“Don Raffaele Arcella, un sacerdote mediatore tra Dio e il popolo”, questo il titolo del volume edito da Mario Vallone e dato alle stampe nello scorso mese di dicembre.
Al centro delle quasi novanta pagine la figura del sacerdote che era nato nella vicina Stefanaconi nel 1924 e che per quasi cinquant’anni (dal 1951 al 1999, anno delle sue dimissioni da parroco per gravi motivi di salute che l’anno successivo lo porteranno alla morte) fu parroco in questa comunità che seppe ricambiare con generosità e gratitudine l’amore e l’umiltà con cui ha interpretato la propria missione pastorale. Attorno alla nobile statura umana e spirituale di don Raffaele, l’autore ci narra, contestualizzandoli in un tessuto armonico, vicende, situazioni, personaggi, costumi e tradizioni che il tempo, con il suo incedere cinico e veloce ha decisamente mutato, in alcuni casi cancellato.
E’ un tuffo nella storia del secondo Novecento, questa pregevole pubblicazione di Cinquegrana, che da una data, da un episodio, da una fotografia, profondo conoscitore dei cambiamenti sociali quale egli è, riesce a ricavare, attraverso una penna agile e leggera, scene che richiamano vicende vissute o ascoltate dai racconti di testimoni diretti.
E le prime pagine, che riguardano la vocazione di don Raffaele e i suoi studi prima nel seminario di Mileto e poi, per quelli superiori e di Teologia, in quello di Reggio Calabria, sono un po’ la fotografia degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso nei nostri paesi, dove ancora non c’era ancora la scuola dell’obbligo e allora, come scrive monsignor Giuseppe Fiorillo nell’introduzione al libro “numerosi ragazzi venivano dai parroci e dalle famiglie indirizzati, dopo la scuola primaria, a proseguire gli studi in seminario”.
Stuoli di ragazzini vestiti da preti con tanto di cappello “saturno” in testa a disegnare di nero e di timidi sorrisi strade di paese non ancora asfaltate, immagini di un tempo povero ma pieno di sogni e progetti alla portata di tutti. Come fu per l’amato parroco, alla cui vocazione contribuì anche l’amorevole guida dello zio materno monsignor Nicola Rubino. Una formazione solida, la sua, che lo porterà al sacerdozio a soli 23 anni e poi, dopo una breve esperienza a Seminara, nella vicina Maierato, prima come vicario economo e poi, dal 1951, come parroco.
Un prete sempre presente, sempre in mezzo alla sua gente, accogliente e generoso, disponibile al dialogo con i giovani e con la gente che incontrava, come faceva ogni domenica prima e dopo la messa, mentre si dirigeva verso casa. “Un prete buono e carismatico – si legge a pagina 26 – che ha saputo guidare il suo gregge verso dove porta la fede, verso l’amore e il rispetto per il sacro, con la forte partecipazione della comunità ai grandi momenti del calendario liturgico”.
E poi, la sua attenzione per la formazione dei ragazzi, per i quali metteva a disposizione il piano terra della sua abitazione per giocare a dama o guardare la tivvù o le poche lire per il gelato ai chierichetti a fine messa per invogliarli a frequentare la chiesa.
Una generosità, la sua, discreta, nascosta, come gli aiuti per chi non aveva soldi per curarsi o per affrontare un viaggio o, più semplicemente, le visite alle famiglie indigenti a cui portava in dono pacchettini di cibarie da lui ricevuti dal suo amato popolo.
Con gli anni la fama del parroco che teneva sempre la porta aperta e che andava orgoglioso del nipote Paolo Arcella, noto giornalista Rai, varcò gli stretti confini locali e giunse fino in Canada, dove si recò in visita ai tanti emigrati che lo accolsero con tutti gli onori e con grande generosità di cui egli rendicontò, al ritorno con meticolosa precisione. Un prete che ha attraversato con il sorriso e con la forza della fede mezzo secolo, che ha conosciuto quattro vescovi (Paolo Albera, il giovane, appena trentanovenne, Enrico Nicodemo, Vincenzo De Chiara e Tarcisio Cortese), una saggia e amorevole guida spirituale che ha condiviso con i sindaci (in particolare Adolfo Ruperto e Gregorio Tolomeo) l’amore per la propria comunità e che nel 1997, in concomitanza dei cinquant’anni di sacerdozio è stato insignito della cittadinanza onoraria, “un parroco dal grande cuore che ha saputo amare la sua gente”, come scrisse un giornale nel dare la notizia della sua morte, avvenuta alle prime ore del 5 marzo del 2000.
Una storia, quella che ci regala Pino Cinquegrana, il cui protagonista è un sacerdote, ma attraverso la sua figura, se socchiudiamo un po’ gli occhi, ci sentiamo proiettati in un mondo lontano ma non troppo, un piccolo mondo i cui confini erano brevi, ma la felicità a portata di mano.
Franco Pagnotta
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