Approfitto anche io, come l’amico Mimmo (rileggi il post), dell’ospitalità di Mario sul suo blog confidando nella sua inconfutabile disponibilità a dare voce a tutte le opinioni che arricchiscono la dialettica democratica. Vorrei dire la mia sulla questione scuola, e anticipo subito gli scettici che obietteranno sulla mia intromissione in merito, dato che i miei figli non frequentano più le scuole del nostro comune, dicendo che ho titolo anche io – come chiunque – ad esprimermi sul tema: perché sono cittadina di questo comune e ho a cuore la garanzia di efficienza dei servizi; e perché sono cittadina del mondo con un briciolo di cultura e considero la scuola non un semplice contenitore di imbuti (parafrasando una famosa citazione) ma il cuore pulsante di una comunità, la fucina della formazione e dell’istruzione.
La “questione scuola” (ossia il trasferimento degli alunni della scuola primaria di Brattirò e di Caria nella sede di S. Angelo) va interpretata sotto due aspetti. Mi spiego, sforzandomi di eliminare qualsiasi tono passionale. Cercherò di dibattere affidandomi ai dati oggettivi e ai numeri. Nel nostro comune insistono 2 sedi di scuola primaria: una a Brattirò e una a Caria, ognuna identificata con un codice meccanografico. Al momento dell’iscrizione (fino all’ultima che ha portato alla determinazione degli esistenti organici) il genitore sceglie in quale sede iscrivere il proprio figlio.
Da diverso tempo né l’una né l’altra sede hanno i numeri per formare un corso completo; la sede di Caria quest’anno sarà frequentata da una sola pluriclasse di 9 bambini ed è stata autorizzata dall’Ambito Territoriale perché possiede, ad oggi, requisiti di deroga ai parametri normativi vigenti; ciò significa che in condizioni di normalità non verrebbe autorizzata. Anche la sede di Brattirò ha numeri molto risicati che hanno determinato la formazione di 2 pluriclassi su un totale di 3 classi. Se la matematica non è un’opinione, neanche cercando nel perimetro di tutto il comune è scontato trovare i numeri per un corso completo. Non è colpa di nessuno; è colpa del cambiamento dei tempi e del calo demografico.
Sono convinta che sarà inevitabile, e perciò auspicabile, che si giunga ad una sola sede che accolga tutti i bambini di scuola primaria del nostro comune. Sull’ubicazione di questa “eligenda” sede ho la mia idea, che per il momento preferisco non esprimere. Ma penso che anche su questo aspetto bisognerà soppesare bene le decisioni esaminando con onestà tutti i fattori che concorrono ad aumentare o diminuire il disagio dei nostri bambini.
Ho appreso della nascita del fantomatico polo scolastico di Sant’Angelo dal web; e, ufficialmente, dal Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Tropea, da cui le nostre scuole dipendono, durante l’esercizio della mia attività sindacale. Il DS in quel contesto mi ha fornito le informazioni ufficiali relative all’organico: il polo di Sant’Angelo è fantomatico perché nella realtà è solo il contenitore delle 2 scuole primarie esistenti: quella di Brattirò con 3 classi di cui 2 pluriclassi e quella di Caria con una pluriclasse, più la scuola media, finora sita in Gasponi, con un corso completo. Queste sono le classi attuali e queste continueranno ad essere a Sant’Angelo.
E allora mi chiedo: perché?
Qual è il senso, qual è la logica di mettere in tempi di emergenza sanitaria ogni giorno in movimento TUTTI i bambini per portarli in una sede raggiungibile solo con un mezzo di trasporto, quando invece il 90% di essi, restando nelle sedi attuali, potrebbero andare a scuola a piedi? In tutte le altre scuole a noi viciniori si lavora per ampliare gli spazi, si abbattono pareti pur di non far spostare i bambini; noi invece li mettiamo tutti in movimento. Sono stati valutati i problemi che ne discendono? Quante corse dovrà effettuare lo scuolabus per far viaggiare tutti i bambini in sicurezza? Sarà sorto il sole quando dovrà partire il primo gruppo per far arrivare tutti in orario? Chi assicura l’assistenza al primo gruppo mentre lo scuolabus riparte per prelevare il gruppo successivo? e non si pensi che sia sempre impunemente possibile rosicchiare tempo-scuola ai bambini per limitare i disagi, fingendo poi di recuperare, di sabato mattina, con qualche visita in qualche pollaio.
Allora mi chiedo: con quale coraggio si autoassolve l’autore di questa scelta? con la scusa della mancanza di spazi per il distanziamento? ma vogliamo scherzare? Nell’edificio di Caria non esistono gli spazi per accogliere in sicurezza NOVE bambini? E a Brattirò, quand’anche fosse vera l’esiguità degli spazi (con un salone mensa grande quanto un campo di calcio!!), non esiste forse una soluzione che è sotto gli occhi di tutti e che fa male come un pugno nello stomaco: alloggiare una delle classi nell’edificio di fronte, perfettamente ristrutturato e a norma anti sismica; il che consentirebbe ad almeno 40 dei 48 bambini che andranno a frequentare di uscire da casa alle 8:15 e andare a scuola comodamente a piedi.
Questo è. Questi sono i dati oggettivi.
Ed io che mi sto preoccupando per i figli degli altri, vorrei solo capire perché questa fretta, ORA. Ma davvero si ha l’ingenuità di credere che tutti se la sono bevuta, che nessuno si è accorto che si sta approfittando dell’emergenza sanitaria per spacciare questa decisione come urgente e indifferibile, con un disegno pianificato per bypassare il confronto, la partecipazione più ampia possibile per giungere insieme ad una soluzione il più possibile condivisa, con l’umiltà – aggiungo – di “maneggiare” un tema chiave la cui gestione non compete solo a quella manciata di persone con figli in età scolare, ma investe la comunità tutta. A qualcuno darò una brutta notizia ma in democrazia si usa ancora così. Forse quel qualcuno confonde le vie di Drapia con le vie di Budapest.
Ecco perché l’avvenimento, trascendendo dal particolare, diventa un paradigma trasversale: mi è risultata bruciante e indigesta e umiliante la naturalezza con cui si scivola verso l’autoreferenzialità e l’assenza di remore nel gestire la cosa pubblica come se fosse propria, senza dover rendere conto delle decisioni prese, anzi assumendo ogni decisione con la logica arrogante del Marchese del Grillo. Vorrei ricordare a chi si è perso per le vie di Budapest e si crede investito di pieni poteri, che qui a votare non sono stati sudditi ma elettori e che gli eletti sono amministratori servitori del popolo, non l’imperatore e il suo senato pronti a punire il reato di lesa maestà.
Chi ha un briciolo di pudore si vergogni; e chi ha un briciolo di orgoglio si ribelli. E’ il momento di mettere punto e basta.
Maria Domenica Vita
Cittadina del Comune di Drapia