Nella prestigiosa sede dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti dell’Università di Messina, si è svolta la presentazione del volume “Giuseppe Berto a quarant’anni dalla morte”.
Si tratta della pubblicazione degli atti del convegno che si è svolto all’Università degli Studi di Messina il 30 maggio dello scorso anno.
Ha partecipato anche la figlia di Berto, Antonia.
Ad un anno dal convegno che si è svolto all’Università degli Studi di Messina nell’Aula Magna del Rettorato (30 maggio 2018) sono stati pubblicati gli atti, “Giuseppe Berto a quarant’anni dalla morte” dalla casa editrice “Mario Vallone Editore” che opera nel Vibonese (vai alla scheda del libro).
Nel pomeriggio del 18 giugno a Messina, nella prestigiosa sede dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti, c’è stata la presentazione del libro, in collaborazione con il “Centro Internazionale Scrittori della Calabria – CIS”, nel corso di una seduta interclasse (classe II Scienze medico-biologiche e Classe IV Lettere e Filosofia e BB.AA.)
Il volume curato da Antonio Pugliese (Università di Messina e componente scientifico del Cis, e Paola Radici Colace (Università di Messina e presidente onorario e Direttore Comitato scientifico del Cis), comprende la parte introduttiva di Antonio Pugliese e la presentazione di Giuseppe Rando (prof. ordinario di Letteratura Italiana, Università di Messina) dal titolo “Le ragioni di un convegno innovativo su un grande scrittore”.
Seguono i saggi di Saverio Vita (Università di Bologna) “Giuseppe Berto quarant’anni dopo”, di Antonio Di Rosa (Università di Messina) “Giuseppe Berto ed il suo male oscuro”; di Paola Radici Colace “Il male oscuro di Berto come modello. Medicina narrativa e bioscrittura”; di Antonio Pugliese “Ricordando Beppe Berto: dalla civiltà contadina all’antropologia di una passione”; di Nicola Rombolà (docente di Materie letterarie negli istituti superiori) “La Calabria di Berto: la ricchezza della povertà”; ed infine gli interventi di don Pasquale Russo, Solitudine e libertà di Giuseppe Berto e della figlia di Berto Antonia, con “Ricordo di Mio padre”.
Ad introdurre la presentazione i due curatori, Pugliese e Radici Colace, i quali hanno raccontato lo spirito sia del convegno che del libro, mettendo in luce come l’opera di Berto sia stata interpretata per la prima volta in una chiave dell’unità dei saperi, unendo la ricerca letteraria con quella scientifica, soprattutto per quanto riguarda l’opera più importante di Berto, Il male oscuro, indagato non solo sotto il profilo dei caratteri narrativi, ma anche per i risvolti legati alla psicoanalisi e alle innovative terapie nel campo psichiatrico.
Questi aspetti sono stati richiamati dal prof. Francesco Trimarchi (Direttore Classe II Scienze Medico-biologiche) che ha focalizzato l’attenzione sul nuovo campo di ricerca denominato “medicina narrativa” o scrittura terapeutica. L’opera di Berto, in particolare “Il male oscuro” (premio Viareggio e Campiello 1964) è significativa e permette questo tipo di approccio metodologico e clinico. Infatti la narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura di una patologia che è molto diffusa nell’attuale società, quella della depressione. Interessanti, a tal proposito, il giudizio dello scrittore Antonio Scurati, riportato da Giuseppe Rando nel libro:
“Il male oscuro, bibbia letteraria delle nevrosi da benessere, affresco al nero di una società oziosa, pacifica, imbelle, gaudente, diagnosi precoce del retrogusto amaro di una dolce vita impenitente, non è l’autobiografia psichiatrica di un individuo impolitico ma l’autobiografia psichica di una nazione che era stata fascista, quindi non un caso clinico ma un caso storico”.
Nel corso dell’evento sono stati recitati alcuni brani tratti da “Il male oscuro” e da “Anonimo veneziano” da parte di Pippo Polizzi e Anna Maria Pugliese, con sottofondo del musicista Antony Greco. Inoltre sono state proiettate scene cinematografiche tratte da “Il male oscuro” di Mario Monicelli e da “Anonimo veneziano” di Enrico Maria Salerno. Folta la presenza di un pubblico qualificato e di molti giovani. Sono intervenuti, oltre al prof. Trimarchi, anche la presidente del CIS Rosita Rolerey Borruto, mons. Antonio Morabito, don Pasquale Russo, Antonia Berto, il prof. Saverio Di Bella e Nicola Rombolà, che hanno trattato i diversi profili dell’opera e della personalità di Berto.
In particolare la figlia Antonia ha espresso la sua emozione, rivedendo le scene del film, con la scoperta di aspetti sempre nuovi che riguardano l’opera del padre, ma anche è un rivivere i ricordi e il suo personale rapporto, e questo le dà la possibilità di guardare con una distanza diversa al padre-scrittore.
Come ha sottolineato il prof. Antonio Pugliese nella sua “Introduzione” Berto è una personalità poliedrica, definito da Ernest Hemingway e da Cesare De Michelis, come uno dei principali scrittori del Novecento. Lo scrittore veneto, nel corso della sua vita, dagli anni Cinquanta fino alla sua morte (1978), ha stretto un profondo legame con la Calabria e in particolare con Capo Vaticano, dove riposano le sue spoglie.
Questo suggestivo luogo che si affaccia nel “mare da dove nascono i miti”, è stato fonte di ispirazione ma anche di sofferta passione ed espiazione, per il tradimento di quella “ricchezza della povertà” – e ciò che avrebbe potuto significare per il futuro di questa terra – vale a dire la civiltà contadina. Sono molteplici le corrispondenze per denunciare l’aggressione alla sua anima e al suo paesaggio. A Capo Vaticano Berto scopre il suo genius loci e una profonda risonanza fisica e spirituale per leggere in profondità la sua inquieta esistenza. Ma per comprendere fino in fondo le ragioni di un convegno a quarant’anni dalla morte e quindi la pubblicazione degli atti, si riporta un passaggio che sottolineano i curatori nella quarta di copertina: “Le opere di Berto, caratterizzate da una dimensione profetica di natura sociale ed etica e la sua sofferente esistenza meritano di essere additate, oltre che per l’alto valore letterario che le contraddistingue, anche come modello di libertà intellettuale…”
L’aspetto precipuo che ha motivato il Convegno e la pubblicazione degli atti, come sottolineato, è offerto dalla particolare personalità di Berto, sia per la scelta esistenziale di vivere in una terra estrema e periferica come la Calabria, e sia soprattutto per la peculiarità della produzione che si apre ad una ricerca e uno studio in cui è stato possibile creare un legame tra scrittura artistico-letteraria e linguaggio scientifico, come testimoniano le relazioni di Antonio Di Rosa (prof. ordinario di Psichiatria) e di Antonio Pugliese (prof. ordinario di Clinica Medica Veterinaria), che affrontano aspetti in cui la parte umanistica va a confluire in quella scientifica.
Nicola Rombolà