A partire da oggi pubblicherò alcune riflessioni di una ragazza calabrese (anzi, brattiroese): Agnese Rombolà, che ringrazio.
m.v.
Oggi ho deciso di portarvi in viaggio, quindi mettetevi comodi.
Fuori dalla finestra è già buio, il sole è calato da tante ore ormai. Indosso il pigiama e con le mani giocherello con una matita. Sono stanca, troppe ore di studio alle spalle, perciò decido di chiudere i libri e sdraiata sul letto ripenso a Casa.
Studio fuori sede da ormai quattro lunghi anni, precisamente a Bologna. Sono lontana da Casa e oggi più che mai ne sento nostalgia.
Qualcuno, leggendo, potrebbe ricordarmi che è stata una mia scelta e che se tanto proclamo di amare la mia Terra avrei potuto studiare vicino casa.
In realtà, non posso che dare ragione a quest’obiezione, ma voglio ricordare a chi mi legge che non è stata una vera e propria scelta.
Studio lontano perché la mia amata Terra non è più quella di un tempo e per quel famoso pezzo di carta da appendere alla parete ho intrapreso la via più tortuosa.
Sono una fuori sede, ma non è facile. Non lo è per niente.
Non lo è quando, sul pullman di ritorno a casa, sento lo stomaco sussultare vedendo il mare e sorridendo mi sistemo il giubbotto per scendere da papà.
Non lo è quando questa scena la rivivo al rientro dalle vacanze e sento il cuore brontolare perché non c’è nessuno ad aspettarmi.
Non lo è quando l’ultimo pezzo di crostata non devo più dividerla con mio fratello e adesso non ha più lo stesso sapore di conquista.
Non lo è quando 100 euro diventano 10 e non hai il coraggio né la forza di richiederli a papà, perché non vuoi pesare conoscendo perfettamente i sacrifici che derivano dalla tua scelta.
Oggi sicuramente sono cresciuta rispetto a 4 anni fa, quando appena arrivata come un cucciolo spaurito avevo il timore di non essere abbastanza, di non riuscire a soddisfare le aspettative di chi stava investendo su di me.
Per questo, quando uscendo arrivo in Piazza Maggiore ho il vizio di alzare lo sguardo verso il cielo e girando su me stessa mi regalo la bellezza della città in cui studio. Bologna è bellissima, in ogni suo angolo e in ogni suo mistero e ringrazio i miei genitori perché sono fortunata. Sono grata loro per i sacrifici che ogni giorno sfoglio tra le pagine dei miei libri.
Ma essere fuori sede in verità mi ha insegnato ancora di più ad apprezzare la mia Terra, a ricordarne le abitudini, i colori, i profumi. Stando lontana, mi rammarico di non potere essere la domenica a casa a mangiare le lasagne, ma soprattutto di non sentire nell’aria quell’odore di gioia che tanto caratterizza la mia Calabria.
Ho imparato a mie spese quanto costa salutare chi ami, quando sai con certezza che non li rivedrai molto presto. Ho imparato a trattenere le lacrime, quando abbracciandoti ti sussurrano che sei forte, che un giorno verrai premiata.
Ma in verità oggi vi chiedo di chiudere gli occhi e di immaginare con me un futuro prossimo, non troppo distante nel tempo.
Vi chiedo di essere me e questa volta non con gli occhi rossi e la musica nelle cuffiette.
Immaginatemi mentre porto i miei figli a scuola, tra le strade della mia città.
Il sole è alto in cielo, riflette sui miei capelli e sul mio viso, regalandomi quel colore ambrato che mi caratterizza ma che durante il periodo universitario colorava i miei tratti solo d’agosto.
Sono felice perché sono a Casa e questa volta non dovrò salutare nessuno.
Ho un lavoro, sono realizzata e ho la stessa stabilità economica che avrei ottenuto restando a Bologna.
Racconto ai miei figli, durante il viaggio in macchina, la mia storia e ringrazio la mia Terra per essere rinata e per avermi permesso di crescere loro tra le sue meraviglie.
Adesso aprite gli occhi. Guardatevi attorno. C’è ancora tanta strada da fare.
Io nel frattempo ho ancora le cuffiette e gli occhi rossi.
Agnese Rombolà