, soffrì la perdita del figlio crocifisso. Il chiarore lunare li aiutava nel cammino, e rendeva visibile il viottolo dove camminavano facendo scorgere il pericolo quando lo si incontrava…
Michele Furchì