Antiche credenze calabresi

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La «cacata» del polipo. Sulla spiaggia si rinvengono particolari pietruzze che quelli del luogo chiamano «cacate du pruppu» perché le ritengono escrementi di polipo e le considerano rimedi efficacissimi nella cura delle oftalmie; perciò le raccolgono e le fanno incastonare in anelli: al primo accenno di fastidio agli occhi, sicuri e tranquilli se le strofinano sulle palpebre.

L’anima in punta di piedi. Si crede che quando un uomo muore la sua anima si stacca dal corpo e “in punta di piedi” deve attraversare il cosiddetto Pozzo di San Giacomo, passando in equilibrio su un filo sottilissimo. Se l’anima è gravata da colpe sprofonderà nell’abisso dell’inferno, altrimenti (reggendo il filo la mancanza del peso procurato dai peccati) godrà della felicità eterna raggiungendo il paradiso.

Le brocche per dissetare l’anima. Si crede che, nell’ora della morte, quando l’anima si stacca dal corpo, la casa in cui si svolge l’agonia è sconvolta da un “tremito” che può essere attenuato seguendo dei particolari rituali, per cui si ha cura di porre delle brocche di creta dette “bumboli” o “gozze” affinché l’anima si possa dissetare.

Il rito della “magara”. Quando un uomo muore di morte violenta, bisogna scongiurare gli spiriti maligni per attenuare il loro potere e la loro presenza. Una strega, ovvero una “magara” deve recarsi, a mezzanotte, nelle strade deserte con un recipiente in cui ardono carboni e incenso benedetto e recitare delle formule magiche che possano dare pace all’anima dell’ucciso; questo rituale deve essere ripetuto per tre notti consecutive.

(pubblicato da Luciana Loprete su http://www.facebook.com/CalabriaMystery)

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