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Pozzo misterioso Brattirò: una questione da approfondire

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Riprendo, per ennesima volta, con rinnovato entusiasmo, il discorso per quanto riguarda il cosiddetto “pozzo misterioso” di Brattirò.

Lo faccio con questo post, ricordandovi che a breve uscirà un importantissimo libro-rivista, da me pubblicato, a firma di Agostino Gennaro, incentrato sul patrimonio culturale e archeologico del territorio comunale di Drapia, opera in cui – tra le altre cose – si parlerà anche di questo argomento.

Di seguito, dopo questa mia introduzione, trovate:

la riproposizione del post da me lanciato anni fa con una lettera integrale di don Pugliese del 1913;

poi un mio commento e approfondimento successivo (sempre di qualche anno fa);

e, infine, un tassello – per così dire – inedito che ci “suggerisce” Agostino Gennaro riallacciandosi ad una supposizione del prof. Achille Solano, il quale fece degli studi sul territorio.

Leggetelo attentamente e interamente.

Vi sono possibilità di rinvenire, nelle campagne brattiroesi, un qualcosa di davvero rilevante, interessante e importante.

Forse (ripeto, forse) quel pozzo – cosiddetto misterioso – era, addirittura, la base di qualche tempio del periodo greco.

Chissà. Il dubbio c’è. Ce lo possiamo levare solo in un modo: approfondendo la cosa con una ricostruzione accurata delle fonti disponibili e con una campagna di scavi.

L’appello lo rivolgo a tutti gli abitanti del comune di Drapia, in particolare ai brattiroesi. A loro ed alle associazioni che operano sul territorio. E lo rivolgo soprattutto all’amministrazione comunale. Per portare avanti la cosa vi è bisogno di buona volontà, anzitutto.

Io un piano ce l’ho e sono disponibile a proporlo e discuterlo. Non ho alcun interesse personale o economico (anzi, ci ri-metto tempo ed energie), se non quello di riportare alla luce questa possibile grande scoperta o comunque approfondire la questione.

Oltre alla buona volontà vi è bisogno, specie da parte delle istituzioni, di seguire la vicenda e – soprattutto – destinarci, oltre che energie, anche soldi; è questo il punto: bisognerebbe avere la forza e la voglia di uscire dalla logica finora nettamente prevalente che risorse debbano per forza essere indirizzate ai soliti noti, con i soliti incarichi, per opere quasi sempre costose, brutte e inutili (anzi dannose), per fare marciapiedi orrendi, cosi di cemento e stranezze.

Usciamo da questa impostazione che non ci ha portato e non ci conduce da nessuna parte, che non giova alla collettività ma solo a pochi. Riappropriamoci davvero della nostra terra e rilanciamola, culturalmente e turisticamente.

Facciamo un passo coraggioso: impegniamoci e agiamo per indirizzare fondi importanti per la cultura.

Non solo cercare finanziamenti spesso attendendo procedure lunghe, inconcludenti e farraginose, ma – perché no – adoperare fondi comunali.

Spendiamo soldi per ciò che conta, ciò che non è effimero, ciò che è duraturo, ciò che ci può far emozionare e  riscoprire un qualcosa di davvero straordinario in cui riconoscerci e su cui (ri)costruire la nostra identità.

Vi rendete conto cosa vorrebbe dire per noi accertare che nelle nostre campagne vi erano antiche comunità evolute e molto ben organizzate, di origine ellenica?

Sarebbe piacevole e condivisibile motivo di orgoglio e di coesione.

Io ho questa idea di sviluppo e di prevalente utilizzo dei fondi pubblici, idea coerente col mio modo di essere, con la mia storia e con la storia della mia famiglia, in linea col mio lavoro quotidiano e con le mie radicate e inossidabili convinzioni.

Se ci adoperiamo per questi scopi, io ci sono.

C’ero, ci sono e ci sarò sempre.

Stendo la mano cercando aiuto e collaborazione.

Sperando che altri si aggiungano,  specie chi ha la possibilità concreta di agire.

MarioVallone

 

Brattirò – Il pozzo Misterioso (primo post sull’argomento)

Le voci della presenza di un pozzo misterioso a Brattirò vengono avvalorate da un documento che ha per il popolo brattiorese un importante valore storico e culturale. Si tratta di uno scritto, datato 1913, pubblicato dall’archivio storico della Calabria e segnalatomi da don Pasquale Russo.

L’autore è il sacerdote Francesco Pugliese, meglio conosciuto come u “tiolacu vecchiu”.

Scrive nel suo articolo F. Pugliese:

Ill.mo Signor direttore dell’Archivio storico della Calabria.
Credo mio dovere di calabrese richiamare l’attenzione della S.V. che ha iniziato un lavoro sapiente di ricerche storiche per illustrare la Calabria antica, su certi documenti storici che meritano, a mio avviso, tutto l’apprezzamento dell’archeologo. Ecco di che si tratta. Poco distante da Tropea, sulla sponda del ruscello Brattirò (piccolo fiume che dagli storici è chiamato con questo nome, ch’è il nome del villaggio, ma comunemente è detto del Capo Vaticano, perché dall’altra parte è il territorio di Capo Vaticano) e precisamente in direzione di Porto Ercole, sorge il villaggio di Brattirò. Diverse cose antiche rinvenute nel suo territorio richiamano la nostra attenzione su questo villaggio.
Innanzi tutto, circa tre anni or sono, fu scoperto da alcuni contadini un pozzo formato di enormi cilindri di terra cotta tutti di un pezzo, incastrati l’uno sull’altro, aventi ciascuno due fori quadrangolari dall’una parte e dall’altra della superficie. Parecchi di questi cilindri furono messi fuori e posti sul terreno circostante, ma dopo alcuni giorni non si trovarono più perchè da mano sacrilega resi in frantumi. Compresi che il pozzo doveva avere una certa importanza archeologica. Allora andai a raccontare ogni cosa al Marchese D. Felice Toraldo di Tropea, il quale fa parte, se ben mi ricordo, della Commissione di Archeologia, pregandolo che s’interessasse a fare i dovuti studi su quella scoperta. Mi promise che se ne sarebbe interessato, ma furono promesse e nulla più. Un altro fatto concorre a rendere più interessante quella scoperta: circa trent’anni fa in quel medesimo luogo, distante dal punto dove ora s’è rinvenuto il pozzo una cinquantina di metri, da un contadino, mentre zappava il terreno, ad una certa profondità, fu trovata una statuetta di bronzo. Naturalmente fu portata al parroco, il quale a sua volta la fece vedere al P. Toraldo, il dotto latinista che tradusse in versi virgiliani il poema del Tasso. Il Padre Toraldo riconobbe subito dalla pelle del leone che trattavasi di una statua di Ercole. Però né lui né altri compresero l’importanza storica della scoperta, e la statua fu venduta per poche lire ad un forestiero, né mai più s’è potuto sapere dove sia stata trasportata.
Nel medesimo luogo dunque abbiamo il pozzo antico e una statua di Ercole.
Si aggiunga che nelle vicinanze di questo luogo si osservavano dei ruderi antichi, e in parecchie località del territorio di Brattirò, dai contadini che scavavano il terreno ad una certa profondità per piantarvi la vigna, si sono scoperte delle tombe. In qualcuna di queste tombe, formate di mattoni e qualche volta di massi enormi di pietra, si sono trovate ossa di uomini e di cavalli insieme. In un luogo, comunemente detto “Saraceni”, si vedono delle tombe in gran numero, scavate dentro la roccia, grandi e piccole, ben fatte e tutte messe in linea; dentro si trovano ossa, mattoni e spesso anfore. Il luogo è detto “Saraceni” e la gente crede che sia necropoli di Saraceni.
Più giù di Brattirò, andando verso il mare, s’incontra il villaggio di Ciaramite che è più antico dell’attuale Tropea e più giù ancora la contrada Cagliope, che alcuni credono sia corruzione di Calliope; e finalmente si giunge alla marina detta corrottamente Formicole (da Form Herculis?). E’ questo il luogo dove si vedono ancora gli avanzi di Port’Ercole che sono diversi scogli non naturali, che sorgono dentro il mare a parecchi metri dalla riva: basta vederli per comprendere che sono fatti dalla mano dell’uomo.
Ora io dico: Se Port’Ercole è antichissimo e preistorico, tanto che da nessuno scrittore dell’antichità, pur facendone menzione, se n’è potuto descrivere l’origine; se tanti documenti di antichità si rinvengono nel vicino territorio di Brattirò, non sarebbe da prendersi in una certa considerazione l’opinione espressa da Vincenzo Padula nella sua Protogea, l’antica Bratte, che in tempi remotissimi diede il nome alla terra dei Brattii o Brazii? Secondo il prelodato scrittore calabrese, Brattirò sarebbe un nome ibrido composto da una voce ebraica e un’altra greca, e significherebbe ruscello di Bratte.
Timidamente ho espresso questo mio giudizio, confortato dall’autorità di Vincenzo Padula e dai monumenti di antichità, specialmente dal pozzo e dalla statua di Ercole, nonchè dai ruderi dell’antico Port’Ercole che sorgeva in direzione di Brattirò.
Ho fiducia che gli studiosi dell’ “Archivio storico della Calabria” prenderanno nota di quanto ho detto e che non tralasceranno di mandare qualcuno, per vedere e studiare il pozzo di cui ho fatto parola, che non dev’essere dimenticato dagli studiosi di antichità. Esso fu nuovamente ricoperto di terra dai contadini, e se passeranno ancora degli anni, non se ne conoscerà più il luogo.
Tropea, 27 novembre 1913

Dev.mo

                                                                                                                                     Sac. Dott. Francesco Pugliese

 

Il mio commento successivo 

È chiaro che Pugliese, “u Tiolacu vecchu”, nel compilare e inviare quella segnalazione al periodico culturale nel lontano 1913 riportava vicende di cronaca, quindi il ritrovamento del pozzo e della statuetta erano notizie certe, delle quali in paese se ne discuteva; e lo dimostra il fatto che molti anziani tramandano la vicenda verbalmente ancora oggi.

ma vi è un altro, importante, tassello alla ricerca di informazioni sul misterioso pozzo rinvenuto, fortuitamente, un secolo fa nelle campagne brattiroesi.

Il carissimo amico, Manuel Zinnà, giovane archeologo vibonese del quale ho avuto l’onore di pubblicare contributi scientifici, leggendo la notizia da me diffusa sul pozzo e sulla statuina, a conferma di quanto da me scritto, mi ha segnalato un articolo, pubblicato negli “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”.

Calandomi nella mentalità e nel contesto dell’epoca, presumo che, una volta ritrovata la statua, magari pensando si trattasse di qualche santo, la cosa sia stata portata a conoscenza del parroco e/o dello “gnuri” di riferimento della zona.

Non mi sento, perciò, di escludere, che la statua possa trovarsi in qualche antica abitazione di gnuri tropeani. Spero che possa venire fuori e che, magari, possa essere donata, spontaneamente, alla comunità brattiroese per la quale essa avrebbe un cospicuo significato culturale.

 

Il commento, odierno, di Agostino Gennaro che trova riscontro in Solano

Dalla descrizione dei blocchi cilindrici, venuti alla luce, più che di un pozzo si potrebbe trattare di elementi di un tempio; infatti le colonne venivano erette infilando tali blocchi col buco quadrato ad un palo.

Questa  nostra supposizione è supportata dall’arch. Achille Solano che scrive:

“L’anno 1910, dissodandosi il terreno a Spartà, da alcuni contadini furono scavati grossi blocchi calcarei, cilindrici, della altezza e del diametro di circa un metro, con fori quadrangolari nelle basi per l’incastro, elementi tutti che, al Pugliese, avevano suggerito l’incerta definizione di un pozzo preellenico.

La mancanza assoluta di particolari, pur limitando le carat­teristiche del rinvenimento, – forse rocchetti di colonne -, ci permette però di connettere molti riferimenti sparsi e di fissarli nella definizione di un’area sacra ad un culto catacthonio di Hérakles.

Del resto questa nostra illazione è suffragata dalla scoperta, nello stesso luogo, d’una statuina bronzea del Dio, alta quasi 50 cm„ (Pugliese citat,). Il terreno, circostante al perimetro sacro, presenta tracce di una necropoli con tradizioni culturali greco-indigene nella copertura delle tombe con lastroni di pietra o mattonacci sotto una coltre di sabbia o creta, analogicamente affini ai piccoli tholoi tardomicenei dell’Argolide, o nel sistema d’inumazione dove frammiste ad ossa umane si riscontrano ossa di animali e sterpaglie. Le contrade limitrofe restituiscono interessanti reliquie fittili ed avanzi di muri”.

CONCLUSIONE

Spero – ripeto – che della questione se ne occupi con convinzione l’amministrazione comunale coinvolgendo la Sovrintendenza.

Personalmente, continuerò a fare la mia parte e, qualora ce ne fosse bisogno, sono pronto ad impegnarmi in prima persona per riportare il presunto pozzo alla luce e approfondire la sua collocazione storica e il suo significato.

Diamoci da fare anche per ritrovare la statua.

Pozzo e statua potranno diventare i simboli del nostro paese e della nostra identità.

MarioVallone

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