Provincia tra passato e futuro. Il peggio deve ancora venire?

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Corrado L’Andolina

Il sogno di ogni italiota: fare sei al superenalotto! Ma ogni lotteria che si rispetti prevede premi di consolazione. C’è stata una fase della storia locale recente, in cui la confusione ha regnato sovrana. E così, in molti hanno visto la Provincia come fonte dei primi premi di consolazione da aggiudicarsi. In parte, non hanno avuto tutti i torti. Responsabilità dirigenziali, posticini sicuri, consulenze ritenute indispensabili, onore e gloria agli intemerati amministratori, sono stati i baci allegramente e lussuriosamente distribuiti dalla dea bendata. Ma c’è sempre il rovescio della medaglia. Come recita il detto popolare? “La fortuna è cieca e succede che a volte dà e poi toglie!”. E nel caso in esame dopo avere dato, al momento del saldo ha chiesto interessi (e ciò era lecito attenderselo) ma anche la rivalutazione monetaria! La metafora non è tanto distante dalle cose tangibili. Il primo obiettivo dichiarato dal neo nominato commissario, infatti, è di evitare il dissesto finanziario. Ma uno sguardo curioso lancia l’occhio oltre le cose contingenti. E allora a discutere con consiglieri e assessori avvicendatisi a ritmo serrato in questi anni, si viene a conoscenza di dati, opere, iniziative che nemmeno la più ricca e gloriosa Contea di Monterey sarebbe stata capace di fare. E il dubbio affiora in tutta la sua problematicità: ma è la fantasia che supera la realtà, o viceversa? Una cosa, però, è certa. In passato, la Provincia ha occupato uno spazio mediatico ben oltre le più rosee aspettative. L’esorbitante numero di dipendenti, forse il più alto o comunque tra i più alti del Paese rispetto alla non numerosissima popolazione, assunti attraverso stratificazioni burocratiche e legaliste ha fatto assurgere l’ente alle cronache nazionali. Tutto in regola. Ma ci sono delle norme che esulano da quelle emanate dal legislatore e fanno riferimento alla morale, al senso di responsabilità, alla prospettiva futura di una comunità. Principi, evidentemente, relegati nella plumbea (se vista con gli occhi dell’al di qua) realtà dell’Inconoscibile. Una certezza c’é. La Provincia, non ha mai fatto discutere le riviste di architettura nazionale per le sue opere, né ha mai dato motivo di dibattito a personalità culturali di profilo internazionale. In compenso, le recenti cronache giudiziarie hanno ripiombato l’ente su una dimensione ultra localistica per episodi non proprio edificanti. A margine della sua chiusura un comitato che si spende per la sua difesa con generosità e disinteresse: e, forse, questa è una delle poche note positive del suo probabile (ma non ancora definitivo) epilogo. E la gente? Tace. Sarà l’indole pigra dei vibonesi? Sarà la sfiducia generalizzata verso tutto ciò che ruota direttamente o indirettamente intorno alla politica? Sarà perché non c’è realtà abitata che non lamenti disservizi e ritardi, come ad esempio nella manutenzione delle strade? Il piatto della bilancia non risulta in attivo. E non ci si riferisce solo a quello economico. Questa realtà locale ha maturato coscienze? Ha avviato processi di dinamismo culturale? Ha posto argini a una dilagante amoralità? Per operosità e lungimiranza ha meritato di essere Provincia? Domande fin troppo retoriche. La sua chiusura equivarrebbe, però, all’estrema unzione verso una comunità che da molto tempo ha quale orizzonte la sua sopravvivenza. E allora ci si pone altri interrogativi: cosa accadrà senza? Il peggio è alle spalle o deve ancora venire?

Corrado L’Andolina

Pubblicato su Calabria Ora il 25 novembre 2012, p. 29

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