“Superfish” di F. Costa (inedito) – Cap.3

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Fortunato Costa

Il terzo capitolo del libro “Superfish” di Fortunato Costa (Mario Vallone Editore)

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Capitolo 3

Il lunedì seguente Nicola era sul posto di lavoro alle dieci; aveva raggiunto la Stazione Zoologica viaggiando sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria a bordo della BMW di Eros; l’amico aveva insistito nel prestargli la sua auto e non c’era stato verso di fargli cambiare idea.

“Ti aspetto venerdì sera, quando arrivi a Tropea fatti vedere. Buon viaggio. Se succede qualcosa ti faccio sapere subito” gli aveva detto Eros la domenica sera mentre bevevano una birra fredda seduti a guardare il tramonto. Lo Stromboli, una delle sette isole delle Eolie che occupano circa 90 chilometri di mare, in lontananza sembrava un triangolo scuro spennellato di rosso. Il sottile pennacchio di fumo fuoriusciva instancabile dalla bocca del vulcano attivo.

Quando si dileguava la caligine, sempre presente nelle giornate calde e senza vento, sembrava di poterlo toccare con la mano malgrado distasse 32 miglia marine dalla Costa degli Dei calabrese.

La stazione zoologica era un bell’edificio classico di colore bianco, una solida struttura voluta a tutti i costi dal naturalista e zoologo tedesco Anton Dohrn, nato a Stettino, il quale, sull’esempio della città di Berlino, volle costruire a proprie spese un acquario a pagamento tutto suo e decise che Napoli era il luogo ideale per un’impresa del genere. Dopo varie insistenze con le autorità cittadine dell’epoca, si fece assegnare a titolo gratuito un terreno in riva al mare, a condizione di realizzare e mantenere con mezzi propri l’acquario ed il laboratorio.

La costruzione ebbe inizio nel 1872 e giunse a compimento dopo due anni, nel 1874, divenendo in breve uno dei centri mondiali più affermati di studio della biologia marina.

La struttura attualmente ospita trenta vasche e duecento specie viventi tra pesci e flora marina; recentemente ha inaugurato una sede a Portici, alle porte di Napoli, dove si svolgono ricerche sulle tartarughe marine. La nuova sede è dotata di sofisticate apparecchiature per l’analisi ambientale ed ospita un ambulatorio di chirurgia ed un servizio di radiologia per curare le tartarughe marine in difficoltà.

La stazione zoologica sorge nella Villa Comunale, una striscia di verde salvata dall’urbanizzazione dei secoli precedenti, risparmiata per garantire un polmone di verde lungo e stretto che costeggia il lungo mare di via Caracciolo, da una parte, e Riviera di Chiaia, dall’altra. Nei secoli precedenti la zona era la meta abituale di carrozze e cavalli che trasportavano dame e damerini a passeggio in riva al mare, uomini con bastone e paglietta e donne con ombrellini parasole, complicate gonne a balze e cappellini deliziosi.

Nicola aveva preso in affitto un piccolo appartamento, un bilocale, in un vicolo di Riviera di Chiaia, nel quartiere di Piedigrotta.

Affacciandosi dal piccolo balconcino e sporgendosi un poco si potevano ammirare parte del golfo di Napoli, il Vesuvio, un pezzetto di Castel dell’Ovo e Mergellina.

Ormai tutti lo conoscevano e lo salutavano con il calore tipico dei napoletani.

“Buongiorno, dotto’. Tutto a pposto? Site turnato? Ce pigliammo ‘o

ccafè ?”

Il custode della stazione zoologica, un simpatico vecchietto tuttofare di nome Carbone, stava pulendo il cortile con una scopa di saggina ed interruppe il suo lavoro per salutare Nicola ed offrirgli il caffè.

“Grazie Carbone, più tardi magari. Ora devo schizzare dentro perché manco da una settimana e sicuramente ho degli arretrati ad attendermi. A dopo.”

Quando raggiunse la sua scrivania, nello studio che divideva con un’altra ricercatrice, il ripiano era stipato di fogli, cartelline e corrispondenza inevasa. Accese subito il computer ed esaminò la casella della posta senza trovare nulla di interessante oltre ai soliti inviti a convegni improbabili, pubblicità varia ed inutile propaganda.

Lo squillo del cellulare lo fece sobbalzare e decise in cuor suo che doveva al più presto cambiare quell’orrenda suoneria. Il numero era quello di Eros ed il fatto lo fece preoccupare.

“Ciao Nicola. Tutto bene? Sei arrivato? Scusa se ti disturbo ma volevo dirti che mi accade qualcosa di strano e magari tu hai la spiegazione in una tasca. Tu sai che in questi giorni mi da fastidio la luce e sono costretto ad indossare perennemente gli occhiali da sole. Il fatto strano è che sto cominciando a vedere al buio. Non ridere, sono serio.

E’ come se avessi acquisito la vista a raggi infrarossi, come nei film o nei videogiochi, hai presente? Vedo le persone, gli animali e le piante in base al gradiente termico, o quello che accidenti è, e sono tutti verdastri con macchie di colore giallo e rosso. Mi rendo conto che questo non è normale…dimmi che cosa mi sta succedendo, ti prego…”

“Non ne ho la più vaga idea e non so cosa risponderti. Non trovo un nesso logico ma non significa che non ci sia. Lasciami un po’ di tempo per schiarirmi le idee e trovare una risposta. Tira avanti come meglio puoi e non spaventarti, a tutto c’è un rimedio tranne che alla morte. Ci sentiamo presto Eros, salutami tutti.” Nicola chiuse la comunicazione e si collegò in rete. Doveva cercare…ma cosa?

“Bentornato, Nico. Com’è andata la vacanza nella tua splendida Tropea? Ti sei riposato?”

Sabrina de Crescenzo, la brillante ricercatrice con cui condivideva lo studio e le ricerche, i progetti e le speranze, era appena entrata e lo guardava con un misto di curiosità ed affetto dietro gli occhiali tondi di metallo dorato che le conferivano un’aria di grande professionalità.

I lunghi capelli biondi perennemente legati in una coda di cavallo e le numerose lentiggini che le costellavano la pelle del viso non rendevano giustizia alla profonda e vasta cultura della giovane ricercatrice.

Sembrava una liceale d’altri tempi ma aveva già una laurea, un dottorato e venti pubblicazioni scientifiche di interesse mondiale a suo attivo.

“Sabri: che piacere vederti! La nostra ricerca sul sistema nervoso dei calamari questa settimana dovrà attendere. Sono impegnato in un’altra cosa, un mistero…”

“Mi piacciono i misteri: da dove si comincia? Posso darti una mano?” gli disse mentre gli dava un lieve bacetto di bentrovato.

“Grazie, di cuore. Se non me lo avessi chiesto, te lo avrei proposto io stesso.”

Nicola spiegò a Sabrina tutto quanto per filo e per segno.

“Quindi si tratta del pesce palla. Era inevitabile che succedesse qualcosa prima o poi. Sta arrivando in tutto il Mediterraneo ed in futuro dovranno cambiare anche le nostre abitudini ed il nostro modo di andare a mare…” disse Sabrina soprappensiero.

“Dobbiamo cercare qualcosa nel meccanismo d’azione della neurotossina; il fatto che Eros abbia acquisito un nuovo tipo di visione al buio è sicuramente dovuto all’attivazione dei bastoncelli a discapito dei coni. Dio solo sa cosa è successo alla sua retina e noi dobbiamo scoprirlo. Cominceremo a scandagliare le riviste scientifiche, tutti gli articoli e le monografie che parlano dell’argomento saranno utili. Poi faremo una cernita del materiale raccolto e quando le certezze prenderanno il posto delle ipotesi trarremo le dovute conclusioni. Siediti qui accanto a me: si parte!”

Dopo due ore di folle ricerca e full immersion nel data base specifico Nicola si alzò stropicciandosi gli occhi.

“Direi che per il momento può bastare!”

Guardò fuori dell’ampia finestra dello studio e fu quasi sorpreso nel vedere che c’era un sole che spaccava le pietre.

“Che ne dici di una passeggiata sul lungomare? Potremmo mangiare qualche tarallo e bere una birretta per pranzo” disse Sabrina spegnendo il computer e riponendo gli stampati in una cartellina nuova su cui aveva scritto in bella grafia ‘Ricerca Neurotossina”.

“Ottima idea. Il caffè lo prendiamo al ritorno con Carbone; stamane mi aveva invitato ed io ho rifiutato data la fretta che avevo.”

La passeggiata in Villa Comunale fu rigenerante; il fresco amico delle chiome degli alberi li riparò dalla calura della stagione inoltrata.

Si fermarono ad un chiosco per comprare i taralli ‘nzogna e pepe’ con mandorle tostate, un tipico cibo da strada della città di Napoli, e mangiarono passeggiando fino a raggiungere la colonna spezzata di piazza della Vittoria, la colonna di duecento quintali di epoca romana posta su di un basamento in ricordo dei caduti in mare durante la battaglia di Lissa del 1866 contro gli austriaci, monumento auspicato anche da Benedetto Croce.

Si divisero la birra bevendo a canna e Sabrina si mise sottobraccio di Nicola al ritorno; sembravano due innamorati e qualcuno dei passanti li guardava compiaciuto.

Rientrando alla stazione zoologica trovarono Carbone ad attenderli.

“Dotto’, vi ho preso la sfogliatella calda calda; ma ne ho trovato solo una, non pensavo ci sarebbe stata anche la dottoressa De Crescenzo, mi dispiace scusatemi…”

“Carbone: ma che dite? Non solo vi siete preso il disturbo di portarmela e vi scusate? La divideremo in tre.”

“No, dotto’: ho il diabete a duecento, il medico mi strangola! Mangiatevela voi due e buona salute!”

La sfogliatella era deliziosa ed il profumo di cannella rimasto sulle mani fece dimenticare per un attimo la neurotossina ai due ricercatori che subito dopo ripresero il lavoro dove era stato interrotto.

“Vediamo cosa abbiamo qui. Questo articolo è stato scritto dal professor Nishikori, quel giapponese che ha scoperto vent’anni fa la struttura molecolare del veleno di Pterois Miles, il pesce scorpione. Un grande! Lavora attualmente all’università di Kyoto nel gruppo del professor Numa. Guarda guarda: non sono i pesci a produrre la neurotossina ma i batteri simbionti che colonizzano l’organismo marino! Batteri del tipo Pseudoalteromonas, Pseudomonas e Vibrio, da non credersi!”

“Quest’altro del professor Narahashi riporta il meccanismo d’azione della neurotossina sui canali voltaggio del sodio e fa delle interessanti ipotesi sulle modificazioni metaboliche indotte sull’organismo. Anche la saxitossina e la conotossina, quelle delle conchiglie del genere Conus, si legano negli stessi siti” aggiunse Sabrina “La sostanza blocca selettivamente i canali del sodio voltaggio delle cellule nervose perché dotata di un gruppo basico simile alla guanidina; gli ioni sodio positivi modificano il potenziale di membrana entrando nella cellula e quindi le neurotossine impediscono la genesi del potenziale d’azione che si propaga lungo gli assoni. Il blocco dei canali, per dirlo più semplicemente, provoca paralisi dei gruppi muscolari, tra cui il diaframma, e la morte sopraggiunge per insufficienza respiratoria.”

“Hai trovato qualcosa sulla retina? Sulle modificazioni indotte sul nervo ottico e sulle cellule a cono e bastoncello?”

“Niente, non ho trovato nulla del genere. Siamo in alto mare, è il caso di dirlo” disse Sabrina con un sorriso spento.

“Eros dovrà eseguire tutta una serie di analisi del sangue e conto di fargli fare una bella visita oculistica. Non si sa mai…”

“Mio fratello è un bravo oculista, è professore associato all’Università.

E’ molto capace, fidati: gli parlerò per fissare un appuntamento.”

“Capita come il cacio sui maccheroni. Quando pensi che potrebbe vedere Eros?”

“Se non è in giro per congressi ed esami di certo lo visiterà a breve. Lasciami fare.”

Il giorno dopo Sabrina comunicò a Nicola che il professor De Crescenzo avrebbe visitato Eros il lunedì seguente, verso le dieci del mattino presso il II Policlinico, la nuova facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli, e gli fornì la lista degli esami da eseguire con il prelievo del sangue.

Nicola subito telefonò ad Eros per comunicargli la novità e sollecitarlo ad eseguire le analisi del sangue che aveva segnato nel lungo elenco.

Poi fece ritorno a Tropea il venerdì pomeriggio e trovò sua madre ad attenderlo per riabbracciarlo e coccolarlo come sempre.

Alle otto del mattino di sabato Nicola era già sotto casa di Eros ad attenderlo per raggiungere la spiaggia di Riaci, un luogo magico dove uno scoglio di forma allungata si erge a pochi metri dalla riva e conferisce alla spiaggia una peculiare atmosfera che incanta l’osservatore.

“Evelyn dorme ancora; mi ha detto di salutarti e di farti vedere oggi stesso se non vuoi morire giovane!” disse Eros avvicinandosi all’auto con passo ancora un po’ incerto.

“Ciao roccia. Ti trovo bene. Andiamo via subito prima che arrivi tutto il genere umano a Riaci e poi non troviamo da parcheggiare!”

La spiaggia era ancora vuota a quell’ora; solo un bagnino con un rastrello ripuliva la sabbia da cartacce e mozziconi di sigaretta abbandonati dai turisti il giorno precedente.

“Allora: hai ritirato i risultati delle analisi? Sei pronto per la visita? Vuoi parlarmi più approfonditamente di quel che ti accade?”

Eros sembrava distratto; scrutava il mare ad occhi sgranati e non sembrava ascoltarlo o capire cosa stesse dicendo.

“Eros: ci sei? A che pensi?” chiese sottovoce Nicola preoccupato.

“Li sento. Capisci? Io li sento.”

“Cosa senti? Chi senti?”

“I pesci. Io sento la loro presenza, capisco cosa si trasmettono tra loro: se hanno paura, se hanno fame. Mi sembra di essere impazzito…”

 “Forse sei solo un po’ stressato, ti è successa una cosa terribile. E’ una reazione comprensibile, magari è solo un sovraccarico di emozioni e la tua mente sta cercando di reagire, di depurarsi dall’impatto di una brutta esperienza.”

“Si, devi aver ragione tu. Dovrei tentare di non pensarci ma è difficile, credimi. Ora, proprio in questo momento, c’è un branco di cefali che cerca di sfuggire ad un predatore, una spigola, che è nascosto proprio lì all’ombra di quello scoglio affiorante” disse Eros indicando  un punto a pochi passi da loro. Manco a farlo apposta, proprio in quel momento i pesciolini cominciarono a saltare da tutte le parti cercando di sfuggire alla predazione di un pesce di grossa taglia che fece due salti fuori dell’acqua e s’inabissò nuovamente.

I due amici si guardarono sbalorditi.

“Caspita. Mi stai facendo paura Eros!”

“Che vuoi che ti dica? Sono sorpreso quanto se non più di te. E c’è un’altra cosa che non ti ho detto. L’altro giorno ho accompagnato mia madre al supermercato e quando mi sono avvicinato al banco del pesce mi veniva da piangere. Così, senza motivo. Ma si può?”

“Non pensarci. Vedrai che passerà, ne sono certo. Caterina lo sa?”

“Non sa niente nessuno. Lo sto dicendo a te per la prima volta, anche perché non volevo ammetterlo nemmeno con me stesso. Ma hai visto tu stesso cosa è successo poco fa…e non posso più far finta di niente.”

“Andiamo a casa. Distraiti, cerca di non pensarci. Stasera usciamo tutti insieme a far baldoria; una bella pizza, ci beviamo qualcosa e ti sentirai meglio.”

Quella sera andarono a cena presso un agriturismo che sorgeva sulla collina che sovrasta Santa Domenica di Ricadi, un luogo accogliente dove si poteva mangiare cibo genuino senza svenarsi.

Evelyn era bellissima e tutti la guardarono quando attraversarono il locale ristorante per raggiungere il tavolo riservato.

L’abbronzatura le donava e la gioia di stare insieme a Nicola la rendeva ancora più desiderabile.

La conversazione si mantenne su argomenti più o meno leggeri e Nicola fece di tutto per non ritornare sull’accaduto riguardante Eros.

Caterina rimaneva vigile e preoccupata; ogni tanto spiava di sottecchi Eros il quale era distante, teso, come su di un altro pianeta.

“Domani tutti a fare il bagno. Dove andiamo?” disse Evelyn affondando il cucchiaino nel Tartufo di Pizzo, un gelato al cioccolato, tipico del luogo, dal sapore raffinato.

“A Grotticelle. Adoro quel posto…” disse Caterina.

“Così prendiamo un altro pesce palla!” esclamò Eros sorridendo nervosamente.

“L’importante è che tu non lo prenda tra le mani!” rispose Nicola facendo ridere tutti.

“Ho imparato la lezione. Non toccherò mai più un pesce palla finché campo!”

“Bravo Eros. Andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia?” propose Evelyn pulendosi la bocca sporca di cioccolato e bevendo l’ultimo goccio di amaro rimasto nel bicchiere.

“Potremmo accendere un falò…” disse Eros ma senza convinzione.

“Non si può, lo sai bene. Ma una bella passeggiata sul bagnasciuga ci aiuterà a digerire tutto quello che abbiamo mangiato e smaltire tutto ciò che abbiamo tracannato!” rispose Nicola alzandosi e dirigendosi alla cassa per saldare il conto.

“Eh no. Stasera offro io!” disse Eros sorpassandolo di un soffio con i soldi già pronti in una mano.

Giunsero cantando a squarciagola con la radio ad alto volume nei pressi della spiaggia del Tono. Parcheggiarono l’auto nell’ampio spazio a circa cento metri dalla rampa di accesso al litorale e si avviarono verso il mare, sottobraccio a due a due.

Il mare era calmo; la luna era in ferie in quel momento e la enorme distesa liquida nera del mare era resa viva da una leggera brezza calda e piacevole che accarezzava la pelle.

“Non andiamo da quella parte” disse Eros “Ci sono dei ragazzi che conosco e che non mi piacciono. Si fanno sempre un sacco di canne e di altra robaccia e se mi vedono magari…”

Tutti si fermarono per guardarlo interrogativamente.

“Che c’è? Cosa ho detto di male?”

“Come fai a sapere che ci sono quei ragazzi?” chiese Caterina in tono ansioso.

“Perché li vedo. Sono lì!” rispose Eros indicando un punto lontano della spiaggia immerso nel buio totale.

“Ma come fai a vederli?” rispose Caterina in tono ancora più ansioso.

“Li vedo, non so perché! Mi capita da una settimana di vedere al buio. Per questo andrò lunedì a Napoli, per una visita oculistica. Non ti avevo ancora detto niente per non allarmarti” disse Eros un po’ imbarazzato.

“E cosa aspettavi a dirmelo? Insomma, dovresti dirmi tutto Eros. Sono la tua donna, avrò il diritto di sapere cosa ti succede…Ed io che mi preoccupo per te!”

Nicola intervenne conciliante.

“Caterina, devi capire che Eros in questo momento è confuso ed ancora non ha compreso cosa gli succede. Non voleva creare ulteriori preoccupazioni ma te l’avrebbe detto domani, vero?”

“Voglio fare il bagno! Basta con questi discorsi. Lasciate Eros in pace” disse Evelyn togliendosi il vestito e facendo cenno a Nicola di fare altrettanto.

Il bagno e la nuotata lavarono via le preoccupazioni e le perplessità dalla mente e dal cuore dei quattro amici che conclusero la serata abbracciati sulla sabbia fresca della notte.

Il lunedì mattina seguente Sabrina, Nicola ed Eros entrarono nel reparto di Chirurgia Oculistica ed Oftalmologia dell’Università di Napoli.

Il professor De Crescenzo era un tipo sottile ed elegante, biondo e lentigginoso come la sorella, un uomo dal sorriso aperto ma di poche parole. Li fece accomodare e diede disposizioni al personale di lasciarlo tranquillo per almeno un’ora a partire da quel momento.

“Dunque spiegatemi qual’ è il problema, forza.”

Eros, aiutato da Nicola, raccontò quanto gli stava succedendo, tentando di rammentare ogni particolare, interrotto di tanto in tanto dal professore che voleva qualche precisazione, qualsiasi particolare che potesse aiutarlo ed indirizzarlo nella diagnosi. Nascosero però il fatto che un pesce palla avesse morso Eros, per non influenzare il medico nella diagnosi.

Dopo aver guardato con meticolosa attenzione i risultati delle analisi ematochimiche il professore si alzò ed indossò un camice immacolato.

“Ora faremo qualche esame strumentale: la valutazione del fondo oculare e l’elettroretinografia. Ci vorrà un po’ di tempo ma ne vale la pena.”

Dopo aver instillato un collirio midriatico per dilatare le pupille di Eros, fece accomodare il ragazzo all’oftalmoscopio e studiò il fondo oculare di entrambi i globi.

Fece poi sdraiare Eros su di un lettino e spense le luci avvolgendo l’ambiente in una penombra marcata.

Attese una decina di minuti, tempo speso per preparare l’occorrente, poi instillò negli occhi del ragazzo un collirio anestetico.

Dopo aver applicato un dilatatore per tenere gli occhi aperti, pose un elettrodo a forma di lente a contatto sulla cornea ed un secondo elettrodo a contatto con la cute della regione orbitaria.

L’esame venne condotto proiettando flash lampeggianti di varia durata, colore ed intensità, sia al buio che con un po’ di luce.

A questa fase seguì la proiezione di pattern geometrici e bande bianche e nere dopo la quale l’esame si concluse.

Il professore riaccese le luci e si accomodò alla scrivania immergendosi nella valutazione dei grafici ottenuti.

“Sono perplesso, non c’è che dire. Da un lato mi sembra un caso di Emeranopia, dall’altro rimane una corretta stimolazione anche in condizioni di piena luce con visione distinta. E’ come se il paziente avesse conservato pienamente la funzione dei coni e potenziato enormemente la funzione dei bastoncelli. Per dire il vero deve essere aumentato anche il numero dei fotorecettori, visti i risultati. In genere le due cose si escludono, in questo caso coesistono.

Le reazioni al buio ricordano quelle che si ottengono stimolando sperimentalmente la retina dei pesci…”

I tre ragazzi rimasero a bocca aperta.

“Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?” chiese De Crescenzo scorgendo interdetto l’espressione stupita dipinta chiaramente sul volto dei presenti.

“Si…no…cioè…”disse Sabrina guardando il fratello stupita.

“Che c’è Sabri?”

“C’è che la tua valutazione è incredibilmente verosimile. Eros in effetti è stato morso da un pesce palla e dopo una settimana ha manifestato i sintomi che tu ora ben sai.”

“Ah…” fu il commento sintetico dell’oculista che poi continuò “ In effetti io non ho trovato alterazioni della funzione corneale, bensì un potenziamento delle sua capacità. Non lo definirei uno stato di malattia quanto un regalo insperato. Gli occhi sono normali, e macroscopicamente non ci sono difetti od alterazioni patologiche. Non so che altro potrei dire…”

“Allora noi andiamo, fratellino. Grazie per averci dedicato il tuo tempo prezioso e grazie per la tua indubbia professionalità. Ci vediamo tra qualche giorno perché voglio passare a trovare tua moglie e salutare i miei nipoti adorati” disse Sabrina abbracciando il fratello con calore.

“Quando vuoi. A presto. Tenetemi aggiornato su questo caso, mi raccomando. Potrebbe scaturirne una interessante pubblicazione…”

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