Il documento che pubblico oggi, per la nostra comunità, ha un importante valore storico e culturale.
Mi è stato consegnato da don Pasquale Russo, mio carissimo amico che ringrazio pubblicamente e che stimo, ritenendolo lo storico più importante del nostro circondario.
Si tratta di uno scritto, datato 1913, pubblicato nell’Archivio storico della Calabria (periodico bimestrale diretto dal conte Ettore Capialbi e dal prof. Francesco Pititto, anno II, 1914 Mileto Catanzaro ,pp. 90-92.Ed. anastatica Barbaro editore – Oppido M. 1992).
L’autore è un sacerdote brattiroese: Francesco Pugliese, meglio conosciuto come “U tiolacu vecchu”. Su quest’ultimo personaggio, magari, in futuro mi sforzerò di ricostruire un profilo accurato. Per ora vi dico che, a livello culturale, è stata una delle menti più importanti di Brattirò, e non solo.
Nell’extract indicatomi da don Pasquale Russo, Pugliese parla di scavi archeologici, o meglio, di fortuiti ritrovamenti, nelle campagne brattiroesi nella seconda metà del 1800. Accenna a un pozzo “misterioso”, a una necropoli e, addirittura, ad una preziosissima statua raffigurante Ercole andata perduta.
E’ emozionante ritrovarsi questo documento, a più di cento anni di distanza. Divulghiamolo, approfondiamo il contenuto e le ipotesi in esso racchiuse.
Diamoci da fare per ritrovare le tracce del pozzo e la statua: potranno diventare i simboli del nostro paese, della nostra identità.
Sono nostre, in tutti i sensi.
Mario Vallone
Ill.mo Signor direttore dell’Archivio storico della Calabria.
Credo mio dovere di calabrese richiamare l’attenzione della S.V. che ha iniziato un lavoro sapiente di ricerche storiche per illustrare la Calabria antica, su certi documenti storici che meritano, a mio avviso, tutto l’apprezzamento dell’archeologo.
Ecco di che si tratta.
Poco distante da Tropea, sulla sponda del ruscello Brattirò (piccolo fiume che dagli storici è chiamato con questo nome, ch’è il nome del villaggio, ma comunemente è detto del Capo Vaticano, perché dall’altra parte è il territorio di Capo Vaticano) e precisamente in direzione di Porto Ercole, sorge il villaggio di Brattirò. Diverse cose antiche rinvenute nel suo territorio richiamano la nostra attenzione su questo villaggio.
Innanzi tutto, circa tre anni or sono, fu scoperto da alcuni contadini un pozzo formato di enormi cilindri di terra cotta tutti di un pezzo, incastrati l’uno sull’altro, aventi ciascuno due fori quadrangolari dall’una parte e dall’altra della superficie. Parecchi di questi cilindri furono messi fuori e posti sul terreno circostante, ma dopo alcuni giorni non si trovarono più perchè da mano sacrilega resi in frantumi. Compresi che il pozzo doveva avere una certa importanza archeologica. Allora andai a raccontare ogni cosa al Marchese D. Felice Toraldo di Tropea, il quale fa parte, se ben mi ricordo, della Commissione di Archeologia, pregandolo che s’interessasse a fare i dovuti studi su quella scoperta. Mi promise che se ne sarebbe interessato, ma furono promesse e nulla più. Un altro fatto concorre a rendere più interessante quella scoperta: circa trent’anni fa in quel medesimo luogo, distante dal punto dove ora s’è rinvenuto il pozzo una cinquantina di metri, da un contadino, mentre zappava il terreno, ad una certa profondità, fu trovata una statuetta di bronzo. Naturalmente fu portata al parroco, il quale a sua volta la fece vedere al P. Toraldo, il dotto latinista che tradusse in versi virgiliani il poema del Tasso. Il Padre Toraldo riconobbe subito dalla pelle del leone che trattavasi di una statua di Ercole. Però né lui né altri compresero l’importanza storica della scoperta, e la statua fu venduta per poche lire ad un forestiero, né mai più s’è potuto sapere dove sia stata trasportata.
Nel medesimo luogo dunque abbiamo il pozzo antico e una statua di Ercole.
Si aggiunga che nelle vicinanze di questo luogo si osservavano dei ruderi antichi, e in parecchie località del territorio di Brattirò, dai contadini che scavavano il terreno ad una certa profondità per piantarvi la vigna, si sono scoperte delle tombe. In qualcuna di queste tombe, formate di mattoni e qualche volta di massi enormi di pietra, si sono trovate ossa di uomini e di cavalli insieme. In un luogo, comunemente detto “Saraceni”, si vedono delle tombe in gran numero, scavate dentro la roccia, grandi e piccole, ben fatte e tutte messe in linea; dentro si trovano ossa, mattoni e spesso anfore. Il luogo è detto “Saraceni” e la gente crede che sia necropoli di Saraceni.
Più giù di Brattirò, andando verso il mare, s’incontra il villaggio di Ciaramite che è più antico dell’attuale Tropea e più giù ancora la contrada Cagliope, che alcuni credono sia corruzione di Calliope; e finalmente si giunge alla marina detta corrottamente Formicole (da Form Herculis?). E’ questo il luogo dove si vedono ancora gli avanzi di Port’Ercole che sono diversi scogli non naturali, che sorgono dentro il mare a parecchi metri dalla riva: basta vederli per comprendere che sono fatti dalla mano dell’uomo.
Ora io dico: Se Port’Ercole è antichissimo e preistorico, tanto che da nessuno scrittore dell’antichità, pur facendone menzione, se n’è potuto descrivere l’origine; se tanti documenti di antichità si rinvengono nel vicino territorio di Brattirò, non sarebbe da prendersi in una certa considerazione l’opinione espressa da Vincenzo Padula nella sua Protogea, l’antica Bratte, che in tempi remotissimi diede il nome alla terra dei Brattii o Brazii? Secondo il prelodato scrittore calabrese, Brattirò sarebbe un nome ibrido composto da una voce ebraica e un’altra greca, e significherebbe ruscello di Bratte.
Timidamente ho espresso questo mio giudizio, confortato dall’autorità di Vincenzo Padula e dai monumenti di antichità, specialmente dal pozzo e dalla statua di Ercole, nonchè dai ruderi dell’antico Port’Ercole che sorgeva in direzione di Brattirò.
Ho fiducia che gli studiosi dell'”Archivio storico della Calabria” prenderanno nota di quanto ho detto e che non tralasceranno di mandare qualcuno, per vedere e studiare il pozzo di cui ho fatto parola, che non dev’essere dimenticato dagli studiosi di antichità. Esso fu nuovamente ricoperto di terra dai contadini, e se passeranno ancora degli anni, non se ne conoscerà più il luogo.
Tropea, 27 novembre 1913
Dev.mo
Sac. Dott. Francesco Pugliese
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