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Emergenza coronavirus: l’opinione del prof. Di Bella

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Il prof. Saverio Di Bella

 

Debbo confessare che resto stranito di fronte ad alcune decisioni e ad alcune discussioni – e relative motivazioni – avanzate da alcuni politici italiani nel corso di questi mesi, condizionati dalla necessità di fare fronte alle sfide del coronavirus.
Voglio restringere le osservazioni solo all’Italia, prendendo a modello la Calabria, non perché a livello mondiale non ci siano perle di scempiaggini, ma soltanto perché quelle scempiaggini – spero che così sia –  da noi hanno ricadute meno evidenti.
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Va fatta una precisazione preliminare.
Nel nostro Paese si evidenziano e hanno preso corpo due linee politiche.
La prima è quella di chi consiglia prudenza. Di questa linea sono esponenti principali: il Presidente del Consiglio Conte e il Governo, con l’aiuto intelligente e super partes del Presidente della Repubblica e del Sommo Pontefice, Papa Francesco. Questa linea nasce oltre che dalla consapevolezza della necessità della cautela nell’affrontare un nemico sconosciuto all’inizio e poco noto ancora oggi; dalla scelta – umile e coscienziosa, civile e responsabile – di ascoltare i consigli di chi, per i  saperi scientifici di cui è dotato, è il più idoneo a dare consigli: virologi, medici, scienziati.
La seconda linea è rappresentata dai politici senza umiltà e che sanno tutto, perché ritengono di gestire potere e non hanno coscienza di essere ignoranti. Questi ultimi si sono scatenati. Qualcuno di loro parla a nome dell’Italia produttiva; qualche altro a nome dei parrucchieri e dei gestori di alberghi; qualcun altro ancora si ritiene portavoce dei morti e ci comunica quello che i morti ci chiederebbero di fare.
I responsabili del groviglio burocratico che inceppa il Paese – la Lega che governa dagli anni ’90 l’Italia; Matteo Renzi che ha governato per tre anni questo Paese – attaccano il Governo attuale perché i soldi non sono ancora arrivati nelle tasche degli italiani e perché i lacci e i laccioli della burocrazia frenano tutto e tutti.
Coloro i quali hanno pensato che i problemi che abbiamo con la Comunità Europea si sarebbero risolti battendo i pugni sul tavolo e facendo la voce grossa, non possono accettare che un mite come Conte, che non batte i pugni e non alza la voce, con il suo Governo fatto a sua volta da Ministri che preferiscono la forza della ragione al randello della forza, stiano concludendo e costruendo insieme all’Europa una politica comune che affronti un’emergenza che richiederà investimenti per due/tre mila miliardi di euro.
E non hanno commentato lo sforzo di alcuni Paesi europei – Italia, Germania, Francia, Norvegia – che hanno creato una rete per finanziare con 7 miliardi e mezzo di euro una ricerca comune che dovrebbe – nelle speranze di tutti – portare alla creazione di un antivirus da offrire a tutta l’umanità, come strumento idoneo a superare definitivamente la pandemia.
Una lezione di civiltà medica e civile questa offerta dall’Europa attraverso l’iniziativa di alcuni dei suoi Paesi fondatori e non, ai quali, spero, si uniranno altri Paesi dentro e fuori i confini della Comunità Europea.
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Ma andiamo alla Calabria.
La Presidente della Regione, Jole Santelli, ha trovato un formidabile deus ex machina da identificare – per chi non l’avesse capito – in un Senatore nato in Lombardia, eletto in Calabria e che quindi incarna l’unità del nostro Paese: Matteo Salvini.
Il genio politico di Salvini ha già avuto modo di manifestarsi in Calabria, attraverso la presenza al suo fianco di personaggi e di collettori di voti che tutti i calabresi conoscono bene.
La Santelli è, invece, assurta agli onori della cronaca politica nazionale e internazionale allorché il Cavaliere Berlusconi, in un famoso comizio tenuto a Tropea durante le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale, trovò il modo per presentarla come donna piena di virtù.
Eletta alla Presidenza, ha meditato a lungo prima di scegliere gli assessori e i collaboratori; anche perché qualcuno degli eletti non ha neanche potuto insediarsi come consigliere regionale in quanto si è scoperto che i voti necessari alla sua elezione erano venuti dalla ndrangheta. Il candidato in questione e la sua abortita elezione appartenevano ad una lista che ha appoggiato la Santelli.
Un piccolo trauma brillantemente, superato attraverso la conferma di un accordo di ferro e la digestione collettiva del rospo – rappresentato dai voti della ndrangheta – che vede marciare uniti e compatti sotto la guida della Presidente, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia.
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La Santelli ha doti acrobatiche ammirevoli: non ha paura dei salti di fosso programmatici o delle contraddizioni tra l’oggi e il domani.
Così fino a due giorni fa era una strenua sostenitrice della chiusura della Calabria erga omnes, inclusi i calabresi che studiano al di fuori della Calabria e dei calabresi che lavorano oltre i confini della Regione. Non avrebbero potuto rientrare e, se rientrati clandestinamente, avrebbero dovuto fare la quarantena.
Alcuni Comuni della Regione sono stati dichiarati zona rossa: proibito entrare, proibito uscire. Tutti i servizi – bar, ristoranti, negozi, parrucchieri etc. – chiusi. Appariva più dura del Governo, accusato, infatti, di essere troppo benevolo. Poi, improvvisamente, l’illuminazione: la Calabria sarebbe stata la prima Regione ad aprire ristoranti, alberghi, bar e quindi a dare sfogo e spazio agli spostamenti delle popolazioni interne alla Calabria e agli alberghi, per movimentare il turismo.
La motivazione è eccezionale: se noi stiamo fermi (è il concetto della Santelli), arriva la ndrangheta. La Presidente ci ha dato una notizia sensazionale: nelle attività turistiche, negli alberghi, nella ristorazione la ndrangheta non c’è. Per meglio dire non c’è ancora. Se dovesse arrivare la responsabilità non è di chi ha amministrato ed amministra la Regione, ma è del Governo Conte che tiene strette le redini dell’apertura delle attività turistico-alberghiere e di ristorazione, senza dare i contributi promessi.
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Alla Presidente, battagliera e tetragona ai richiami del Ministro per gli affari regionali e delle autonomie – Francesco Boccia-, e sorda ai richiami e ai rimbrotti del Presidente del Consiglio dei Ministri – Conte –  nulla fa impressione: è pronta a rispondere al Governo e ai suoi Ministri, non solo presso il Tar  ma addirittura presso la Corte Costituzionale.
Non sappiamo ancora come risponderà ai tanti Sindaci, inclusi i Sindaci espressione della destra (es. i Sindaci di Catanzaro e di Vibo Valentia) che hanno rifiutato apertamente di applicare la sua ordinanza.
Sarà un sospetto malizioso, ma ritengo che la Santelli pensi già di mettere in piedi una polizia regionale, che risponda soltanto a lei, con la quale controllare gli amministratori locali che osano disubbidire alle sue ordinanze. E rimpiangerà fortemente che il Ministro degli Interni non sia ancora il suo sponsor Matteo Salvini, che le avrebbe certamente messo a disposizione l’arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato.
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La Santelli e altri Presidenti di Regione colpiti dal virus dell’irresponsabilità verso i propri concittadini e verso la Repubblica, non si rendono conto che hanno un terreno sul quale dimostrare la propria capacità gestionale e su cui hanno potere garantito dalla Costituzione: quello della sanità.
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Ci farebbe piacere sapere qual’è il piano sanitario regionale sul quale la Santelli garantisce ai calabresi e ai turisti, che dovessero venire in Calabria, il diritto alla salute. Dove sono e da chi sono rappresentati i presidi territoriali di pronto intervento e di prevenzione, soprattutto nelle località che nella stagione turistica moltiplicano per 10/20 volte e più i propri abitanti: es. Tropea, Capo Vaticano, Pizzo, Praia a Mare, Cirò, Isola Capo Rizzuto, Soverato etc.?
Quali sono le reti ospedaliere messe a norma e riaperte da Vibo Valentia a Lamezia Terme, da Soveria Mannelli a Corigliano-Rossano a Locri, a Palmi, a Rosarno?
La Santelli si rende conto e sà che l’eventuale ripresa o espansione del coronavirus in Calabria sarebbe un disastro inimmaginabile, proprio perché i suoi predecessori e lei hanno abbandonato la sanità pubblica alla distruzione, alla destrutturazione e – soprattutto – a pascolo abusivo della ndrangheta?
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Cara Presidente, io sono calabrese ma sono residente in Sicilia. Avessi votato in Calabria – debbo confessarlo per chiarezza – non avrei votato per lei o per la destra. Ma ho, per lei e per il Consiglio Regionale, il rispetto istituzionalmente dovuto a voi tutti. Il rispetto non significa però – non fatevi illusioni – assoluzione preventiva delle scelte sbagliate o delle insufficienze che dovessero emergere.
Io e tutti e calabresi, anche quelli che siamo fuori dalla Calabria, amiamo questa terra e facciamo parte di questo popolo, giudichiamo come sempre chi amministra dai risultati e dall’intelligenza, oltreché dall’impegno profuso.
Buon lavoro. E pensi con la sua testa e con quella dei calabresi.
Saverio Di Bella

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