Il messaggio del diacono Giuseppe Vallone, letto dallo stesso in chiesa durante il funerale di Teresa e Caterina.
In circostanze come queste le parole sembrano troppo poche e le domande tante, una di queste è: perché?
Riflettendo su una conferenza del cardinale Biffi mi ha colpito quanto diceva un filosofo Wittingestein: «il significato dell’universo non si può trovare nell’universo». Quest’affermazione sostituendola con la parola uomo diviene: il significato dell’uomo non si può trovare nell’uomo, poiché l’uomo non riesce a dare risposte che non sono dimostrabili scientificamente.
La risposta ci è data da un altro: Gesù Cristo.
Noi siamo stati chiamati e siamo invitati alla festa della vita, è questa la nostra vocazione. Non siamo destinati alla fine, ma in Cristo la fine non indica il nulla, bensì l’inizio di una festa che continua in Lui.
L’essere stati chiamati da Dio vuol dire che siamo frutto di un amore eterno che si materializza nella carne. Capire che siamo stati scelti da Dio ci aiuta a superare la tristezza perché Dio ci sceglie ad essere suoi figli e ci rende partecipi della sua eternità. La nostra vita è risposta alla chiamata, non una domanda nel vuoto.
Il cristiano sa che la vita è risposta, poiché non siamo stati chiamati per caso, ma siamo frutto di un amore che nasce da Dio.
Rispondere a Cristo ci fa soffrire o gioire?
Gesù parla di gioia e di sofferenza, ma ci dice che la sofferenza che porta alla tristezza – come in questo caso – si trasformerà in gioia per chi gli occhi rivolti verso Dio, per chi invece tiene lo sguardo sul mondo provocherà sofferenza e la morte segna la fine totale. Tristezza secondo Dio equivale a salvezza; la sofferenza diviene pertanto annuncio di gioia, perché la croce è la strada per la gioia. Passare per il Venerdì Santo ci pesa, ma Dio ha stabilito questo progetto con un fine: la GIOIA.
Tuttavia già siamo nella gioia perché Gesù ci ha detto: «Beati quelli che sono nel pianto perché saranno consolati». Dice BEATI.
Il Venerdì Santo, Caterina l’hai passato, abbracciando la croce senza rifiutarla o disprezzarla, ma l’hai portata con serenità e con tanta, ma tanta forza. In questo viaggio non sei stata sola, ma ti hanno fatto da Cireneo la tua cara mamma, che oggi condivide con te la gloria del paradiso ne sono certo, tuo padre Toto, sempre vicino a te, tua sorella Valentina, tuo fratello Gianni e tutti coloro che ti abbiamo e ti vorremo bene. Chi riconosce Dio come Padre e Cristo come Salvatore dalla morte e primizia della resurrezione non può che essere allegro anche quando le cose vanno male, anche quando il cristianesimo sembra un fallimento. Proprio in questo caso si spalancano le porte della gloria, che già pregustate. Abbiamo infatti un Padre nel cielo che non muore mai e un Salvatore che ci salva alla fine, ma ci salva facendoci partecipi di una vita nuova.
Benedetto XVI scriveva: «chi crede in Dio- Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita». Ora Caterina e Teresa siete entrati in questa festa della vita, non per caso, ma perché scelti dal Signore. La sofferenza del distacco fisico pesa, ma ora siete nelle mani di Dio e nessun tormento vi toccherà. Siete angeli che vegliate con maggiore intensità sui vostri cari e su tutti, perché siete con Dio. La morte non ha potere sull’amore e chi vi ha amati vi porterà sempre, perché come angeli sarete presenti ovunque.
Più volte in questi giorni mi è venuta in mente una frase di un romanzo (Tolkien 3 serie): «Il viaggio non finisce qui. La morte è solo un’altra via, la quale ci conduce a bianche sponde, e al di là di queste, un verde paesaggio sotto una lesta aurora».
Certi di questo possiamo dire con Sant’Agostino: «Signore non ti chiediamo il perché ce li hai tolti, ma ti ringraziamo per il tempo che ce le hai donate».
Nell’attesa di ritrovarci nella gloria, dove saremo uniti nell’eternità da una comunione eterna nella quale contempleremo il volto di Dio, intercedete per noi. Ora sappiamo che dove dimorate non c’è più sofferenza, dolore e oscurità, ma la luce del Risorto che mai cessa di spegnersi.
Giuseppe Vallone