Recensione del libro “L’uomo e il suo viaggio: pensieri e riflessioni per il nostro tempo” di Eligio Motolese (Mario Vallone Editore): Fin dal titolo il lettore può farsi l’idea di quanto impegnativo sia l’argomento del libro ed anche della prospettiva scelta dall’ autore per affrontarlo in modo agevole.
Il tema, più volte dibattuto è ” l’avventura umana ” nei suoi diversi aspetti ed Eligio svolge questo tema attraverso la metafora del viaggio, del cammino.Alleggerisce e scansiona perciò in tappe e scenari diversi, le riflessioni che, nate da esperienze di vita personale e arricchite nel corso degli anni da una fede matura, intende passare ai giovani con l’affettuosa complicità che solo i nonni manifestano.
Il cardinale C. M. Martini scriveva che nel viaggio bisogna sostare: “Abbiamo bisogno di bivacchi nel cammino della vita”.
È importante, nelle pause, rielaborare il percorso già fatto per organizzare al meglio quello che resta da fare e per fornire utili indicazioni ai viandanti che affronteranno lo stesso cammino.
Per il nostro autore la sosta del “bivacco” si è imposta durante il periodo di fermo, improvviso e tassativo, per contrastare con l’isolamento il contagio di un piccolo ma terribile virus: il COVID 19.
Durante quei mesi, ognuno ha potuto, o avrebbe potuto, riconsiderare la realtà e la sua fragilità e, di conseguenza, ridistribuire su altra scala, priorità e valori.
Anche ad Eligio Motolese è apparso conveniente fare in maniera strutturata, un punto della situazione sulla parte di esistenza passata e sugli avvenimenti che lo hanno reso l’ uomo di oggi.
Nel silenzio di una comunità che si apparta è più facile riflettere. Trovare il senso delle cose che ritieni così importanti da volerle condividere con chi ami, con il tuo prossimo.
Fatti trascurati nella fretta della quotidianità, scandita da urgenze o pseudo urgenze, diventano importanti.
Una telefonata ad un amico lontano, una visita alla zia sola ed anziana, diventano richiami a sentimenti che non puoi più accantonare.
Ti accorgi che ti mancano il saluto dato al giornalaio in modo distratto o la battuta della vicina impicciona e realizzi che quei gesti potrebbero essere premesse di condivisione e forse di amicizia.
L’autore, da queste osservazioni parte per esaltare l’umanità in tutta la sua ricchezza e, con semplicità, sottolinea la bellezza delle piccole cose ai ragazzi. Quegli stessi ragazzi indotti, dalla cultura dominante a ricercare la felicità solo nel consumo di ciò che viene “imposto” col bombardamento di messaggi pubblicitari spesso subliminali.
In questo dialogo a distanza, Eligio, per il carattere aperto, per la sua sensibilità e per la formazione acquisita riesce a catturare l’attenzione verso temi attuali e interrogativi esistenziali. Introduce i giovani a prospettive nuove che possano renderli disponibili all’ascolto e all’accettazione della diversità, passando così il concetto propedeutico ad ogni relazione che è il rispetto.
Lo stile piano della narrazione, inframezzata da foto di famiglia, da citazioni autorevoli, da poesie che evocano tenerezza e nostalgia e da pertinenti richiami al Vangelo, concede al lettore i tempi giusti per rapportare quei contenuti al proprio vissuto.
Mi urge a questo punto fare un plauso ad Eligio per il suo dichiararsi credente, di vivere, ora e qui, sulle orme di Cristo: non si professa a parole, ma “rende ragione della propria fede” testimoniando nelle sue scelte di vita l’amore per Dio e per il prossimo.
Una testimonianza coraggiosa perché sfida l’opinione diffusa che la cultura religiosa è roba antica, al massimo per vecchiette, opponendo l’attualità degli insegnamenti evangelici che ogni giorno incontriamo nella vita e che non scadono di validità.
Con naturalezza ecco che l’autore ci conduce nella casa di Nazareth per parlarci dell’importanza della comprensione nei rapporti familiari e quindi della capacità di scusarsi , di perdonare, di dialogare. Non sono questi i nodi che nella vita moderna costringono ad un isolamento egoistico basato su un errato convincimento di avere il primato della ragione?
All’armonia delle relazioni guidate dal rispetto, conquistato giorno per giorno, subentra cosi l’indifferenza ed ecco perché occorre tornare ad indicare ai giovani Maria, come via semplice per arrivare alla confidenza col figlio suo.
Capitolo dopo capitolo, sono tanti i temi essenziali toccati, dall’ ecologia che riporta al Creato ed alla responsabilità dell’uomo che deve custodire la Casa comune per chi dopo la erediterà e poi al Tempo.
Riconsiderare il “buon uso” del tempo perché, nella consapevolezza che “tempus fugit”, si possa ritrovare la spinta a non rimandare di fare il bene.
Il tempo è perciò una opportunità da cogliere.
“Lascia traccia- consigliava San Josemaria Escriva’ ad un giovane- perché ognuno di noi nel tempo assegnato, sulla terra possiamo lasciare un solco di bene”
Amicizia, sport, musica sono interessi che assieme allo studio vengono da Eligio illustrati in modo attraente agli adolescenti che oggi sembrano assorbiti letteralmente dalle nuove tecnologie. É sbagliato demonizzarle a priori, tutto concorre al bene ed anche gli ausili informatici ed elettronici si rivelano spesso preziosi nell’esercizio professionale e non solo(vedasi durante la recente pandemia)! Al solito sarà il discernimento che aiuterà a guidare genitori e figli nel complesso mondo della rete virtuale di comunicazione, interessata, talvolta a ridisegnare valori e scelte, in funzione esclusiva odi logiche consumistiche.
L’autore affida, in modo originale, ad una ricca ed affettuosa lettera agli adolescenti, le sue conclusioni di speranza e ottimismo, invitandoli a sconfiggere con le buone pratiche i richiami di vuoti slogans fini a se stessi.
Da parte mia ritengo il libro diretto a tutti, perché come recita un saggio proverbio africano:
“Per educare un fanciullo, non basta un villaggio”.Argia Socievole.
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