Un personaggio storico di Brattirò

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Assieme ad Agostino Gennaro ed a Cicco Rombolà, all’interno del libro “Tesori da valorizzare” pubblicato nel 2021 abbiamo deciso di dedicare uno spazio a “Ciccu u cirinu”, personaggio storico di Brattirò.

Il motivo di questa decisione lo trovate nel brano seguente, estratto dal medesimo libro di Agostino Gennaro.

In esso l’autore descrive anche altri aspetti collegati a tale indimenticabile figura rendendole omaggio.

La foto in basso ci è stata data da Cicco Rombolà.

m.v.

Rombolà Francesco, “u zu Ciccu u Cirinu”, nato a Brattirò, una frazione di Drapia, il 24 settembre del 1885, figlio di contadini e contadino lui stesso, ogni mattina col suo asinello, tra impervi sentieri, raggiungeva la masseria che si trovava su un alto poggio posto tra due profondi fossati poco sotto i due piccoli borghi di Caria e Brattirò, proprio dove un tempo vi sorgeva il monastero di S. Isidoro, come narrato dalla tradizione popolare poiché era stato distrutto e se n’erano perse le tracce. Ciccu, dissodando il campo con la zappa, vi trovava delle pietre murarie che confermavano l’ubicazione di detto monastero proprio là sul suo campicello e lui, orgogliosamente, volendo renderne testimonianza spesso portava su in paese alcune di quelle pietre per mostrarle ai suoi cari e ai compaesani.
Ciccu per le sue capacità di guaritore era ritenuto “magaro”.

Egli, a detta di tutti quelli che lo hanno conosciuto, era un uomo molto generoso e carismatico e, per la sua disinteressata e amorevole opera verso tutti coloro che ne avevano bisogno sia per lenire dolori muscolari, sia come psicologo per tranquillizzare i malati immaginari, era molto apprezzato non solo in paese ma in tutto il circondario, come lo stesso nipote Ciccu ha potuto constatare.

Racconta Ciccu: “Un giorno, trovandomi a Serra S. Bruno per motivi di lavoro, mentre eravamo intenti a fare colazione in una tipica cantina, il gestore, sentendo il mio cognome pronunciato da un collega, mi chiese se ero di Brattirò e, alla mia risposta affermativa aggiunse, se per caso conoscevo “u zu Ciccu u Cirinu”. Alla mia domanda se voleva qualcosa da lui si affrettò a rispondermi di no, chiedeva solo perché era molto tempo che non lo vedeva e desiderava avere notizie essendo un carissimo e stimato amico suo e di molti serresi. Piuttosto lusingato gli dissi che si trattava di mio nonno e che stava bene. Al che, raccomandandomi di dirgli che siamo stati da “Salvator lu Mandrello”, mi incaricò di portargli i suoi affettuosi saluti.”

U zu Ciccu u Cirinu aveva un dono molto apprezzato: le sue mani si muovevano con maestria sulle parti indolenziti e sciogliendo i muscoli provocati da torcicollo, grumi alla schiena, alle gambe e storte ai piedi. Toccando piano piano le parti indolenzite le sue dita sensibili individuavano il muscolo indurito o accavallato e, massaggiandolo con olio caldo e con molto garbo, riusciva, in poche sedute, a riportarlo alla completa guarigione.

Ma non disdegnava di elargire la sua opera guaritrice per le malattie immaginarie come il malocchio. Era insomma una specie di primitivo psicologo che convinceva dell’avvenuta guarigione: il malocchio era stato tolto. Tuttavia essendo tale gente superstiziosa, sospettosa e influenzabile spesso ritornava da lui e, quasi giustificandosi, diceva: “Sapiti zu Ciccu, dalla volta scorsa ad oggi, sono sei mesi e sono stato bene, adesso credo che qualcuno mi ha rifatto il malocchio. “In realtà – ha specificato Ciccu – mio nonno mi confidava che il malocchio, se esiste, può succedere che si verifichi all’insaputa di chi lo fa e da chi lo riceve. In realtà si immedesimava nel personaggio, ma credo che in fondo non ci credesse neanche lui”.

Agostino Gennaro

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