L’introduzione del libro “L’amore ai tempi dei social network”, scritto due giovani autori calabresi, Davide Piserà e Francesca Berlingieri, da me pubblicato col marchio MarioVallone Editore nel 2019 e più volte ristampato.
m.v.
Introduzione
Il presente lavoro percorre, nella sua prima parte, le tante sfaccettature del sentimento amoroso, caratterizzato dal profilarsi di due posizioni temporalmente opposte: l’amore classico del passato fortemente romantico e “cristallizzato” e quello moderno-contemporaneo, considerato come un movimento collettivo.
In tale lavoro di ricerca sono state analizzate le varie concezioni di questo sentimento nei secoli, soffermandosi sull’amore come espressione fondamentale dell’essere umano. Questo sentimento così complesso è da sempre presente nella vita dall’uomo, manifestandosi in molte forme perciò è stato variamente interpretato dai vari studiosi. Abbiamo messo in evidenza l’influenza della società e dei mezzi di comunicazione di massa, nella gestione del rapporto a due e le condizioni sociali che sono alla base della sua concretizzazione. In questa argomentazione s’è dato ampio spazio all’attuale uso della tecnologia come forma principale di comunicazione sociale (Social Network, dating events, blog, chat) e alle conseguenze che essa comporta sulla gestione dei rapporti interpersonali.
Nel primo capitolo dopo una definizione della parola amore, abbiamo percorso in maniera cronologica l’espressione letteraria del sentimento, dall’antica Grecia con i suoi componimenti tormentati, dove la donna appare divinizzata ed irraggiungibile, all’amore romantico e passionale del Rinascimento, dove i sentimenti vengono affiancati dalla tragedia che trascende dall’erotismo sublimandolo in un sentimento più alto che sconfina nell’eternità. Il capitolo si conclude con l’opera di Stendhal[1] “De l’amour”[2] in cui il sentimento viene classificato e guardato non solo dal punto di vista interno, con l’analisi della genesi e dello sviluppo dell’amore nell’essere umano, ma anche da quello esterno, che ricerca le condizioni estrinseche che influenzano questo sentimento a prescindere dell’individuo che lo prova.
Nel secondo capitolo, di matrice più sociologica, vengono illustrate le teorie di F. Alberoni[3] che colloca l’amore nell’ambito dei processi collettivi e introduce il termine “stato nascente” per indicare il processo di mutazione che avviene nell’uomo quando si innamora e di conseguenza rivoluziona la sua vita dentro se stesso e nella società in cui vive. Inoltre l’autore sottolinea l’importanza della passione e delle differenze tra uomo e donna senza tralasciare l’erotismo, componente essenziale della spinta passionale.
Il capitolo termina con il celebre libro del sociologo Erich Fromm[4] “L’arte di amare”[5] che fa una distinzione accurata dei vari tipi di amore, da quello fraterno a quello per se stessi, fino ad arrivare alle pressioni continue della società moderna, che rendono il sentimento un atto estremamente coraggioso per l’individuo che lotta contro la solitudine e l’omologazione.
Nel terzo capitolo abbiamo preso in esame l’epoca in cui viviamo, caratterizzata dall’individualismo e dalla tecnologia, ma soprattutto dalle trasformazioni sociali che la virtualità insieme ai mezzi di comunicazioni di massa, in primis internet, hanno portato tanto nel singolo individuo, quanto nella collettività e di conseguenza all’interno della sfera sentimentale. La trattazione si sofferma sulla comunicazione, in particolare quella in rete, che ha una grande importanza nelle dinamiche amorose, poiché avendo il potere di amplificare i messaggi e moltiplicare le modalità di informazione stimola anche i processi di innamoramento.
Nella seconda parte dell’opera (capitoli quattro e cinque), verrà specificatamente analizzata la società odierna caratterizzata da profondi mutamenti rispetto al passato, il fittizio mondo mediale imprigionante in sé l’individuo, le emozioni ed i sentimenti che divengono “beni di consumo”. Le sensazioni più profonde dell’animo umano, difatti, mutano in merce destinata al consumo di massa, divulgata tramite gli strumenti mediatici di uso comune.
Internet, televisione e telefoni cellulari sono tra gli strumenti principali, complici della divulgazione e della “messa in scena” delle emozioni.
Il semplice comunicare è divenuto un problema, poiché non vi è più la spinta necessaria per dialogare liberamente con gli altri. Si vive in un continuo stato di tensione nei confronti dell’alterità, come se l’altro diverso da “me” fosse un pericolo, un ostacolo alla nostra persona.
Karl Erik Rosengren, sintetizza l’etimologia del termine comunicare in “uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di “intenzionalità reciproca” e un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento”[6].
Per poter comunicare, vi è dunque bisogno di almeno due soggetti, l’uomo nasce per comunicare; sin dalla nascita fino al termine della propria vita trasmette, a tutti coloro che incontra, messaggi e segnali. Il problema di oggi sta nel disagio esistenziale dell’uomo moderno, un disagio inteso come disperata solitudine, fortemente legata alla “apparente” condizione di libertà dell’individuo[7]. Si è venuto a creare una sorta di “mal di vivere” indotto dal crollo del valore delle emozioni, sminuite a tal punto da risultare superflue e scontate. Social Network, reality show e determinati telefilm danno in pasto al pubblico avvenimenti e situazioni comuni, vivibili in ogni contesto o in ogni famiglia. Momenti di vita comune, vengono proiettati al pubblico catturando l’attenzione dello spettatore, facendolo riconoscere nella scena trasmessa o nel protagonista della medesima.
Negli ultimi anni i reality hanno suscitato forte interesse da parte del pubblico. Complice di ciò, è stata la curiosità di vedere in tv, come ad esempio nel caso del Grande Fratello, persone monitorate ventiquattro ore al giorno che condividono tra loro molteplici stati d’animo e comportamenti. Il veder piangere, sorridere o innervosire il personaggio del programma, schiavizza lo spettatore attirato dalla messa in onda delle emozioni e non gli permette di vivere al meglio le proprie nel “mondo reale”.
Computer e televisione, sono veri e propri apparati di conoscenza, sintetizzano in essi una nuova predisposizione mentale, caratterizzata da fluidità e interattività. Questi strumenti cambiano forma al sapere umano.
Viviamo in una società multimediale. Di per sé riferendoci all’etimologia del termine “multimedialità”, possiamo definirlo come: “L’insieme di diversi linguaggi che comunicano, attraverso formati differenti, un determinato messaggio target”[8]. Anche se, il significato originale, può essere ampliato in un discorso più complesso, inteso come aggiunta di vari metodi per presentare una specifica informazione o altri contenuti. I quali, vengono comunicati tramite: telefonia, computer ecc.
L’attuale contesto sociale, induce ogni individuo a modificare il proprio “io”, a cambiare il proprio modo di interagire con gli altri. Il termine che oggi identifica al meglio l’essere umano è l’incertezza; egli non trova quasi più il conforto di un dialogo amichevole (in prima persona), e tende ad allontanare l’altro, a temerlo, ad escluderlo.
Si analizzeranno, infine, in maniera specifica, i principi portanti della nuova società, di come i giovani comunicano tra loro, e di come i media influenzano profondamente la nostra esistenza.
Davide Piserà e Francesca Berlingieri
[1] Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle (1783 –1842).
[2] Stendhal, De l’amour, Garzanti, Milano 2003.
[3] Francesco Alberoni è un sociologo, giornalista e scrittore italiano.
[4] Erich Pinchas Fromm (1900 –1980) psicoanalista e sociologo tedesco.
[5] E. Fromm, L’arte di amare, Mondadori, Milano, 1968.
[6] Cfr. K. E. Rosengren, Introduzione allo studio della comunicazione, Il Mulino, Bologna, 2001.
[7] S. Perfetti, La persona tra media e solitudine. Un’interpretazione pedagogica, Anicia, Roma, 2008, p. 12.
[8] Cfr. N. Mammarella, C. Cornoldi, F. Pazzaglia, Psicologia dell’apprendimento multimediale. E-learning e nuove tecnologie, Il Mulino, Bologna, 2005, cit. p. 7.