Dopo il vertice che si è tenuto in Prefettura a Vibo Valentia sul problema del randagismo e le notizie apparse sui giornali desidero proporre delle riflessioni sull’argomento.
Degli esiti dell’incontro so quello che è emerso dai giornali, dato che le associazioni animaliste, da anni in prima linea per fronteggiare il fenomeno, non sono state invitate ed è un vero peccato, perché avrebbero potuto dare un notevole contributo al dibattito e avanzare delle proposte.
Ad ogni modo, pare finalmente affermarsi la volontà di agire con decisione per arginare il fenomeno, che in tutto il Sud assume proporzioni drammatiche. Probabilmente ciò è dovuto agli ultimi casi di aggressione da parte di cani randagi nel capoluogo di provincia, quindi alla necessità di intervenire con urgenza sugli animali più aggressivi, per tutelare l’incolumità delle persone e degli animali stessi, potenzialmente esposti a ogni tipo di rischio. Ma togliere i cani dalle strade non è cosa facile, data la carenza di posti nelle poche strutture esistenti e il gran numero di randagi presenti sul nostro territorio.
Dobbiamo dire però che se il randagismo non subisce flessioni è perché non vi è mai stata una corretta applicazione della normativa vigente. In base ai dati forniti dall’ASP e riportati dai giornali, nella nostra provincia molti comuni (38 su 50) non sono in regola (non hanno canili o convenzioni con canili privati) o sono morosi (non pagano il mantenimento dei propri randagi rinchiusi nelle poche strutture esistenti); non sono promosse campagne per la sterilizzazione e l’adozione; non si effettuano controlli sulla presenza o meno di microchip nei cani di proprietà; non si agisce “col pugno di ferro” contro chi abbandona.
Dai giornali emerge invece che una delle problematiche da affrontare sarebbe anche la presenza di cittadini che continuano a dare da mangiare ai randagi! Sarebbe un’affermazione gravissima, che potrebbe portare i sindaci a emanare ordinanze illegali in tal senso. Ricordiamo pertanto che non può essere vietato dare da mangiare ai randagi in base alla sentenza n. 525/12 del TAR Puglia, sez. Lecce. Nella citata sentenza tra l’altro si ricorda che “Nel 1997 il Consiglio di Stato in sede consultiva, su un ricorso straordinario al Capo dello Stato analogo alla controversia in questione, ha precisato che nessuna norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi in cui essi trovano rifugio. Inoltre, il divieto di deporre alimenti per la nutrizione dei randagi o che comunque vivano in libertà contrasta con l’articolo 2 della legge 281/91”.
Rimane ferma la necessità di creare al più presto un canile sanitario provinciale, per il quale la Regione ha già stanziato 90.000 euro, che però sono insufficienti senza l’apporto di ulteriori fondi da parte di tutti i comuni. Per questo il prossimo 19 novembre si terrà una conferenza dei sindaci in Prefettura. Una struttura del genere può significare la svolta per contenere se non eliminare il fenomeno del randagismo, perché garantirebbe un servizio costante di sterilizzazione e cura dei cani vaganti, che poi però dovranno essere ospitati in strutture diverse a spese degli stessi comuni. Le associazioni animaliste potrebbero allora collaborare attivamente alla ricerca di adozioni degli animali, cosa che per altro già fanno da anni con le proprie forze e a proprie spese.
In sintesi, la strada che noi proponiamo è quella del potenziamento delle sterilizzazioni, dell’anagrafe canina e della relativa applicazione del microchip identificativo; dell’istituzione dell’anagrafe felina; dell’incentivazione delle adozioni.
Infine, invito tutti a firmare la nostra petizione per una nuova ed efficace legge di prevenzione e contrasto del randagismo, per integrare e potenziare la 281/91, andando su www.lav.it/petizioni (è possibile anche firmare la versione cartacea ai nostri tavoli; chi fosse interessato può contattarci all’indirizzo e-mail di LAV Vibo Valentia).
Roberto Mazzitelli
Punto di Riferimento LAV Vibo Valentia