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“Una stupenda narrazione”

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Ferro Corto

di Costa Fortunato

Riflessioni di Andrea Runco

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Spesso mi estraneo dalla routine quotidiana per leggere qualche libro solo per il gusto di farlo e maggiormente per imparare cose nuove. Mai per giudicarne il contenuto, ma solo ed unicamente per la fame di quel sapere che non mi basta mai.

Nell’intento di saziare questa mia passione per la lettura e la conoscenza, raramente mi succede di essere pienamente coinvolto.

Invece questa volta le cose sono andate diversamente, perché appena iniziata la disamina dell’opera “Ferro corto” di Costa Fortunato, la foga di scoprire il prosieguo mi ha tenuto incollato alla sedia. Cercando di sfruttare anche i ritagli di tempo pur di andare avanti divorando le pagine per vedere la conclusione di ciò che in quel momento mi stava a cuore.

A prima vista il titolo m’è sembrato un nomignolo attribuito a qualche monello, così come la popolazione meridionale usa appioppare a qualche bambino che per sua natura, mostra di avere delle spiccate qualità per cose in cui si applica con maggiore impegno, ovviamente cogliendo anche i frutti del suo operato. Infatti dal titolo credevo di trovarmi dinanzi a una storia per bambini, non immaginavo di essere di fronte ad un’opera di tutt’altro sapore che mi ha portato a fare un tuffo nel passato, perché con essa ho potuto vivere in un periodo storico della società francese, raccontato dal nostro autore con maestria e la consapevolezza di non voler omettere niente di quanto ruotava intorno a quella variegata umanità di nobili, castellane, regine, ministri politici e di Dio implicati in intrighi di palazzo e tresche amorose incredibilmente fuori luogo, consumati tra odorosi lenzuoli di buie notti e le sottane di cortigiane avvenenti e senza scrupoli, né ha esitato di parlare dei sentimenti amorosi di personaggi come il cardinale Giulio Mazzarino, il quale si sapeva ben districare nei cavilli politici e finanziari della monarchia, brillantemente portati a conclusione con la stessa sagacia con cui ha circuito la regina con avances spietate, alle quali, ella non ha saputo opporsi cedendo alle sue voglie.

Certo la cosa non ci scandalizza, perché  a quei tempi molti prelati di alto rango come i cardinali avevano famiglia, vedi il Papa Rodrigo Borgia alias “Alessandro VI”padre della meglio conosciuta Lucrezia che circa un secolo prima, non si era fatto mancare niente in materia di donne.

La stupenda narrazione che Fortunato ci ha dato l’ha bene intessuta anche chiamando in causa un glorioso corpo militare del tempo, e cioè i “Moschettieri”, intorno ai quali si sono create leggende che hanno più o meno popolato la fantasia e i sogni della mia fanciullezza e di chi a me parimenti ora guarda al tramonto. Egli con lodevole abilità li ha inseriti con la straripante presenza di due giovani e valenti Italiani che ne facevano parte. Tali: “Lauro Michelangelo e Borio Michele”, i migliori in quel periodo che ebbero l’onore di mettere la loro spada al servizio del re di Francia, al punto che tra una avventura e un’altra, il loro compito li portò anche a sventare una congiura a danno del sovrano che per l’ennesima volta si dimostrò riconoscente nei loro confronti e magnanimo per la povera ragazza rea dell’azione, la quale fin dalla prima infanzia era sempre stata costantemente manipolata da personaggi che pur essendo parenti, sicuramente non l’avevano educata al rispetto della vita altrui. L’azione le costò la condanna alla prigione, anche se poi il destino stabilì altro per Eloise.

Nell’opera l’autore ha voluto porre in risalto alcuni aspetti positivi dei nostri eroi e cioè, essendo loro uomini d’armi avvezzi ai metodi sbrigativi, non hanno dato prova di smarrirsi dinanzi alle buone maniere dimostrando di avere un cuore che pensava sempre alle cose più nobili, ed anche, quando le circostanze a volte li hanno traviati, non hanno mai dimenticato la lealtà e l’essere gentiluomini, comportandosi secondo i dettami del codice cavalleresco sia nei momenti più concitati della battaglia,  quando sotto l’irruenza della vendetta è facile oltrepassare il limite cagionando una morte superflua al prossimo, ne l’hanno mai dimenticato quando si sono trovati in presenza di muliebre compagnia.

Non sappiamo cosa ha spinto il nostro autore a scrivere un racconto così bello. Ma a dire il vero, sapendo dei suoi natali e della conoscenza dei luoghi partenopei, m’è sembrato abbia voluto raccontare le prodezze di qualche suo nobile avo, visto il cognome del moschettiere “Lauro”, molto noto in Campania, il quale probabilmente ebbe l’onore di militare in una formazione così blasonata, ma anche all’altezza di ogni situazione, come quella affrontata al suo ritorno in patria dove si spese per difendere l’isola d’Ischia dalle sortite saracene che in quel periodo terrorizzavano le coste Italiane.

Ad ogni buon conto, qualsiasi sia stato il motivo, ci ha regalato un’opera bella da assaporare che sicuramente non ha niente da invidiare al più noto scritto”I tre moschettieri” di “Alexandre Dumas”. Anzi non mi meraviglierei se un giorno qualcuno ne traesse un bel film che, se sceneggiato nel rispetto di questa trama, il risultato non può essere altro che ottimo.

Cosa dire, se non un grazie per averci dato la possibilità di navigare per qualche ora nel tempo che fu, pieno di leggende e di amori in parte realizzati e in parte interrotti dalla ferocia del destino che spesso non ha cuore. Ed è proprio per questo che dalla lettura del volume, si possono trarre dei buoni insegnamenti che ogni fruitore può fare suoi per una vita migliore.

Infine per dirla con le parole dell’autore, l’avermi immerso in questo piacevole viaggio spazio tempo, mi ha arricchito almeno di quel tanto che ogni giorno vorrei facesse parte del mio bagaglio culturale.

Ancora un grazie sentito a Fortunato, con l’augurio che possa ancora darci la gioia di altre belle storie da aggiungere al novero dei libri che val la pena leggere.

Andrea Runco

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