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“Putighi alimentari” – Brattirò

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C’erano a Brattirò tre negozi di generi alimentari.

Uno era in via Vittorio Emanuele n° 100. Era gestito da Rombolà Ferdinando (1900-1995), Granatiere.

Un altro era in via Vittorio Emanuele n° 165, gestito da Rombolà Antonio (1891-1970) e poi dal figlio Pasquale (1931), Ntoceu.

Il terzo era in piazza Duomo, dove adesso c’è il bar La Tavernetta, gestito da Pugliese Raffaele (1919-2001), Rafaeli u Rillu. Questo negozio era degli anni ’60, gli altri due degli anni ‘20.

Erano chiamate putighi, ovvero botteghe, negozi. In essi si vendeva di tutto, ma, principalmente, generi alimentari. Qualsiasi tipo di pasta arrivava in sacchi di iuta ed era venduta al minuto e non in confezione. I salumi principali erano la mortadella e la salamina. I bottegai (putighari) li tagliavano in fette sottilissime con un lungo e affilato coltello. Il pane veniva portato da Tropea (pani i Trupia) con una moto ape e in un sacco. Si vendeva anche il petrolio perché, all’epoca, era molto usato per il lume e, specialmente, per alimentare un piccolo fornello (spiritera), dove si riscaldavano bevande (latte…), si bollivano le siringhe… Ognuno portava una bottiglia e il bottegaio la riempiva del prezioso liquido.

Nel negozio di Rombolà Ferdinando (Granatiere) era stata installata una cabina telefonica che fungeva come posto telefonico pubblico. Si poteva telefonare a gettoni o pagando gli scatti che un contatore evidenziava. Uno poteva telefonare chiedendo di parlare con una determinata persona che se non era reperibile, il gestore si impegnava a contattare per un orario stabilito. Se non si riusciva in questo, il gestore doveva annotare in un registro che gli veniva fornito dalla società dei telefoni e scrivere: ”assente richiesto”. Questo “servizio” gli veniva retribuito.

Tanti non pagavano all’atto di fare la spesa e il bottegaio annotava l’importo e la data in un registro.

A tempo debito ognuno saldava…forse…

Pasquale Vallone

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