“Superfish” di F. Costa (inedito) – Cap.11

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Fortunato Costa

L’undicesimo capitolo del libro “Superfish” di Fortunato Costa (Mario Vallone Editore)

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Capitolo 11

“Chi l’ha visto per ultimo?”

“Io; mi ha salutato mentre stavo uscendo dal bagno per recarmi al negozio ed abbiamo preso il caffè insieme; da quel momento è scomparso” rispose Evelyn accarezzando la mano di Nicola per trarre conforto da quel gesto affettuoso.

“Abbiamo chiesto a tutti quelli che conosciamo; siamo anche andati dai pescatori ma loro ci hanno giurato che non l’hanno visto e che non gli hanno fatto niente di male” disse Valentina con gli occhi umidi.

“Siamo disperati. Da domani i carabinieri cominceranno le indagini per scoprire dove si è cacciato. Mi farà morire quel ragazzo…” disse Antonio.

Erano tutti seduti in salotto e l’albero di Natale era spento, così come il presepe; normalmente la magia delle luci e degli addobbi esercita un effetto dolce e malinconico sull’animo della gente: in quel caso era quasi fastidioso guardare quei simboli con l’angoscia di non sapere cosa fosse accaduto ad Eros.

“Ho come il presentimento che sia andato a mare, che abbia nuotato a lungo e…non voglio pensarci!” disse Nicola stringendo più forte la mano di Evelyn.

“Andiamo a cercarlo, non perdiamo altro tempo. Tu sai meglio di chiunque altro cosa gli passa per la testa, conosci le sue abitudini. Fatti venire qualche idea!” disse Sabrina guardando fuori della finestra e percorrendo con lo sguardo acuto la linea dell’orizzonte tra mare e cielo.

“D’accordo. Andiamo io e Sabrina; voi restate a casa per seguire gli sviluppi della situazione. Se dovessimo scoprire qualcosa vi contatteremo subito. Ovviamente voi farete altrettanto; mi raccomando Evelyn, non cedere allo scoramento. Forza e coraggio!” disse Nicola uscendo con l’amica.

“Andiamo sulla spiaggia, su tutte le spiagge per prima cosa. Magari scoviamo una traccia, un indizio utile…”

Cominciarono da Santa Maria, poi Grotticelle, il Tono, Riaci, la spiaggia dell’isola.

Quando la stanchezza cominciava a farsi sentire e stavano per deporre le armi a Sabrina venne in mente di andare al porto.

“Ma non ci siamo mai stati! Ad Eros non sarebbe mai venuto in mente di…la barca! La barca del padre di Eros: potrebbe averla usata per qualche motivo. Andiamo!” esclamò Nicola trascinando letteralmente Sabrina fino all’autovettura.

Parcheggiarono fuori del cancello ed entrarono negli uffici dell’amministrazione, sulla destra.

“Desiderate?” chiese loro un’impiegata con voce gentile, seduta davanti ad una serie di schermi collegati alle telecamere di controllo delle varie sezioni portuali.

“Buongiorno, ci scusiamo per l’invasione. Per caso avete visto Eros Caroni? Oppure sapete se la barca è qui al porto od è uscita?”

“Non teniamo questo genere di controllo; posso dirvi però dove è ormeggiata. Al molo 3, numero 67. Potete andare a controllare; fatemi sapere” disse alzandosi per congedarli.

La barca non c’era; le cime di ormeggio penzolavano nell’acqua e le scarpe di Eros erano lì per terra, accanto alla canna dell’acqua.

“Bingo!” esclamò Nicola. “Dunque ha preso la barca ed andava di fretta; ed ora?”

“Ed ora dovremmo recarci alla capitaneria di porto per lanciare le operazioni di ricerca e di eventuale salvataggio” rispose Sabrina.

“Salvare Eros in mare? Mi sembra così improbabile; uno che riesce a stare in apnea per ore a 400 metri di profondità. Non so proprio come comportarmi, non riesco a concentrarmi, sono proprio un imbranato!” esclamò Nicola mettendosi le mani nei capelli.

“Vieni, ci penso io” disse Sabrina. Il telefono di Nicola squillò. Era Evelyn.

“Nico, forse abbiamo notizie di Eros. Ci hanno telefonato proprio ora dalle Eolie, da Lipari. Un ragazzo biondo in stato di semi incoscienza è stato recuperato nei pressi di Stromboli dalla guardia costiera e trasportato all’ospedale di Lipari. Pare che abbia detto di chiamarsi Caroni e di essere di Tropea. Ci hanno rintracciati grazie a questi indizi.”

“Ma che cavolo! Devo sempre andare in ospedale a recuperare Eros, a quanto pare! Mi sembra che qui si stia esagerando!” disse Nicola arrabbiandosi più per la preoccupazione che per il fatto in se stesso.

“Vieni a casa subito; andremo a Lipari tutti insieme, dobbiamo fare in fretta. C’è un traghetto che parte alle 14,00 da Reggio Calabria. Vi aspettiamo.”

Quando giunsero sotto casa dei Caroni trovarono Antonio ed Evelyn già in macchina ad attenderli. Valentina doveva badare al negozio e non avrebbe potuto andare con loro.

Presero il traghetto proprio mentre stava per staccarsi dalla banchina e giunsero a Lipari dopo tre ore di navigazione con mare discretamente mosso.

Giunsero al caseggiato di colore giallo passando accanto alla pista di atterraggio dell’elicottero, che al momento era a riposo con le pale afflosciate come se fossero stanche, e dopo aver attraversato l’ampio portale di pietra grigia, si recarono al punto di primo soccorso e triage per ottenere informazioni di prima mano.

“Caroni? Si, è ricoverato al primo piano. Fate piano, mi raccomando” disse un’infermiera con il viso stanco.

Eros era a letto e non aveva di certo una bella cera. Aveva la febbre alta ed i capelli scarmigliati.

“Che ti è successo fratellino?” disse Evelyn avvicinandosi al letto e prendendogli una mano con fare amorevole.

Antonio rimaneva in silenzio, sicuramente stordito dagli eventi e dalla paura di trovare Eros in una situazione di estrema gravità come qualche tempo prima.

“Meno male che siete qui” disse il ragazzo provando a sollevarsi dal giaciglio per poi ricadere subito con una smorfia di dolore.

“Devi smetterla di farci piombare in ospedale perché ti è successo qualcosa di brutto. Sta diventando un’abitudine!” lo rimproverò Nicola, tra il serio ed il faceto.

“Hai ragione, amico mio. Ma quando vi racconterò cosa mi è successo stenterai a crederci, vedrai” rispose Eros con l’imitazione di un sorriso sulle labbra secche.

Antonio, finalmente rassicurato dal fatto che Eros fosse sveglio ed in grado di ragionare, sedette di schianto su di una delle due sedie di formica accanto al letto e si prese la testa tra le mani con l’intenzione di nascondere le lacrime di sollievo.

“Sedetevi accanto a me, non mi da fastidio, anche sul letto va bene.”

“Da quanto tempo sei qui?”

“Da ieri mattina, se non ricordo male. Ero incosciente quando mi hanno portato qui con la barca veloce della guardia costiera; non ricordo niente da quando mi hanno tratto in salvo nelle acque vicino Stromboli…”

“E la barca?” azzardò Nicola.

“Non ne ho idea. Sarà andata distrutta, sicuramente” rispose Eros guardando il padre per scrutarne le reazioni a questo proposito, reazioni che non ci furono.

“Ma cosa è successo? Si può sapere?” chiese Sabrina che fino a quel momento era stata testimone silenziosa.

“E’ successo che le orche hanno assalito dei capodogli. Una guerra. Stavo andando al negozio e, come al solito, sono andato un attimo a salutare il mare. Ho sentito le urla di guerra delle orche e la reazione dei capodogli.

Quando ho capito che la cosa era seria sono andato al porto, ho messo in moto la barca e li ho seguiti. A nuoto non ce l’avrei mai fatta a stargli dietro: sono troppo veloci!”

“Tu sei pazzo!” disse Antonio. “Senti le balene che urlano e fanno la guerra, ti precipiti con la barca per partecipare alla battaglia, distruggi tutto e devo venire a recuperarti in un letto d’ospedale…”

“Forse sarà il caso che le spieghiamo tutto, signor Caroni” disse Nicola “ma vorremmo prima sentire tutta la storia. Le chiedo di avere solo un po’ di pazienza e comprensione. Tutto le sarà chiaro, dopo. Continua, Eros…”

“La causa che ha scatenato la battaglia è stato il fatto che le orche ed i capodogli si sono lanciati sullo stesso enorme branco di pesce, al largo di Tropea. Le orche non erano mai venute da queste parti a nutrirsi ed i capodogli sono animali molto scontrosi, quasi gelosi del tratto di mare che occupano. I capodogli erano divisi in due gruppi diversi; qui a Tropea si trovavano un maschio, due femmine e due cuccioli. Il gruppo più numeroso era in prossimità dello Stromboli, a circa 30 miglia di distanza. Quando le orche hanno attaccato le femmine e ne hanno uccisa una, il resto del gruppo si è diretto velocemente verso le Eolie. Uno dei cuccioli di capodoglio, rimasto indietro, è stato attaccato e mangiato a morsi dal maschio delle orche che ha fatto a tempo anche a ferire l’altra femmina.

Io sono riuscito con la barca a frappormi tra gli inseguiti e gli inseguitori; questi non hanno gradito l’intrusione e mi hanno attaccato malgrado io tentassi di farli ragionare…”

Eros si accomodò meglio e dopo un lamento riprese il racconto.

“A circa un miglio da Stromboli, dal lato dove la lava cade in acqua, i capodogli dell’altro gruppo hanno sentito le grida disperate dei compagni che invocavano il loro soccorso e si sono gettati nella mischia. Il maschio dominante dei capodogli era una bestia immensa, feroce e poderoso. In breve le uniche due orche sopravvissute, il cucciolo e la femmina ferita, sono scappate mentre le balene facevano scempio del maschio e dell’altra femmina. Io mi sono salvato per miracolo; un potente colpo di coda ha sfasciato l’imbarcazione e mi sono ritrovato in acqua, risucchiato nei vortici generati nella confusione, ferito ad un piede.

Perdevo sangue; sono giunti gli squali quasi subito. Erano verdesche e smerigli. Uno mi ha morso un paio di volte dopo di che non ricordo più nulla…”

Nel dire ciò Eros scostò la coperta e mostrò le ferite. Due lunghi squarci sul fianco ricuciti erano ben evidenti sulla pelle colorata di disinfettante  rosso.

“Mi hanno dato duecentoquaranta punti. Sono vivo per miracolo. Ho perso molto sangue, mi hanno fatto delle trasfusioni perché ero anemizzato ed in stato di shock. Ed eccoci qua.”

La giornata stava per volgere al termine e tutti decisero di ripartire l’indomani. Si fecero dare da un infermiere il numero di telefono di un hotel nei pressi dell’ospedale e prenotarono per quella notte.

“Signor Caroni! Ma allora Eros è suo figlio, non potevo immaginarlo.”

L’uomo in divisa strinse calorosamente la mano di Antonio che, nel frattempo, si sforzava di ricordare chi fosse mai quella persona.

“Probabilmente non si ricorda di me; ho acquistato le fedi nuziali da lei quando mi sono sposato. Sono il tenente di vascello della SAR, De masi.”

“Ah, si. Ora ricordo. Come va? Stava cercando me?”

“Si, vorrei scambiare due chiacchiere con lei in merito al naufragio se non le spiace. Accomodiamoci fuori, solo due minuti.”

Dopo aver preso due caffè al distributore automatico, il tenente disse: “Le hanno riferito che abbiamo ripescato Eros in alto mare dopo un naufragio? Abbiamo calcolato che il ragazzo è rimasto in acqua per almeno sei ore ma, pur essendo in pieno inverno, non mostrava segni di assideramento. L’acqua è fredda, una nuotata ci può stare, ma la permanenza per ore in stato di incoscienza è un miracolo. Le ferite dovute ai morsi degli squali avrebbero ammazzato chiunque ma quando l’abbiamo recuperato erano già quasi chiuse e non sanguinavano più. Quando lo abbiamo avvistato la nostra attenzione è stata richiamata da un branco di delfini che erano accanto a lui, due di essi lo sorreggevano per non farlo affogare. Che figlio ha lei?”

“Ah, ecco…non so spiegarglielo in modo appropriato. Forse sarebbe meglio che lei parlasse con il dottor Nicola Di Costanzo, un biologo marino che è anche il suo migliore amico e per noi è ormai come un figlio. Lo chiamo subito.”

Nicola spiegò con pazienza la vicenda di Eros, tralasciando di riportare alcuni particolari per paura di non essere creduto fino in fondo. Il tenente lo ascoltò senza interromperlo, attonito ed ammirato al contempo.

“Ma è un fenomeno! Potrebbe esserci molto utile nella lotta al bracconaggio!”

“Potrebbe tornare utile a un sacco di gente, lo comprendo, ma lui non vuole esporsi. E’ un ragazzo tranquillo, non ama calcare le platee ed ha paura di vivere  come un fenomeno da guinness dei primati. E’ fatto così, è Eros!”

“Potrebbe essere impiegato in uno di quei corpi speciali tipo seal team o assaltatori- guastatori della marina…”

“Lo escludo. Non è un tipo che ama la guerra. Anzi, vorrebbe risolvere tutti i conflitti, portare la pace ovunque in questo mondo sempre devastato dalla guerra!”

“Anche noi ci battiamo per la stessa causa, siamo dalla stessa parte, non crede? A volte rischiamo la vita in operazioni di salvataggio in condizioni meteomarine improponibili; cerchiamo di onorare la divisa che indossiamo tentando la via dell’accordo, non dello scontro. Ma in certi casi, si sa, qualcuno deve pur fare il lavoro sporco!”

“Mi rendo conto perfettamente e trovo ammissibile e condivisibile il suo punto di vista ma Eros non è disponibile, almeno per quanto ne so io.”

“Peccato, è un vero peccato.  Avrebbe potuto darci una mano con le catenarie e le reti fantasma nella pesca di frodo; qui alle Eolie è tutto un proliferare di questi attrezzi vietati che rovinano il mare ed i fondali!”

“Questo non lo escluderei a priori. Dovrebbe parlare con lui quando starà meglio e proporgli una cosa del genere, magari sarà interessato.”

“Grazie dottore, mi è stato molto utile. Se dovesse aver bisogno di me io sono il tenente De Masi” disse il militare porgendogli la mano.

Evelyn raggiunse Nicola e, scusandosi, lo tirò in disparte per parlargli sottovoce.

“Accidenti Nico, Eros non lo sa ancora ma gli hanno dovuto asportare la milza ed il rene sinistro, oltre ad un pezzo di intestino tenue, perché danneggiati irreparabilmente dai morsi. Ora chi glielo dice? Povero fratellino mio…”

“Ci penso io, non preoccuparti. Ci voleva pure questa! Troverò il modo giusto per non farglielo pesare eccessivamente. Andiamo da lui, forza!” rispose prendendola sottobraccio godendo di quel contatto caldo e confortante.

Nicola fu obbligato a spiegare tutto quanto anche al medico di turno, rimasto sbalordito dall’esito degli esami del sangue di Eros. Confessò che l’avevano operato d’urgenza perché rischiava di morire per emorragia interna ma se avesse avuto davanti subito quei dati avrebbe avuto qualche dubbio nel procedere ad un intervento così impegnativo.

Il medico, in ogni caso, se ne andò poco convinto mormorando sottovoce che al giorno d’oggi si vedeva di tutto e di più.

“Voglio tornare a casa” disse Eros a Sabrina che gli accarezzava la mano senza parlare, scossa dalle notizie appena ricevute, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

“Penso che ti dimetteranno tra qualche giorno, le ferite erano profonde ed hai bisogno di riposo per recuperare ed adeguate terapie per guarire. Abbi pazienza, non fare i capricci.”

“Se tu resti qui con me non farò i capricci, promesso.”

“Va bene, resterò accanto a te fino al giorno delle dimissioni. Mi sto mangiando tutte le ferie e quest’estate sarai costretto a venire a Napoli per stare un po’ insieme.”

“Non chiedo di meglio; ho una gran voglia di pizza, di frittura, di sfogliatelle…”

“Si vede che stai meglio; io quando non sto bene mi passa l’appetito” rispose Sabrina facendogli l’occhiolino. Eros le pizzicò il sedere di nascosto restituendole l’occhiolino. “Vedrai cosa ti farò quando mi rimetteranno in piedi!”

Sabrina arrossì e, sorridendo impacciata, gli sussurrò: “Sei un monello!”

“Se avete finito di tubare vorrei parlare con Eros, da solo se è possibile. Scusami.” Nicola si avvicinò al letto sorridendo e gli altri li lasciarono soli.

“Vecchia roccia, sei sicuro di avermi detto tutto? Vuoi raccontarmi come è andata per davvero?”

“E’ andata proprio come vi ho detto, credimi. C’è stata la battaglia, io ci sono finito in mezzo, gli squali mi hanno attaccato. La barca è colata a picco e sarà difficile, se non impossibile, localizzarla visto che il mare in quel punto è profondo migliaia di metri, credo tra i 1700 ed i 2500. Mi hanno riferito che sono stato praticamente salvato dai delfini ma io non ricordo niente di questo particolare, purtroppo.”

“Senti, devo darti una notizia un po’ spiacevole, ma preferisco essere io a comunicartela: sei pronto? Purtroppo ti hanno asportato la milza ed il rene sinistro ma questo non avrà alcuna conseguenza sulla tua sopravvivenza e sulle tue capacità globali. Ma che fai…piangi?”

“Piango, si, e non so nemmeno perché. Io volevo solo mettere pace, avevo buone intenzioni, evitare quel massacro. Tutto quel sangue, quelle urla, la ferocia degli attacchi. Ed ora mi ritrovo senza milza e senza un rene” disse Eros tra le lacrime.

“Devi essere forte, non è la fine del mondo. Vedrai che riuscirai a riprenderti bene e potrai fare tutto quello che facevi prima dell’incidente. Coraggio, amico mio, coraggio!”

“Sono solo un uomo, infine; un uomo che perde pezzi per strada.”

“Sei anche superfish, non dimenticarlo, e puoi fare ancora tante cose importanti nella tua vita. Non abbatterti, rimanda il futuro a quando sarai in grado di cambiarlo; per ora riposa, guarisci e sii positivo. Vuoi che resti qui con te?”

“No grazie, amico mio. Tu hai il tuo lavoro, i tuoi impegni. Sabrina mi ha promesso che resterà qui con me e sarà sufficiente. Come potrò mai ringraziarti per il fatto che mi sei sempre vicino nei momenti difficili? Ora capisco quel detto che recita ‘Chi trova un amico trova un tesoro!’, è vero” disse Eros asciugandosi gli occhi con un lembo del lenzuolo.

“Faresti altrettanto tu per me, lo so. Vado a chiamare gli altri” disse Nicola.

Antonio aveva la faccia scura, tirata; aveva saputo dell’asportazione degli organi e non l’aveva presa affatto bene.

Rientrarono tutti insieme nella grande camera a sei letti, di cui due vuoti. Un paziente molto anziano, magro come uno stecco e di un colore giallo itterico con la flebo inserita in una vena della mano, sorrise loro con la bocca sdentata e questo bastò a rialzare il morale di tutti.

‘C’è sempre di peggio’, pensarono tutti insieme senza saperlo.

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