È una località distante circa un chilometro e mezzo da Brattirò, e circa un chilometro da Ciaramiti.
Il territorio si trova una parte nel comune di Drapia e una parte nel comune di Ricadi.
È una località a me molto cara perché vi abitò mia mamma Furchì Saveria, Saveria i Manna, da nubile. Era sorella gemella di mio zio Furchì Antonio, ‘Ntoni i Manna. Loro sposarono: mia mamma Cosmo Vallone, e mio zio Rosaria Vallone, che erano fratello e sorella, quindi la loro unione fu una dubbrera e il loro fu un matrimonio dubbro. Quindi un doppio affetto mi lega a questa località, dove ci andavo sempre sin da bambino con mia mamma a far visita alla nonna materna Rosa, il cui sposo Giuseppe Furchì era morto sul Carso nella guerra 1915-18.
Mia mamma ricordava un evento tragico: durante un temporale quando lei aveva diciassette anni (1930), si “riparò” dall’acqua sul pianerottolo (passettu). Un lampo la sfiorò e provocò una crepa fumante a meno di un metro da lei che rimase illesa ma scioccata. Lo shock se lo portò per tutta la vita; infatti fu sempre “terrorizzata” dai lampi e dai tuoni e si turava le orecchie e chiudeva gli occhi per non sentirli e non vederli…
C’era, a Manna, una aia molto grande e molto bella e accogliente. La trebbiatura del grano durava quasi un giorno intero e per me bambino era una gioia condivisa con i cugini. Ci allietava soprattutto la cena di sera e u mangiari da trebbia aveva un fascino particolare. Si mangiava la pasta, poi pipirei e patati fritti, ova fritti, orba e suppressati. E ricordo che i pipirei fritti da trebbia avevano un gusto unico e… migliore…
Altra grande gioia era quando nell’aia si pistava u paniculu. Prima dell’avvento della sgranatrice negli anni Cinquanta, le pannocchie del mais venivano battute (pistati) col correggiato (curramu) formato da due bastoni uguali uniti da una correggia. Residuavano le cariossidi, ovvero i chicchi e il tutolo (marozzulu). I tutoli venivano ammassati e noi bambini, dopo la solita mangiata da trebbia, vi giocavamo sopra in quelle indimenticabili e fresche serate agostane…
Alla festa di san Paolo, patrono della parrocchia di Ciaramiti, ero ospite dei miei zii, sin dalla fanciullezza e fino agli anni della laurea. Ho imparato ad apprezzare il ragù di pollo con cui la zia Rosaria condiva i taggiarini che lei stessa preparava e le sue ottime vrashioli i patati… e nella vigna c’erano tanti meli che producevano ottimi e prelibati puma, il tutto accompagnato a ottimi ciciri verdi, cioè non ancora induriti, ottimi da mangiare impregnati nella propria salimora un po’ acre e un po’ salata…
Pasquale Vallone
Foto scattate qualche settimana prima che mio padre morisse.
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