L’altro ieri ho pubblicato un post firmato da mio padre, dott. Pasquale, sulle origini della ricorrenza (rileggi l’articolo). Oggi vi propongo la continuazione…
m.v.
Preposto all’organizzazione della festa è un comitato (commissione) di dodici persone di Brattirò, generalmente otto uomini e quattro donne.
Questo comitato viene nominato dal comitato dell’anno prima e rappresenta tutti i ceti della popolazione.
In genere viene nominato a giugno e, per tradizione, i nominativi vengono letti dal parroco, nell’omelia della messa, il giorno della festività di San Pietro, patrono della parrocchia di Brattirò.
Quindi l’elenco dei nominativi è affisso in una bacheca, nella chiesa madre, per consentire ai cittadini di prenderne visione. Solitamente, la prima riunione del comitato avviene assieme al parroco.
Quindi si elegge il presidente e il tesoriere, che tiene la contabilità.
Il presidente, di fatto, è il parroco, quello eletto tra i componenti del comitato è il responsabile preposto a coordinare e pianificare l’organizzazione della festa.
Si passa subito alla fase operativa. Vengono preparati i biglietti per le offerte della riffa.
Riffa è una parola di origine spagnola, rifa da rifar: sorteggiare.
Si tratta di una specie di lotteria in cui vincono coloro che hanno acquistato, tramite un’offerta, i biglietti recanti numeri uguali a quelli che verranno poi estratti in pubblico sul palco, alla presenza delle autorità militari, la sera del 27 settembre, durante l’abituale concerto.
I premi sono generalmente tre.
Il primo premio è, da sempre, una vitella.
Oggi può sembrare anacronistico. Ma si vuole continuare la tradizione.
Oggi chi vince quel primo premio, a meno che non sia un contadino o comunque persona dedita alla coltivazione della terra, di solito vende la vitella e ne ricava un guadagno in denaro.
In passato, in quel mondo contadino, la “grazia” di vincere una vitella era certamente fonte di salvezza economica, per una persona con poche o scarse risorse.
Il comitato, sotto la guida del presidente, per organizzare minuziosamente ogni cosa, comincia a riunirsi, almeno due volte la settimana, nei mesi di luglio, agosto e settembre.
Arrivano gli agenti delle agenzie di spettacolo (i “rappresentanti”) e il comitato prende nota e valuta i cachet dei vari artisti.
LE ENTRATE DELLA FESTA
Un tempo, le entrate relative all’autotassazione delle famiglie erano piuttosto scarse.
I cittadini, quasi tutti contadini, davano anche e soprattutto, offerte in natura come: grano, vino, mais, ecc.
I membri del comitato si recavano in gruppi di tre o più persone, nelle campagne, nel periodo della mietitura e prendevano i covoni (gregne) offerti dai contadini.
Queste mannelle di grano venivano trebbiate. Il grano (così come il mais, il vino…) veniva venduto e il ricavato costituiva una delle entrate.
Si è parlato al passato perché quanto detto avveniva un tempo… ora non si fa più la raccolta del grano, del vino, del mais…
Oggi l’autotassazione delle famiglie costituisce una delle fonti principali delle entrate.
L’altra fonte è costituita dalle offerte ricavate dai biglietti della riffa. Vanno aggiunte le offerte dei pellegrini e poi l’asta di varie cose, regalate all’uopo: funghi, formaggio, quadri, vasi… ma soprattutto dolci.
I dolci sono offerti come ex voto. Possono essere a forma di gamba, di braccio, di piede, di mano, di cuore… cioè dell’organo ammalato che è stato guarito per intercessione dei Santi Medici.
LA RIFFA (asta dei dolci e di cose varie)
La chiesetta di Santicocimeu apparteneva alla mensa vescovile di Tropea, ma era di scarsa valenza economica. La mensa vescovile indica i beni di una diocesi per garantire una rendita sufficiente al mantenimento del vescovo e della curia diocesana. Si tratta di un istituto regolamentato dal diritto canonico.
Questo è rimasto in vigore nelle diocesi italiane anche dopo le leggi eversive del regio decreto 3036 del 7 luglio 1866. Quella legge esentò le mense vescovili del passaggio forzato dei beni ecclesiastici allo Stato.
Successivamente, con l’accordo di revisione del Concordato del 1984, i beni della mensa confluirono negli istituti diocesani per il sostentamento del clero che hanno assunto la proprietà dei beni suddetti.
L’accordo di revisione del Concordato Lateranense, o Nuovo Concordato, del 18 febbraio 1984, “regolò le condizioni della religione e della Chiesa in Italia” e venne stipulato dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato della Santa Sede.
L’appartenenza alla mensa vescovile di Tropea della chiesetta, povera, di Santicocimeu fece sì che quando iniziarono i pellegrinaggi, i proventi delle donazioni dei fedeli venissero intascati dai preti di Tropea che erano preposti a gestire la festa. Ma forse i proventi delle donazioni dei fedeli non erano ritenuti sufficienti dai preti che, invece di distribuire il pane, pensarono che era meglio farselo pagare, anche se pochi centesimi la fetta. Ma si sa che i fiumi sono fatti di gocce e i gruzzoli sono fatti di centesimi.
Le proteste vibranti dei brattiroesi e dei pellegrini indussero il vescovo a richiamare i preti ad un più consono comportamento, ovvero a rinunciare a quell’introito.
Ma è proprio il caso di dire che la necessità aguzza l’ingegno o che “i sordi fannu risuscitari i morti”.
Così, per poter usufruire ancora di quei lauti guadagni, i preti non vendettero più il pane e i dolci offerti in devozione, ma si “inventarono” la “riffa”, cioè l’asta dei prodotti portati in devozione o come ex voto.
La cosa ebbe successo e continuò nel tempo…
Quando la gestione della festa passò dai preti della curia di Tropea al comitato brattiroese, questa usanza venne mantenuta e fece parte della coreografia della festa stessa.
Ciò fu utile sia come introito che come un momento di incontro e di divertimento.
È ovvio che, nell’incanto dei doni, portati dai fedeli come ex voto (gutu), conta moltissimo l’abilità del banditore nel creare un clima gioviale e distensivo.
Come banditori si sono avvicendati sempre personaggi capaci e indimenticabili, ricordiamo: Rombolà Ferdinando (Nandinu da Funtana), Rombolà Carmine (Carminu i Delia) e, attualmente si avvicendano, con abilità che possiamo definire quasi professionale, Rombolà Pasquale (Pascali u Mariziu) e Rombolà Francesco (Ciccu i Linda), suo capace e naturale successore.
LE USCITE DELLA FESTA
Le uscite, quindi i costi, per l’organizzazione della festa hanno tante voci.
La “regina” delle spese è il costo del Concerto della sera del 27 settembre, per la presenza, sempre e da sempre, di una star.
E si può ben dire che dagli anni ’60 si sono esibiti, a Brattirò, i più famosi cantanti italiani.
In passato, nell’immediato dopoguerra, e specialmente negli anni ’50, la serata finale (il 27 settembre), era dedicata alla lirica.
Per diversi anni si è esibito, con la sua orchestra, il maestro Carlo Vitale (2 febbraio 1912-6 ottobre 1989), del teatro Petruzzelli di Bari, che era accompagnato dalla moglie, Maria De Bellis: artista e galantuomo d’altri tempi!
Per l’acustica adatta alla lirica, veniva preparato un palco a cupola dai colori e dalle luci incantevoli e sfavillanti.
Per tutte le vie del paese si fa una illuminazione ad arcate, ovvero con una serie continua e a distanza costante, di archi, con tante variopinte lampadine che irradiano una multicolore luce di intensità uniforme.
Per la gioia dei bambini, ma anche degli adulti, marciano e ballano, al suono dei tamburi, per le vie del paese, i Giganti.
Secondo la tradizione, viveva a Messina, siamo nel 900 d.C., una bella ragazza cristiana di nome Marta (in dialetto Mata o Matta), figlia di Cosimo II da Castelluccio.
Un gigante moro di nome Hassan Ibn-Hammar, sbarcò nella città dello stretto e, con i suoi 50 compagni, cominciò a depredarla. Vide la bella Marta e se ne innamorò.
La chiese in sposa ma gli fu negata. Marta era fervente cristiana e, per averla in sposa, il gigante moro si convertì al Cristianesimo. Cambiò il suo nome in Grifo, ma per la sua imponente statura, divenne Grifone. Anche Marta se ne innamorò e Grifone celebrò quel grande amore con il leggendario ballo di corteggiamento che divenne il ballo dei Giganti Marta e Grifone.
I Giganti fanno il giro del paese al ritmo assordante, ossessivo e inconfondibile dei tamburi. Al loro seguito procede un corteo festoso di bambini (e di adulti) che vogliono vincere la paura che i Giganti incutono.
La festività si chiude con un meraviglioso spettacolo di fuochi d’artificio.
LA FESTA RELIGIOSA
La festività religiosa ha inizio il 18 settembre di ogni anno con la Santa Novena in loro onore.
Le statue dei Santi Medici vengono tolte dalla loro nicchia abituale e sistemate nella navata centrale della chiesa, vicino all’altare. Sono poste su una apposita varetta con attorno fiori candidi e odorosi.
Fuochi d’artificio annunciano al circondario che sono iniziate le celebrazioni religiose in onore dei SS. Cosma e Damiano.
Durante le funzioni, la chiesa stracolma non riesce a contenere tutti i fedeli e molti sostano, con partecipazione, sul sagrato. Durante il rito della Novena si cantano, al suono di un organo, bellissimi e toccanti Inni in onore dei Santi Martiri. Tali Inni si ricordano con le due parole iniziali: “Anargiri Gloriosi”.
Sono molto toccanti e penetrano nell’anima tra mille ricordi, e con il cuore pieno di commozione e gli occhi pieni di lacrime…
La mattina del 25 settembre cominciano ad arrivare i pellegrini e, in chiesa, al ritmo di una ogni ora, si celebrano le Sante Messe che continueranno ad essere celebrate, allo stesso ritmo, anche il giorno 26 settembre, la vigilia del grande giorno commemorativo del martirio, sebbene questo è storicamente avvenuto proprio il 26 settembre del 303 dell’era cristiana.
All’alba del 27 settembre si è svegliati da fragorosi botti. Le vie del paese sono intasate da pellegrini diretti verso la chiesa per onorare, con la preghiera e la cristiana e devota partecipazione, i Santi Medici.
BRATTIRO’ 27 SETTEMBRE ORE 10.30
Ogni anno, le statue dei Santi Medici Cosma e Damiano, vengono portate a spalla sul sagrato della chiesa. La banda intona le note della marcia trionfale dell’Aida, per salutare la “presenza” dei Santi Fratelli tra la gente e accoglierli con il dovuto tripudio.
Migliaia di fedeli, paesani e pellegrini, con gli occhi lacrimanti, tributano un applauso caloroso che sale al cielo… accompagnato da una fragorosa sequenza di fuochi d’artificio.
All’apparire delle statue dei Santi Cosma e Damiano sull’uscio della chiesa, pervadono le nostre menti sentimenti vari: di gioia, di ringraziamento, di tribolazione, di penitenza, di ansia, di aiuto, di sacrificio, di compassione, di conforto, di amore, di consolazione, di commozione, di riconoscenza, di beatitudine, di turbamento, di tristezza, di dolore, di affanno, si speranza, di stima, di umiltà, di fede, di adorazione, di obbedienza, di carità, di fratellanza, di gratitudine, di afflizione, di disperazione, di proponimento, di affetto, di affabilità, di misericordia, di devozione, di adorazione, di amore, di docilità, di grazie, di tentazioni, di sofferenza, di bontà, di rispetto, di pena, di perdono, di clemenza, di pietà, di passione, di trepidazione, di preghiera…
Ognuno rimembra speranze, ricordi… in volo si alzano centinaia di palloncini.
Ha inizio la Santa Messa solenne celebrata dal parroco di Brattirò con altri preti dei paesi vicini. I pellegrini vengono fatti accomodare su centinaia di sedie sistemate sul sagrato della chiesa e nelle viuzze laterali adiacenti. Spesso anche sui balconi delle case adiacenti al sagrato, addobbati con le più belle e migliori coperte.
Al centro della piazza del sagrato, a turno, i fedeli reggono sulle spalle le statue dei Santi rivolte verso la folla… a mo’ di protezione e di benedizione.
Durante la celebrazione della Santa Messa si aspetta con trepidazione il momento del panegirico. È questo, una orazione celebrativa, un discorso in lode dei Santi.
Spesso è trascinante per i contenuti e per la foga con cui viene espresso.
Alla fine della Messa ha inizio la processione per le vie del paese. Tra due ali di folla, procedono le statue dei Santi, portate a spalla dai fedeli. Dietro c’è la banda e, a seguire, una marea di gente con tanti pellegrini. Alla periferia del paese la processione si arresta e viene intonata la litania ai SS. Medici Cosma e Damiano. Si tratta di una forma di preghiera collettiva costituita da invocazioni e/o acclamazioni ai Santi, ciascuna seguita da una breve risposta imperativa.
Alla fine della processione, le statue dei Santi vengono riportate in chiesa tra gli applausi, le lacrime e la commozione di tutti i fedeli.
Era tradizione legare, per la durata della Messa e della processione, ad un braccio delle statue dei santi, due nastri di stoffa: uno di colore rosso e l’altro di colore verde.
Tutti i fedeli che avevano ricevuto una grazia particolare o che chiedevano la loro intercessione, appendevano banconote come offerta votiva.
Ciò è un controsenso se si pensa che i Santi Cosma e Damiano, aborrivano il denaro, furono medici anargiri!
Pasquale Vallone
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