SANITA’ E SANTITA’ IN Calabria
La sanità in Calabria è un colabrodo, un cimitero, una speranza di miracolo.
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Un colabrodo perché i vuoti di strutture e di professionalità emergono impietose e tragiche dalle cronache quotidiane e nella visione che viene presentata dai mass media ai cittadini cancella il buono, che però non manca.
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Un cimitero perché gli ospedali chiusi già o per i quali è programmata la chiusura sono un numero esorbitante. Intere aree della Regione vedono semplicemente morire la rete ospedaliera. Senza una razionalità progettuale che faccia capire la logica del tutto e quale sarà la rete ospedaliera futura.
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In questo contesto la politica delle parole, senza fatti, recita sceneggiate grandiose.
A Vibo Valentia, per esempio, è stata posta più volte la prima pietra – a intervalli di anni per la verità – del nuovo ospedale.
Qualcuno sussurra che si tratta di un doveroso aborto terapeutico dato che l’area prescelta per il nuovo ospedale sarebbe già stata infarcita, nel sottosuolo, di rifiuti velenosi.
Le malelingue, doverosamente presenti, raccontano leggende metropolitane? Chissà…
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Così da una parte chi è ammalato cerca la salute al di fuori della Regione: migra verso il centro-nord e la Regione Calabria salda i conti e perpetua i debiti del proprio sistema sanitario.
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Chi è ancora sano e però non ha fiducia nella sanità regionale si affida ai Santi.
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Un santo privilegiato è San Pio, noto anche per il vero e proprio miracolo della sanità costruita a San Giovanni Rotondo con la Casa del sollievo e della sofferenza dovuta alla sua opera di carità e sopravvissuta alla sua morte. Una delle eccellenze sanitarie del Mezzogiorno.
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Quella in itinere in Calabria, intorno alla figura di San Pio, è una storia interessante ed emblematica per credenti e non credenti.
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Una devota di S. Pio ha avuto una visione, come si racconta.
Nella visione le è apparso un luogo. Una voce le ha detto che quel posto esisteva davvero. Lei avrebbe dovuto cercarlo, trovarlo e farvi costruire un ospedale grandioso per l’assistenza dei bambini del Mezzogiorno e perché no, del Mediterraneo.
La donna si mette in giro e trova il posto della visione: è nel Comune di Drapia, in una pianura sulle colline che sovrastano Tropea. Tra ulivi e vigneti, con una terrazza naturale sul tirreno e sullo sfondo le Isole Eolie.
Qualcuno mette mano alla tasca e viene comprato il terreno (17 ettari?).
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Fatto l’acquisto comincia il lavoro. Bisogna convincere il Comune di Drapia sulla bontà dell’iniziativa e trovare i fondi per costruire il tutto. Il sogno deve diventare pietra e mattone.
La bontà è evidente: investimenti e lavoro per il presente e il futuro. Una pacchia?
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Con qualche neo. Non sono chiari alcuni punti.
Chi costruirà le strade, le fognature, gli acquedotti e ne sarà proprietario e manutentore?
Chi e con quali strutture di servizio fornirà l’energia elettrica?
Chi e dove saranno smaltiti i rifiuti ospedalieri?
Chi e con quali strutture di servizio fornirà l’energia elettrica?
Chi e dove saranno smaltiti i rifiuti ospedalieri?
E, soprattutto, chi finanzierà l’opera? Le sottoscrizioni e gli oboli dei fedeli?
Quelli nazionali vanno – e probabilmente continueranno ad andare – a San Giovanni Rotondo.
E in Calabria non sembra ci siano oboli et similia sufficienti a coprire spese sicuramente enormi.
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Ci sono però gli industriali: Caffo, Callipo, si dice. Benissimo.
Si faccia un piano di finanziamento preciso e si faccia una convenzione che tuteli il Comune e gli abitanti di Drapia.
Perché, nella storia della Calabria, sotto il saio dei Santi si celavano troppo spesso, briganti.
Saverio Di Bella
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