CAVA I GIORGI
Si tratta di un sito, forse molto antico, nei pressi della strada che porta a Spilinga. Qui vi era una cava, scaru, di pietra e di sabbia. Durante la costruzione della chiesa madre di Brattirò c’era lì una fornace, carcara, per la calce. Sempre in quest’area, c’era un tunnel dove, sin dagli anni ’20 dello scorso secolo, i bambini giocavano ed anche nei decenni successivi. Uno di questi bambini era il mugnaio Rombolà Francesco (1921-1972), mio zio, il quale raccontava che addentrandosi in quel tunnel aveva visto nu Saracinu, ed è per questo che mio zio è ricordato con il soprannome di “Saracino”.
Ci sono siti nel territorio di Brattirò dove, pare, ci siano stati rifugi per nascondersi, e tra questi, appunto Giorgi, ma è una supposizione tutta da analizzare e verificare, soprattutto per capire l’epoca a cui si riferisce.
Saraceno, lo ricordiamo, era il nome con cui si designavano gli arabi e i musulmani. La loro prima incursione storicamente documentata è quella di Reggio dell’812. Per circa un millennio le invasioni degli arabi furono una costante nella nostra regione. Le scorrerie dei saraceni continuarono fino al 1793 quando furono invasi Tropea e i paesi limitrofi. Prese corpo, allora, il sistema difensivo rappresentato dalle torri costiere di cui ancora oggi restano tracce. Ne citiamo una fra tutte: Torre Marrana nel territorio di Ricadi.
Negli anni del dopoguerra nei pressi di questa zona di Giorgi, riconducibile nell’immaginario collettivo ai Saraceni, vennero comunque alla luce alcune tombe. Le studiò il professore Achille Solano di Nicotera. Molto probabilmente si trattava di siti che nulla avevano a che fare coi Sareceni ma, più verosimilmente, col convento di santo Isidoro, “Santu Sidaru” che sorgeva in questi luoghi. Rimane, tuttavia, un’area importante per la nostra storia ma da studiare più approfonditamente prima di addentrarsi in conclusioni attendibili.
Pasquale Vallone