Di seguito l’introduzione del libro “Don Francesco Mottola: spunti di spiritualità”, scritto da Vincenzo Scerbo, pubblicato pochi mesi fa dalla Thoth edizioni di Mario Vallone.
INTRODUZIONE
Il tema della spiritualità sacerdotale vanta una lunga storia. Sin dalla fondazione dei seminari, quali luoghi deputati alla formazione dei candidati al sacerdozio, la formazione spirituale ha occupato un ruolo di primaria importanza. Le prime difficoltà, al riguardo, sorsero nel momento in cui ci si rese conto che di fatto si trattava di una mera trasposizione della spiritualità monastica allo stato di vita sacerdotale nella sua forma secolare. L’ideale spirituale che soggiaceva allo stato di vita sacerdotale era inoltre influenzato da una certa visione della Chiesa, del laicato e dello stesso sacramento dell’Ordine, di cui il Concilio Vaticano II ha messo in rilievo i limiti, o meglio, la comprensione parziale che di essi se ne aveva. Proprio a partire dal Concilio Vaticano II, quindi, si è sviluppata nella Chiesa un’ampia riflessione circa i principi fondamentali della spiritualità sacerdotale.
Si è iniziato a comprendere che ogni stato di vita aveva una sua specifica identità e quindi una corrispondente “spiritualità” in conformità alla quale portare avanti il proprio ideale di santità. La spiritualità sacerdotale non poteva, dunque, essere la stessa dei monaci, né poteva essere il risultato di una eclettica, per non dire ibrida, riproposizione della spiritualità dei diversi ordini religiosi, a cui si attingeva per “costruire” una spiritualità sacerdotale.
Perché si possa giungere a definire una spiritualità sacerdotale coerente e specifica, il punto di partenza non può non essere l’adeguata comprensione teologica del ministero sacerdotale. Si tratta di capire in quali termini sia possibile sviluppare un discorso coerente sull’identità del ministero ordinato per poi, da questo, distillare i principi di una spiritualità sacerdotale che permetta al sacerdote di conseguire l’ideale di santità nella forma di vita da lui prescelta. Un notevole impulso, in questo senso, è stato dato dalla pubblicazione dell’esortazione post-sinodale Pastores Dabo Vobis, dove, soprattutto la capitolo terzo “la vita spirituale dei sacerdoti”, sono stati ribaditi e precisati alcuni principi fondamentali della spiritualità sacerdotale.
La necessità di approfondire la riflessione su questo specifico settore della spiritualità cristiana, scaturisce dal bisogno di corrispondere con maggiore incisività alle mutate situazioni sociali ed ecclesiali che evidenziano, cosi come ben sottolinea la Pastore Dabo Vobis nel suo primo capitolo, quelle risorse umane, spirituali, culturali che le nuove generazioni di sacerdoti manifestano di possedere e al contempo far fronte alle nuove sfide che minacciano il sacerdozio con lo spauracchio della crisi. Comprendiamo, quindi, che la spiritualità sacerdotale è in un certo qual senso il fattore di avanguardia nella riflessione attorno al ministero ordinato, è quel fattore dinamico che consente alla teologia del sacerdozio – che invece rappresenta l’aspetto più statico della riflessione sul ministero – di adeguarsi alle mutate esigenze dei tempi, di trovare sempre nuove espressioni in cui tradurre l’unico ed eterno sacerdozio di Cristo di cui i presbiteri sono resi partecipi. Insomma, la spiritualità sacerdotale fa si che la teologia del sacerdozio si traduca in una forma di vita concretamente vissuta.
Il presente lavoro nasce dall’intersecarsi di due motivi di fondo, il primo è relativo al tipo di studi da me condotto che mi ha portato a maturare alcune idee utili a tracciare delle linee guida in conformità alle quali organizzare e orientare il lavoro di formazione dei futuri candidati al sacerdozio. Il secondo motivo è più personale: la proposizione della figura di don Mottola come maestro e testimone autorevole di una autentica spiritualità sacerdotale nasce da una sorta di voto da me pronunciato. Vuole essere una espressione di ringraziamento per un miracolo, attribuito proprio all’intercessione di don Mottola, di cui è beneficiario un mio carissimo amico di seminario, e di cui io sono testimone diretto, come attesta la convocazione e relativa testimonianza richiestami dal tribunale diocesano per la sua causa di beatificazione.
Papa Benedetto XVI nella Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale ha inteso proporre come modello di vita sacerdotale il santo Curato d’Ars. Il modo in cui il Santo Padre procede nella stesura della lettera, a nostro avviso, può essere assunto come una sorta di “indicazione metodologica”, ossia un modo concreto e valido a partire dal quale dare un volto e una espressione concreta ai tanti asserti magisteriali sul ministero e la spiritualità sacerdotale. L’intento allora sarebbe quello di enuclearne gli asserti fondamentali alla luce della vita dei santi e proporli alla riflessione dei contemporanei. È essenzialmente in questa prospettiva che intendiamo procedere con il nostro lavoro: dopo aver presentato brevemente la figura storica di don Francesco Mottola cercheremo di distillare la sua dottrina spirituale e sacerdotale dai numerosi scritti che ci ha lasciato. In seguito si cercherà di individuare quegli elementi, espressione delle sue intuizioni fondamentali, che contribuiscano al dibattito attuale. L’intento è dunque quello di suffragare la riflessione dei teologico-spirituale condotta a partire dai documenti del magistero pontificio e conciliare con la testimonianza di vita e la dottrina del servo di Dio don Francesco Mottola. In questo senso si è inteso perseguire un triplice fine: far conoscere la poco nota figura di don Francesco Mottola; presentare un esempio concreto, ossia un espressione incarnata di spiritualità sacerdotale; indicare alcuni spunti di riflessione che possano contribuire la dibattito in atto sulla spiritualità sacerdotale.
Vincenzo Scerbo
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