Il dodicesimo capitolo del libro “Superfish” di Fortunato Costa (Mario Vallone Editore)
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Capitolo 12
“C’è poco da scherzare: dal 1950 ad oggi noi, sciagurati esseri umani, abbiamo prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica! Quello che si vede galleggiare sulla superficie dei mari e quanto rimane sulle spiagge dopo una mareggiata costituisce solo l’1 % della quantità globale di plastica. Lo riporta Van Sebille, un oceanografo olandese della Utrecht University. Il dato più preoccupante è costituito dalla microframmentazione di questi materiali in microplastiche che si depositano sul fondo per una parte, per l’altra galleggiano invisibili nella colonna d’acqua di migliaia di metri degli oceani. A Monterey, San Francisco, degli scienziati hanno inviato dei sommergibili campionatori a fare prelievi a circa 200 metri di profondità. Ebbene: i dati indicano che si trovano 15 pezzi di plastica per litro d’acqua, ovunque. Preoccupati, hanno sondato l’oceano fino a mille metri di profondità con analogo risultato. Le microplastiche, cioè i frammenti sotto i 2 mm secondo la definizione originale di Thomson del 2004, vengono ingerite dagli organismi marini e trasportate sul fondo tramite le deiezioni. E qui entrano in scena le nanoplastiche, cioè i frammenti dimensionalmente inferiori ad un millesimo di millimetro.
Alexandra Ter Halle, una ricercatrice francese dell’Università Paul Sabatier, utilizzando le metodiche impiegate dagli scienziati forensi sulle scene del crimine, ha incendiato con il gas i campioni, bombardati con elettroni e separati con campi elettrici misurando peso e carica. Sbam! Le nanoplastiche entrano nei vasi sanguigni, nelle cellule, superano la barriera ematoencefalica e penetrano nei neuroni. Danni neurologici, effetti tossici e anomalie riproduttive, è stato dimostrato anche questo dato su alcuni pesci giapponesi.”
“Caspita! E che mi sai dire sul riscaldamento degli oceani? Hai sondato anche questo argomento?” chiese Flora, una studentessa all’ultimo anno del corso di laurea in biologia, con gli occhi spalancati e l’espressione preoccupatissima, affascinata dall’esposizione di Nicola.
“Certo! Il 2019 è stato un anno infernale per l’oceano, è il caso di dirlo.
Come tu già saprai, gli oceani assorbono il 90% del calore intrappolato dai gas serra, emessi dalla utilizzazione dei combustibili fossili, dalla combustione delle foreste e dalle altre attività umane.
Il riscaldamento degli oceani porta ad una interruzione o modificazione del ciclo dell’acqua con inondazioni, siccità, ed un aumento del livello del mare. Ovviamente il cambiamento termico modifica e danneggia gli animali marini, costretti a variare le proprie abitudini ed a spostarsi verso nuove zone dove reperire cibo e trovare caratteristiche adatte alla sopravvivenza.
I dati in nostro possesso provengono da ben 3800 strutture galleggianti Argo, dislocate in 30 nazioni, e da alcuni batti-termografi immersi; i galleggianti utilizzano un metodo che legge il pH ed il livello di diossido di carbonio contenuto nell’acqua di mare insieme alla temperatura nell’ambito del progetto Argo Observing Network.
Hanno messo a punto dei galleggianti capaci di scendere a 2000 metri di profondità ove operano per circa 10 giorni; poi risalgono con i dati che vengono trasmessi via satellite una volta raggiunta la superficie.
Il reale problema è l’acidificazione delle acque con ricaduta sugli organismi che utilizzano il carbonato di calcio: coralli, ostriche, mitili solo per citarne alcuni…”
“La farai scappare se le riempi la testa con tutti questi dati in una volta sola!” Sabrina era entrata nello studio senza far rumore e già da un poco stava ascoltando con le braccia incrociate la lunga quanto particolareggiata dissertazione di Nicola.
“Ciao Sabri. Lei è Flora, è qui per il tirocinio. La dottoressa de Crescenzo, una valente scienziata ed un orgoglio per tutti noi!”
“Piacere Flora, chiamami Sabrina e dammi pure del tu senza problemi. Oggi il dottor di Costanzo è in vena di complimenti! Ma chi lo sa se pensa veramente ciò che dice…”
“Sei cattiva! Lo sai che ti sono affezionato e rispetto le tue capacità e la tua dedizione” rispose Nicola un po’ seccato dall’osservazione dell’amica.
“Stavo scherzando, Nico. Sono contenta di vederti, tutto qui. Non mi abbracci?”
“Non siamo soli, non vorrei cedere alla tentazione e lanciarmi in una scena di quelle vietate ai minori…”
“Siete sempre così simpatici?” chiese Flora ridendo suo malgrado.
“Anche peggio!” rispose Sabrina sedendo dietro la scrivania con un movimento fluido quasi perfetto.
“Notizie di Eros? Come va?”
“Sono rientrata ieri sera e l’ho lasciato alla stazione quasi in lacrime. Non voleva che andassi via ma…è impossibile. Sono stata quasi una settimana con lui e si sta riprendendo in fretta, devo ammettere. Ma è un momento di grossa difficoltà per lui; tu sai…”
“Capisco. Deve tirare le somme e decidere di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per trovare l’equilibrio psicologico che sicuramente vacilla dopo i recenti avvenimenti. Come se non bastasse la sua trasformazione, ci si mette pure il naufragio per colpa delle orche e l’attacco degli squali!”
“Di che state parlando?” chiese Flora che non ci aveva capito un bel niente.
“Di un amico comune. Niente di particolare, non preoccuparti” rispose Sabrina facendo intendere alla ragazza in tal modo che non era il caso di insistere.
“Più tardi dovrebbe fare una capatina il professor Biagini. Vedrai che tipo strampalato, Flora. Ma è uno scienziato dannatamente colto e capace, una fucina di idee ed un segugio senza pari!” disse Nicola.
“Confermo la tua valutazione. Sarà pure uno spasso ma è uno scienziato di tutto rispetto e siamo fortunati ad averlo qui con noi” rispose Sabrina sbirciando il monitor del computer.
“Lo conosco Biagini, ho chiesto a lui di fare tirocinio presso questa struttura ed è grazie a ciò che mi trovo qui stamattina” disse Flora.
Alle undici Carbone offrì il caffè, caldo fumante, ai ricercatori e mentre questi sorbivano il liquido nero e corroborante, raccontò loro di quando era uno scugnizzo ed andava a pescare a Mergellina.
“Dotto’, mica eravamo ricchi noi. A stento c’era il pane e il piatto di pasta a mezzogiorno; famiglia numerosa e solo mio padre andava a lavorare. Io pescavo con una cannetta di bambù di tre metri, ‘nu filo tutto arrepezzato che pareva ‘a corda e ‘na nave, un amo spuntito e come esca le patelle che riuscivo a staccare dagli scogli. Quando andava bene trovavo le maruzze o i vermi di sabbia, quelli rossi…”
“L’arenicola” soggiunse Nicola.
“Che saccio? Però a quei tempi pigliavo certi saraghi! E una volta pure ‘na spigola. Tiempe belle ‘e ‘na vota! Con permesso” concluse il vecchietto ritirando le tazze e scomparendo oltre l’uscio tutto immerso nei suoi ricordi.
“Troppo simpatico Carbone!” esclamò Flora.
“Non ne nascono più così. Un uomo di una cortesia e di un’educazione esemplari. Sempre gentile e disponibile, sicuramente un valore aggiunto. Speriamo che Dio ce lo conservi ancora a lungo” disse Nicola.
Sentirono Carbone in lontananza che diceva: “Professo’: e che ne sapevo io che stavate arrivando? Il caffè è finito proprio ora, ve ne faccio un altro…”
“No, grazie mille, non è il caso. L’ho preso due minuti fa con un amico” rispose Biagini che subito dopo irruppe nello studio.
“Buongiorno, giovani virgulti della biologia marina napoletana. Oggi dovrebbe arrivare una studentessa nuova, una tirocinante…oh!” si fermò all’improvviso rilevando il fatto che la tirocinante era già presente.
“Professore!” dissero i tre all’unisono.
“Già vi siete conosciuti, immagino. Bene. Flora è una ragazza studiosa e preparata. Le ho dato 30 e lode all’esame, ha seguito tutto il mio corso, ha fatto sempre domande intelligenti e non ha mai rotto…ehm, avete capito. Quando ha chiesto di fare il tirocinio con me potevo dire di no all’astro nascente? Ed eccoci qua” concluse Biagini, aprendo la onnipresente borsa di pelle annerita dall’uso e sovraccarica più del necessario.
“Quel disgraziato di mio figlio è caduto dal motorino! Sono stato un imbecille a comprarglielo. Ma si è messo nelle orecchie e tanto che ha detto, tanto che ha fatto, ha raggiunto il suo scopo. Ed ora si è fratturato il radio e l’ulna, per fortuna al braccio destro. E’ mancino, ecco perché dico per fortuna. Ma tene ‘na capa ‘e ‘mbrello! Ed io più di lui. Da ora in poi a piedi, come spetta ad un bipede!”
“Caro professore sono cose che capitano, non si amareggi più di tanto…” disse Nicola per rincuorarlo.
“Quando avrai dei figli anche tu mi saprai dire. A proposito: qualcuno vuole un cane? Io ne ho già tre e mi fanno disperare. La cagna ha partorito ed ora ne sono arrivati altri sette. Non potevano essere come i delfini? Uno alla volta ne fanno. No, loro devono farne sette, dieci alla volta. Ed ora come faccio? Adottate un cane, vi prego!” disse sedendosi sull’unica sedia disponibile e sparpagliando sulla scrivania una marea di fogli e riviste.
“Veniamo al dunque. Flora si interesserà della interazione tra nanoplastiche e animali marini e voi la dovrete guidare nella ricerca. Vi ho portato del materiale, degli articoli magnifici che vi daranno un orientamento più che efficace durante l’iter cognitivo. Mi raccomando: le conclusioni devono essere originali, frutto delle vostre osservazioni e deduzioni. Non facciamo copia e incolla, Flora è capace! Insegnatele il mestiere, fatela lavorare sulle apparecchiature se possibile.”
“Non si preoccupi professore; quest’argomento ci sta a cuore, ne stavamo parlando poc’anzi e sicuramente ne verrà fuori qualcosa di buono” rispose Nicola.
“Bene. Domani ho bisogno di voi all’università. Sono da solo a fare esami e non so proprio come potrei fare senza il vostro ausilio. Verrete entrambi e mi aiuterete, ci sbrigheremo in poco tempo e mi eviterete di fare confusione con i nomi, le matricole, i voti e quant’altro. Alle 8,00 precise, mi raccomando, non facciamo brutte figure con gli studenti che poi me lo rinfacciano finchè campo!”
Biagini si alzò dando ad intendere che la conversazione era terminata. Salutò con garbo ed uscì sorridendo alla giovane studentessa con giovialità.
Nicola e Sabrina contarono ad alta voce fino a tre. La porta si riaprì ed il professore prese la borsa dimenticata secondo copione, farfugliando una scusa indecifrabile.
Risero fino ad ora di pranzo, questa volta in tre.
“Ma quella non è Caterina?” disse Evelyn sottovoce a Nicola che stava scorrendo il menu per decidere che pizza mangiare quella sera.
“Sembrerebbe lei, in effetti. Mio Dio: ma come si è conciata?”
La ragazza in questione aveva i capelli tinti di un colore rosso acceso con riflessi violacei ed era magrissima, aveva il piercing al naso e sfoggiava vistosi tatuaggi sul collo e sugli avambracci.
“Ora provo a salutarla da qui; se è lei magari mi risponde.”
Era effettivamente Caterina, l’ex ragazza di Eros. Quando vide il cenno di saluto di Evelyn si alzò e li raggiunse.
“Ciao raga. Come butta? Posso sedermi un attimo con voi?”
Nicola si alzò e scostò educatamente la sedia sorridendole con cautela.
“Ciao Caterina. Scusa ma ti abbiamo riconosciuta a stento. Ci sono stati dei cambiamenti epocali, a quanto vedo…” disse Evelyn tentando di nascondere in qualche modo la sorpresa.
“Beh, in effetti si. Sto frequentando nuovi amici ed ho deciso di cambiare stile di vita. Sono andata ad abitare con loro; stiamo a Messina, in un appartamento nei pressi dell’Università dove mi sono iscritta. Siamo in quattro, ci divertiamo un mondo. Ci facciamo anche una canna di tanto in tanto, non ho dato nemmeno un esame fino ad ora. Fanculo gli esami, la vita è bella e va goduta: non trovate?” disse grattandosi la testa e guardandoli con fare provocatorio.
“Beh, insomma…se non avessi dato gli esami a tempo debito ora non avrei un titolo di studio, un lavoro ed un futuro abbastanza roseo” rispose Nicola per difendere le proprie posizioni.
“Già, dimenticavo: il bravo ragazzo, la testa sulle spalle, lo studio ed il lavoro. Roba stucchevole, a mio avviso. Voglio godermi la vita. Eros?”
“Non credo che la cosa ti riguardi!” rispose Evelyn pronta a litigare. Ancora non le aveva perdonato di aver mollato il fratello per delle ragioni, a suo modo di vedere, alquanto inconsistenti ed egoistiche.
“Hai ragione, non me ne frega niente; avevo chiesto così, tanto per dire qualcosa. Vi lascio, vedo che non è aria. Buon proseguimento di serata” disse alzandosi e tornano dagli amici sculettando.
“Stronza!” borbottò Evelyn di malumore.
“Effettivamente non posso darti torto, mia furente Evy!”
“Mi ha rovinato la serata. Andiamo via!”
“Ma che figura ci facciamo? Fa finta di niente, dimenticala.”
Verso le undici entrarono nel locale due uomini con fare circospetto, vestiti di scuro e con aria risoluta. Si avvicinarono al tavolo di Caterina e, dopo un breve conciliabolo, uscirono tenendo per il braccio la ragazza ed un suo amico. Nicola riconobbe uno dei due uomini, un poliziotto che abitava a Spilinga. La situazione era chiara; Evelyn aveva un’espressione di trionfo sul volto.
“Improvvisamente la serata è decollata, evvai!” disse scoccando un bacio a Nicola che poi sorrise tristemente, pensando a come le cose potessero cambiare in un batter d’occhio.
“Non reggo più, non ce la posso fare. Questa cosa mi sta distruggendo!” disse Eros alla madre che intanto stava versando il caffè nelle tazzine.
Valentina, con aria preoccupata, si avvicinò al figlio e, dopo avergli fatto una carezza, gli porse il caffè fumante e sedette accanto a lui.
“Vuoi parlarmene? Ti farebbe bene sfogarti, sono tua madre: chi ti può capire meglio di me o voler bene più di me? Avanti, sputa il rospo!”
“Oh mamma, tu non sai…Ho paura di tutto ormai. Ho degli incubi spaventosi, non riesco a dormire. Non ho più voglia di andare a mare dopo quel che è successo, non riesco a concentrarmi sul lavoro, vedo solo nubi nere sul mio futuro, un futuro che grava sulle mie spalle come un macigno e sta tentando di schiacciarmi” disse il ragazzo guardando il caffè senza alcuna voglia di berlo.
“Ma cosa dici? Perché ti lasci abbattere dagli eventi? Credi che per gli altri la vita sia facile? Tu sei sano e forte, bello ed intelligente; grazie a Dio non hai problemi finanziari, hai un lavoro ed un’attività già avviata, una famiglia unita che ti segue in tutto e per tutto, tanta gente che ti vuol bene. Da dove viene fuori tutta questa paura di vivere?”
“Ma non ti rendi conto che oggi come oggi non sono né carne né pesce…” disse Eros scoppiando poi subito a ridere di un riso amaro per l’evidente allusione al suo stato attuale insita in quella vecchia citazione.
“Tesoro mio, cosa dovrebbe dire un ragazzo ammalato di leucemia acuta? Oppure uno che in seguito ad un incidente dovesse perdere per sempre l’uso delle gambe? Oppure un ragazzo abusato da un genitore o peggio ancora. La lista è lunga, mi sa…”
“Lo so, hai ragione in tutto e per tutto. Non dovrei lamentarmi di nulla ma…il malessere ormai è dentro di me. Una fiammella tenue che, quando meno te lo aspetti, si ravviva e brucia tutte le mie speranze lasciandomi sommerso dal panico, con l’animo carbonizzato, devastato!”
“Non credi di esagerare? Vuoi dirmi cosa ti tormenta? Sputa l’osso!”
“Non so bene, ti ripeto. Ho paura di deludervi tutti, ho paura di far del male a Sabrina, di farla soffrire, di non essere all’altezza di poter condurre una vita lavorativa ed affettiva normali. Mi spiego?”
“Vuoi che ti fissi un’ appuntamento con quella mia amica psicologa di Vibo Valentia?”
“E cosa le racconto? Che un pesce palla mi ha distrutto la vita? Che potrebbe mai dirmi? Non esistono altri casi come il mio, sono unico. E disperato” disse il ragazzo prendendosi il capo tra le mani sempre più sconsolato.
“Il problema è Sabrina? Sii chiaro.”
“Forse c’entra anche lei, si. Non vorrei legarmi sentimentalmente in questo momento. C’è qualcosa che non gira come vorrei; forse dipende da me, forse da lei, forse sento troppa differenza culturale tra noi, è troppo lontana. Insomma non riesco ad essere sereno ed in questo preciso momento è un problema che si aggiunge agli altri, mi spiego?”
“Si, perfettamente. Parlane con lei, non lasciare che le cose vadano in rovina senza far nulla. Sii onesto, con lei e con te stesso. Magari hai solo bisogno di restare un po’ da solo, magari non è la donna giusta per te e viceversa.”
“Tu dici che dovrei parlargliene subito? E se poi mi dice che per lei era solo un capriccio? Che era solo una scappatella? Mi darebbe una ulteriore mazzata.”
“Se è così tanto meglio! Se è solo un capriccio preferibile saperlo subito. Ed il tuo umore ne trarrebbe sicuramente profitto. Parlale con il cuore in mano; la dolcezza è la soluzione, l’onestà è l’abito da indossare in amore.”
“Grazie mamma. Lo farò al più presto, non dubitarne” disse Eros dandole un bacio prima di uscire di casa apparentemente sollevato.
“Che hai stamattina? Non hai detto una sola parola, sei scura come una nube temporalesca. Avanti, parla” disse Nicola guardando preoccupato Sabrina. Quando era giunto al lavoro l’aveva trovata già intenta a prendere appunti. La penna biro tutta morsicata era la prova evidente del suo nervosismo ed i capelli spettinati non erano una cosa consueta in quella ragazza così ordinata e quieta.
“Non ho dormito questa notte, tutto qua” rispose la ricercatrice con tono indifferente.
“Dimmela giusta. Non puoi raggirarmi, lo sai. Ti conosco come le mie tasche. Che succede Sabri?”
“Mi ha piantata.”
“Chi: Eros?”
“E chi: mio nonno?”
“Come sarebbe a dire mi ha piantata? Così, di punto in bianco?”
“Si, così, di punto in bianco. Vuole un periodo di riflessione, come si dice in genere. E’ fuori fase, ha bisogno di vederci chiaro, è un brutto periodo, bla bla. Solite frasi di circostanza per indorare la pillola ma il succo è lo stesso: non vuole più saperne. Ci siamo tolti lo sfizio entrambi. Ma dentro di me sapevo che non poteva funzionare, me lo sentivo che era solo questione di tempo.”
“Mi dispiace Sabri; a me non ha detto nulla!”
“Non preoccuparti Nico; la vita continua. Ti ripeto: è stato uno sfizio, nulla di importante. Spero che tutto vada bene per lui perché effettivamente non sta attraversando un bel periodo. Poi tu magari mi farai sapere se e quando starà meglio. Adesso concentriamoci sul lavoro; Flora dovrebbe giungere a momenti e vorrei portarla in laboratorio per terminare l’analisi di alcuni campioni che dovrebbero rivelarsi interessanti.”
“Come desideri. Vuoi uscire con me stasera? Per distrarti un po’…”
“Non saprei; magari più tardi ti dirò” rispose Sabrina dedicandosi nuovamente al suo lavoro.
Flora giunse poco dopo; era stata dal parrucchiere e sfoggiava una capigliatura bionda e vaporosa che metteva in risalto i suoi lineamenti sottili. La gonna corta e le calze nere le davano un’aria di femminilità aggressiva che Nicola non aveva rilevato in precedenza.
“Buongiorno; scusate il ritardo ma oggi mi andava di farmi bella!” disse entrando accompagnata da una nuvola di profumo che s’impose prepotentemente nell’aria ferma dello studio.
“Perbacco: come sei bella oggi!” si lasciò sfuggire Nicola guadagnandosi subito un’occhiataccia da Sabrina.
“Grazie Nicola; anche tu stai molto bene in giacca e cravatta” disse la ragazza che andò a dargli un bacetto sulla guancia.
“Di nulla, figurati, è la verità. La sai la novità: oggi laboratorio con la dottoressa.”
Flora li guardò delusa. “Tu non vieni con noi?”
“Io dovrei occuparmi di un altro lavoro, sul plancton” rispose Nicola guardando preoccupato Sabrina.
“Possiamo invertire le parti, se volete!” fu il commento un po’ acido della ricercatrice.
“No, no, va benissimo così. Vi chiedo scusa se ho detto qualcosa di sbagliato…” tentò di rimediare la studentessa.
“Oggi Sabrina è un po’ tesa, ed ha i suoi buoni motivi. Non preoccuparti Flora, non è successo niente” rispose Nicola per ristabilire la quiete lanciando uno sguardo implorante a Sabrina che scoppiò a ridere.
“Andiamo in laboratorio, non perdiamo altro tempo. Oggi vorrei andare a casa presto a farmi bella; per stasera ho un invito e non voglio sfigurare” aggiunse Sabrina guardando Nicola con aria di complicità.
Nicola alle otto in punto era sotto casa di Sabrina e rimase a bocca aperta quando la sua collega uscì dal portone di casa e sedette al posto del passeggero nella Fiat Panda.
“Ammazza! E dove devi andare vestita così?” disse Nicola guardandola ammirato.
“Il nostro primo appuntamento: dovevo uscire con i jeans e la felpa? Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedermi in ‘modalità fascino’ e mi sono adeguata. Certo: non sono abituata ai tacchi così alti ma tu sei un cavaliere, mi aiuterai a non crollare” rispose Sabrina sorridendo.
Era davvero bellissima; elegante, provocante, profumata. Nicola respirava a stento per non sciupare quel momento.
“Quando avrai finito di perlustrare ogni centimetro delle mie cosce e del mio decollete potresti anche mettere in moto e portarmi a cena” disse lei.
Dopo un momento di imbarazzo la macchina partì rischiando di fare un incidente con una moto; il motociclista fece il gesto delle corna a Nicola che incassò mormorando scuse a fior di labbra.
“Oggi Flora non ha fatto altro che parlare di te tutto il tempo; hai fatto colpo sulla piccola, sai?”
“E’ per questo che ti sei vestita così? Per puro spirito di competizione tra donne? Perché volevi mettermi in imbarazzo?”
“Perché sono stufa di essere trattata come una professoressa asessuata dedita solo alla ricerca, stufa di essere scaricata da voi maschietti o, peggio ancora, di non essere nemmeno considerata come una donna!”
“Ascolta Sabri, io comprendo che sei un po’ arrabbiata per come sono andate le cose con Eros ma non vedo perché devi reagire così! Se vuoi posso riaccompagnarti a casa oppure…”
“Stasera ho voglia di stare insieme a te, di ubriacarmi e di andare a ballare e…”
“Sabrina, forse è meglio che ti riaccompagni. Non sei in te e non vorrei…”
“Andiamo! Non mollarmi proprio ora, non questa sera: hai capito? Vuoi che ti firmi un documento che ti sollevi da ogni responsabilità per quello che potrebbe accadere?”
“Non ho portato dietro il modello prestampato. Scherzavo, dai. Va bene, faremo come tu vuoi.”
Nicola scelse un ristorantino sul mare nella zona di Baia, un posticino tranquillo dove cenarono a lume di candela guardando le luci tremolanti sull’acqua nera come inchiostro.
Bevvero una bottiglia di prosecco ghiacciato ed anche un limoncello.
Sabrina era radiosa e, ad onor del vero, tutti la guardavano perché era proprio una bella ragazza. Nicola era a tratti infastidito dalle occhiate degli altri uomini, a volte un po’ troppo sfacciate.
Verso le 23,30 decisero di andare a ballare in un locale della vicina Pozzuoli; trovarono parcheggio facilmente e seguirono il viale in salita costeggiato da luci tremolanti e surreali che agevolavano il tragitto.
“Non sei abituata a bere, guarda come barcolli” disse Nicola mentre Sabrina gli si aggrappava al braccio come un peso morto.
“Stasera imparerò; voglio scolarmi almeno altri due o tre cocktail”
“Sei fuori di zucca! Poi starai male e vomiterai.”
“E a te che te ne frega? Animo, Lancillotto, scorta la tua Ginevra fino in vetta!” disse ridendo Sabrina.
Ballarono fino a sfiancarsi; la musica disco degli anni ’80 si rivelò irresistibile e Sabrina riuscì a mandar giù un solo rum e coca.
Quando andarono a buttarsi sul primo divano libero Sabrina appoggiò la testa sulla spalla di Nicola e gli prese la mano.
“Facciamo finta di essere fidanzati, dai!”
“Sabrina, ti prego, non fare cose di cui poi potremmo pentirci. Finora tutto è andato bene, non complichiamoci la vita” disse Nicola ma con la scarsa convinzione dovuta all’ebbrezza alcolica.
“Mio fido Lancillotto: c’è una fanciulla da salvare. Un brutto mostro la vuole aggredire, difendi la pulzella in nome dell’onore!”
Cominciarono a ridere a crepapelle, coperti dalla musica assordante, colpiti ad intervalli dalle luci stroboscopiche e dai fasci laser che percorrevano il locale creando un’atmosfera alquanto surreale; sembrava di essere in un film.
“Andiamo a casa” disse all’improvviso Sabrina.
“Ti accompagno subito” disse Nicola aiutandola ad alzarsi.
“A casa tua, non a casa mia!” puntualizzò la ricercatrice e fattasi improvvisamente seria continuò.
“La smetti di fare l’idiota? Lo vuoi capire una buona volta che sono fottutamente innamorata di te? Che Eros è stata un’avventura nata per caso ma lo scopo inizialmente era solo quello di farti ingelosire? Che non ce la faccio più a starti vicino senza un domani, ecco, l’ho detto finalmente: ora o mai più!”
Sabrina scoppiò a piangere ed abbracciò Nicola, scossa dai singhiozzi.
Nessuno li guardava; restarono così per cinque minuti buoni.
“Andiamo via” disse lui reggendola per un braccio e porgendole un fazzoletto di carta per pulire il trucco sciolto che le aveva impietosamente rigato il viso.
“Blade Runner…sembro l’attore di Blade Runner nella scena finale, vero?” disse lei.
“Sei bellissima. Ed io sono l’uomo fortunato che ha avuto il piacere e l’onore di esserti accanto questa sera” rispose Nicola cercando l’auto nel parcheggio che nel frattempo si era riempito fin quasi a scoppiare.
“Nicola, scusami, non so cosa mi è preso, sono una sciocca, sono ubriaca, mi sento sola. Ho sporcato la nostra bella amicizia in un attimo di follia…”
“Non rinsavire proprio adesso, ti prego!” disse Nicola mettendo in moto ed uscendo con cautela dal parcheggio.
“Dove mi porti?”
“A casa mia, dove vuoi che vada?” rispose Nicola attirandola a se e stringendola tremante. Finalmente tutto era chiaro.
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