“Il 24 Maggio 1915 l’Italia entrò in guerra,… il 24 Maggio il Piave mormorò,… e sempre il 24 Maggio del 1978, nacqui io. Un destino forse segnato,…”
E’ così che Domenico Russo, Zambronese di nascita, un mio amico dai tempi di scuola, inizia a raccontarmi la sua storia. Ed è così che sento salire in me una forte emozione. Un’emozione che mi fa leggere tutta d’un fiato la sua grande storia fatta di sofferenza, di coraggio e amore. Amore per qualcosa in cui molti non credono più e tanti altri nemmeno conoscono, offesa e sfruttata da chi dice di rappresentarla e di esserne al suo servizio. E’ l’amore per la Patria Italia e il senso di appartenenza alla sua bandiera: il tricolore.
Domenico Russo è “figlio d’arma” come si vuole definire lui, cresciuto sotto una rigida e buona educazione, tra caserme e divise. Il padre infatti, era un Carabiniere. I primi sintomi di amore e attaccamento alla divisa iniziò ad averli nella prima adolescenza. Quell’amore per l’Arma dei Carabinieri, cresceva in lui anno per anno e iniziò a pensare di arruolarsi mentre, di nascosto dal padre, indossava la sua divisa e si guardava allo specchio, sognando che da grande quella sarebbe stata la sua missione: essere una bravo e valido Carabiniere.
Nel 1992, iniziò le scuole superiori, ma il suo pensiero di arruolarsi, prevaleva sullo studio. Infatti, perdeva più tempo a leggere informazioni su corsi di specializzazione e a conoscere le varie forze dell’ordine presenti in Italia, che a studiare sui libri di scuola. Disegnava Carabinieri ovunque! Nel 1997, pochi mesi prima dell’esame di Stato, uscì il bando di concorso per l’arruolamento volontario nell’esercito, cosicché, senza dire niente ai suoi genitori, presentò la domanda. Dopo un mese arrivò la lettera raccomandata per presentarsi a Catanzaro alla visita militare e lì successe il finimondo. I genitori di Domenico infatti, volevano che il loro figlio finisse prima gli esami di Stato e poi prendesse le sue scelte. Per evitare che perdesse il Diploma, il padre di Domenico andò direttamente al distretto militare, chiedendo che la domanda potesse essere annullata, e così fu.
Dopo gli esami di Stato, la domanda fu ripresentata da Domenico. Il 10 dicembre del 1997 era già arruolato nel 225° RGT “AREZZO”. Firmò per rimanere altri 3 anni. Dopo le visite e il nuovo arruolamento, partì per Verona per frequentare il corso Caporali VFB (Volontario Ferma Breve) e successivamente il corso di specializzazione di Fuciliere presso la Scuola di Fanteria di Cesano, per due mesi. Domenico era molto soddisfatto di questo incarico perché era di tipo operativo e perché gli avrebbe permesso di partecipare a molte attività di addestramento anche all’estero. Sia nel corso Caporali che in quello Fucilieri, Domenico si distinse classificandosi ai primi posti. Dopo due mesi di corso, venne assegnato all’8° RGT Bersaglieri di Caserta, 9^ compagnia Fucilieri “DIAVOLI”.
Dopo qualche mese partì in addestramento per il poligono militare di Capo Teulada. Questo addestramento gli sarebbe servito per raggiungere il 2° Livello di operatività e per la prossima partenza in missione in Kosovo. Il sogno di Domenico di partire in missione si stava realizzando. Ma il destino gli aveva riservato un futuro più duro, fatto di sofferenza e lotta. Purtroppo proprio nell’ultimo giorno di addestramento, in cui si eseguivano assalti a fuoco (utilizzando proiettili e bombe a mano con carica attiva), lo scoppio accidentale della sua bomba a mano, distrusse tutti i sogni che aveva fatto fino ad allora per la sua vita militare.
Domenico riportò ferite da schegge di bomba su quasi tutto il corpo nonché all’occhio sinistro, provocandone la perdita. Fu ricoverato d’urgenza all’ospedale di Cagliari dove venne sottoposto a vari interventi chirurgici e, dopo quasi un mese di degenza, ritornò a casa in convalescenza.
Dopo questo incidente, la carriera militare di Domenico fu troncata. L’anno dopo arrivò il congedo assoluto a causa di servizio e il suo ritorno a casa non fu dei migliori. Domenico si chiuse in sé. Sentiva la sua vita distrutta. Aveva perso ciò che da sempre sognava. Mi ha detto Domenico durante l’intervista: <<Avevo perso non il mio “lavoro” ma ciò che ho sempre considerato una vocazione, il sogno realizzato che era svanito per sempre e a soli 20 anni! Vissi un brutto periodo. Non volevo più uscire né vedere nessuno. Spesso rimanevo chiuso nella mia stanza per giorni interi, al buio. La cosa più brutta era che alcune persone, invece di chiedermi se stavo bene mi dicevano che adesso avrei preso la pensione! Io mi sono arruolato per diventare un soldato e per proteggere e servire la mia Patria! Ma questo la gente non poteva capirlo>>.
Col tempo Domenico iniziò a reagire, a darsi degli obiettivi. Non poteva mollare i suoi sogni così. Lo sport lo aiutò a tenersi in forma. Grazie all’uso di internet, cominciò a ricercare informazioni che lo potessero aiutare a rientrare in servizio. Questa era la sua sfida. Entrò quindi nello status del Ruolo D’Onore, in cui venivano iscritti i militari che per ferite o lesioni gravi venivano congedati per causa di servizio. Inviò una lettera al Ministero della Difesa e al Presidente della Repubblica, ricevendo da entrambi risposta. Il Ministero in particolare, gli fece sapere che era possibile per lui rientrare in servizio nel momento in cui avesse maturato il grado di 1° Caporal Maggiore. Un obiettivo lungo da raggiungere ma ne valeva la pena. Nel 2006 Domenico fu riconosciuto dal Ministero della Difesa “Ferito in Servizio” e fregiato del distintivo d’onore. Nel 2007 si iscrisse nell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia e poi ottenne l’abilitazione militare di paracadutismo che gli consentì nel Luglio del 2012 di lanciarsi e provare l’ebbrezza del lancio con paracadute. Racconta Domenico: “Fu un’esperienza unica, emozionante, indescrivibile!”. L’esperienza dell’associazione paracadutisti ha fortificato l’animo di Domenico. Il condividere le stesse passioni, gli stessi ideali e provare le stesse emozioni lo han legato agli altri suoi “fratelli”, come lui vuole chiamarli. E’ stato anche a L’Aquila per ben tre volte come volontario, per prestare aiuto e soccorso alle popolazioni colpite dal grande sisma del 2009. Nel 2010 ha conosciuto una ragazza, ex militare che aveva avuto anche lei un incidente in servizio. Fu lei a informare Domenico su una legge, che permetteva a chi era stato ferito in addestramento, di poter ritornare in servizio. La voglia di indossare quella divisa e di far parte di nuovo dell’esercito italiano era tale, che andò personalmente a Roma presso lo Stato Maggiore dell’esercito e parlò con un superiore. Dopo alcuni mesi da quell’incontro, Domenico fu contattato telefonicamente. La voce dall’altro capo del telefono gli disse: “Signor Russo, noi non ci siamo dimenticati di lei!” e gli inviarono via mail i moduli da riempire per poter ritornare in servizio. Domenico stava di nuovo per toccare con mano il suo sogno. Quante volte nell’intervista, Domenico mi ha raccontato della sua voglia di poter ancora alzarsi presto la mattina, onorare la bandiera, cantare l’inno di Mameli e servire la sua Patria. Tante, tantissime volte mi ha detto: “La mia Patria”, come fosse qualcosa da proteggere, custodire, onorare. Così come, in effetti dovrebbe essere da parte di chi sente di essere italiano anche senza una divisa e da chi prova appartenenza al tricolore italiano.
Il 2 Gennaio 2013, Domenico va a Catanzaro a firmare la notifica per rientrare in servizio e subito dopo a Lamezia al 2° Reggimento “SIRIO” dell’aviazione dell’esercito. Dopo ben 13 anni Domenico può indossare la divisa che quella bomba gli aveva tolto, riavere il pass per entrare in caserma e l’alloggio dove avrebbe finalmente vissuto la sua nuova vita militare. Conclude Domenico l’intervista dicendo: “Mi sembrava tutto strano, ritornare in caserma e vivere di nuovo la mia vita… ciò mi ripaga di tutto quello che ho sofferto ed è la conferma che non bisogna mai smettere di credere, sognare e combattere per le proprie idee! Molti mi chiedono perché dopo così tanto tempo sono ancora li. Io rispondo: semplicemente per passione e amore per la Patria; per ricordare che siamo soldati e onorare chi ha combattuto per la Patria sacrificando la sua vita!”.
Ma Domenico è un combattente nato. Non gli basta aver ripreso il servizio militare. Ora si augura di poter presto partire in missione all’estero.
Concentrare dei pensieri e delle riflessioni su questa storia, dopo tutto quello che io ho sentito e voi avete letto, è per me difficile. E’ una storia bellissima, di quelle che se ne raccontano poche, soprattutto di questi tempi, dove siamo tutti persi nel raggiungimento di obiettivi meno sacri e più materiali.
Questa storia mantiene viva in noi la speranza nel pensare che, se c’è ancora un giovane ragazzo così caparbio nella difesa del suo Paese, forse non tutto è perso. Gli italiani finora sono andati alla ricerca di persone da rappresentarli e forse hanno sbagliato. Erano gli ideali che andavano ricercati. Quegl’ideali persi e abbandonati che andrebbero riadattati ai nostri tempi e alla modernità della sua crisi.
Spero che questa storia varchi i confini regionali e serva a tutti quei ragazzi che nella vita hanno sofferto tanto come Domenico, che hanno creduto di non potersi più rialzare e riprendersi la vita che volevano, che sognavano, perché chi crede nelle sue idee, ha la forza di riprendersi i suoi sogni.
Spero serva a chi si da vinto nelle piccole e grandi sconfitte, perché gli faccia capire che la vittoria siamo noi a costruirla, nel tempo, con piccoli passi e sacrifici.
Spero serva a chi, in questi giorni, si affanna a fare il miglior discorso politico, a fare le promesse più strampalate, per prendere posto al governo, affinché possa leggere nelle sofferenze vissute da questo ragazzo, il vero amore e rispetto per l’Italia! Un rispetto-dovere che deve essere reciproco!
Patria, dovere, amore, vita: l’uomo che riesce a sentire sue queste parole ed il loro profondo significato, sarà sempre un uomo ricco e ammirato. L’amore per la Patria ha sempre generato uomini valorosi e il giovane Domenico è uno di questi.
Mariella Epi