Mio padre, il dott. Pasquale Vallone, anni fa ha pubblicato un libro sulla storia di Brattirò con il mio marchio editoriale Thoth Edizioni. Nelle prime pagine del volume ha indagato circa la derivazione del nome del paese.
Di seguito tutte le ipotesi.
m.v.
ORIGINE DEL NOME DI BRATTIRO’
La toponimia è un ramo della linguistica che studia i toponimi, cioè i nomi di luogo relativi a una regione, a una città, la loro origine, il loro significato. Topònimo (greco topòs=luogo e ònoma=nome) infatti sta per nome proprio di città, luogo, monte, fiume… Ci si domanda quale possa essere l’origine del nome di Brattirò: tante le ipotesi.
– G Barrio nel “De antiquitate et situ Calabriae” (Roma 1571) parlando del villaggio lo chiama Britarium e scrive: Britarium scatens ac fervens notat. Il nome deriva da un greco arcaico dal significato “che scaturisce”, riferendosi alla fiumarella che scorre vicino al paese.
-Su una carta topografica del Medio Evo, esposta nei Musei Vaticani, a Roma, raffigurante un lembo di Calabria, si leggono le seguenti località: Metaurus (Gioia Tauro) – Nicotera – Cocarini – Geopoli – San Nicolò – Dominica (Santa Domenica) – Tropea – Britario – Cheffano (tra Brattirò e Caria, corrispondente alle località Scrizzi e Santusidaru – Caria – Mefiano (Mesiano ) – Bibona – e lungo la costa: Hipponium P.to ( Vibo Marina ) – Le Formiche (sono due isolotti) – Porto Hercole – Gadamo (Vulcano) – Batticane Prom (Promontorio di Capo Vaticano) – Proteria (Panarea). Pertanto fino a circa mille anni fa Brattirò si chiamava Britario.
– Altra origine potrebbe essere da un termine greco più classico, cioè Brattirò da Braghùs Reos= Basso fondo-scoglio, sempre in riferimento alla fiumarella, cioè che “ sta “, che “ scorre “, vicino alla fiumarella dove appunto rèos significa ruscello, fiume.
– Il Marafioti nelle “Croniche et antichità di Calabria “ (Padova MDC) chiama il nostro paese Britario, riferendosi alla stessa etimologia del Barrio.
– Fiore nella sua “ Della Calabria Illustrata “, Napoli 1691 lo chiamò Brittario anzi Brittario Bagnato, intendendo che è bagnato da un ruscello.
– Esperti di Toponimia formulano un’altra ipotesi: il nome Brattirò deriverebbe da Pratum (Pianura) con l’accrescitivo On ossia Pratum-One, cioè: un ampio pianoro, ovvero un terreno pianeggiante situato in prossimità di un altipiano.
– Potrebbe derivare da Bratte: nome di una principessa persiana che qui sarebbe arrivata e qui sarebbe morta, e in questo territorio sarebbe stata sepolta.
– Brattirò potrebbe derivare da Bràttea (latino: Bractea, lamina sottile). Nel linguaggio botanico si possono intendere le foglie della parte più alta del germoglio dove sono inseriti i fiori. Differiscono dalle foglie normali per la forma, le dimensioni, la consistenza, il colore. Piante così, di tale genere e natura, ci sono sempre state nel nostro territorio. Nel linguaggio archeologico la Bràttea è una lamina di metallo, che può essere di oro o argento, con decorazione impressa che era applicata come ornamento, cucita o legata, a stoffe e simili. E’ il caso delle laminette rinvenute nelle tombe reali di Micene! Alcune erano provviste di forellini per inserire il filo e fissarli come decorazioni sui sarcofagi lignei dei guerrieri o alle stoffe che li ricoprivano. Se ne sono trovate di tarda arte micenea a Cipro, Efeso, Locri . Anche nel nostro territorio sono stati trovati rinvenimenti archeologici che attestano presenze micenee. Sono stati rinvenuti: frammenti bronzei riferibili ad un tripode e perle di pasta vitrea. Le Bràttee sono del secolo V – IV a. C. ma alcune ascendono anche in epoca ellenistico – romana. L’assonanza con il mondo ellenico e/o pre – ellenico è forte e stimolante.
– Altre ipotesi: O’ Bratteola o Profillo (dal greco Pro: Innanzi e Fùllov: Foglia). Si indica il pedicello del fiore che nasce nell’ascella di una bràttea e porta inserita, nella sua parte più bassa, una o due bratteole dette profilli- o – idrofilli. E anche queste piante ci sono sempre state nel nostro territorio.
– Un’altra ipotesi è che sulle monete dei Bruzi si può leggere Bratteion/Brettion. Il professore Achille Solano di Nicotera nel libro “Liguri – Sikuli – e Greci nella regione del Poro”, a pagina 44, scrive: “Brattirò è destinato ad apparire il risultato di un evidente bilinguismo, subordinato alla Fondazione di Porto Ercole (Forum Herculis= Formicoli). Non a torto, date le caratteristiche lessicali degli elementi, il nome della “fiumara” possiamo documentarlo formato da Vereko/Bretto Rao, equivalente a “che scorre dal Figio/Bruzi”. Infatti, la precisa struttura topografica di questo corso d’acqua, nascente dai “petti” di Torre Galli e defluente al mare tra i ripidi doccioni vallivi scavati in rocce sedimentarie, appare come una preziosa conferma, nel significato intrinseco del suo toponimo dopo gli anni tumultuosi della parentesi Bruzia, d’una sensibile ripresa dei traffici commerciali di Porto Ercole “.
In effetti, Bretti-Roo può essere indicativo della fiumara quale confine tra i greci conquistatori e i Bretti, che nel soccombere, cercarono di opporre resistenza dove meglio potevano e il pianoro di Brattirò si prestava bene ad una difesa, anche se vana.
Porto Ercole (Forum Herculis = Formicoli). Porto viene dal latino portus che significa “entrata”. E’ in genere uno specchio d’acqua in prossimità della costa protetto naturalmente e quindi idoneo ad offrire un ricovero contro il moto ondoso del mare e contro i venti, dove, quindi, le imbarcazioni possono ormeggiarsi in sicurezza. Ercole è il nome romanizzato del greco Eracle (in Etruria venerato con il nome di Herkles) e certamente il suo culto giunse a Roma dalla Magna Grecia sin dal VI secolo a.C. L’Ercole romano conservò, con minime varianti, tutto il bagaglio di imprese e avventure dell’Ercole greco e si cercò, ove possibile, una stretta connessione con le tradizioni locali. Assurse, certamente a contatto con preesistenti divinità locali, caratteri funerari e etonici (greco: ethonios=sotterraneo) epiteto, presso i greci, proprio delle divinità della terra e delle forze che sovrintendono al ciclo di nascita, vita e morte della natura e dell’uomo. Fu venerato come protettore dei traffici, dei mercanti e dei combattenti, e il suo culto si diffuse ovunque.
Porto Ercole o Forum Herculis ( latino ) fu poi dialettizzato in “ Formicoli “. Era un promontorio naturale.
Nel 61 dell’Era Cristiana, San Paolo di Tarso arrivò a Reggio, qui lasciò il discepolo Stefano di Nicea, che divenne vescovo della città dello stretto, e iniziò la sua opera di Cristianizzazione di quelle genti indigene. San Paolo proseguì il viaggio verso Roma, certamente via mare, lungo la costa. Non poteva fare diversamente. Non ci sono notizie in merito o prove, ma non è utopistico ipotizzare e/o azzardare che si fosse fermato o che fosse approdato in questo porto naturale a Forum Herculis = Formicoli.
Tornando alla nostra etimologia: Bretti-roo può indicare la fiumara che “scorre sotto…” cioè che si trova “sotto” il pianoro su cui sorge Brattirò.
– Potrebbe derivare da Bryttia. Pompeo Trògo era uno storico latino di origine gallica, vissuto nel I secolo a.C. che scrise i 40 libri delle Historiae Philippicae di cui restano solo i Prolophi (o Indici) dei vari libri e l’Epitome fatta da Giustino. Epitome (greco: Epitomè=Riassunto) è il compendio di un’opera vasta e importante. Giustino Marco Giuniano, famoso epitomatore romano vissuto nel III secolo D.C., commentando le Historiae di Pompeo Trògo, parla di una donna, Bryttia, una regina che guidò i Bruzi nell’assalto a una fortezza difesa da 600 mercenari al servizio del tiranno di Siracusa Dionisio che definì quei Bruzi “Fortissimi e Opulentissimi”. Il nome Brattirò potrebbe derivare da Bryttia, il nome di questa regina.
– Bruttates. Ennio, riferendosi alla gente Bruzia, la definì Bilingues Bruttates, perché i Bruzi parlavano greco e osco. Osco è un aggettivo relativo agli Osci. Costoro erano un popolo dell’Italia Meridionale, devoto alla dea Opi, chiamati Opici dai greci. Intorno alla metà dell’VIII secolo a.C. migrarono dalla Campania verso Sud e si posizionarono nella Calabria.
– Sotto Diocleziano (240 D.C. – 313 D.C.) si ha notizia di un Corrector Brittiorum. I Corrector, presso i Romani, erano alti funzionari imperiali straordinari che comparvero per la prima volta sotto Traiano (53 D.C. – 117 D.C.). Erano per lo più incaricati di un controllo superiore, specie finanziario, sulle città libere. Dalla metà del III secolo, i Corrector erano gli amministratori di singole regioni, e, infine con la riforma di Diocleziano, furono governatori delle provincie d’Italia. Dunque, ci fu, sotto Diocleziano, un Corrector Brittiorum, cioè un governatore della terra dei Bretti che era in diretta dipendenza del Vicarius Urbis Romae. Da questo Brittiorum potrebbe derivare il nome di Brattirò.
– Brettioi. Diodoro di Siracusa racconta che nella nostra Regione arrivò una moltitudine di gente di ogni risma, ma in gran parte schiavi. Costoro dopo avere sconfitto e sottomesso la città di Hipponion (Vibo Valentia ) scesero verso la costa.
Strabone, storico e geografo greco vissuto dal 64 a.C al 21 D.C. nella sua Geografia, opera in 17 libri, di grande interesse come fonte inesauribile di notizie storiche e culturali e sia perché fece una vera e propria storia della geografia da Omero in avanti, la cui evoluzione ci sarebbe altrimenti ignota, scriveva, così come Diodoro Siculo, che il nome Brettioi dato a questa gente, significava “Ribelli, Schiavi”. Questa gente venne in conflitto con gli indigeni, cioè con la gente delle campagne del nostro territorio. Erano famiglie sparse che vivevano di agricoltura e pastorizia e non erano associati in clan ma ognuno badava per sè. Ovviamente, non combatterono contro i nuovi arrivati perché non avevano né i mezzi e né la mentalità del conflitto; volevano solo vivere in pace e del proprio, misero, lavoro. Strabone perlava di una “organizzazione sociale” e di “costumi particolari, di lingua, di armamento, di vestiario all’ nterno degli insediamenti assolutamente trascurabili”. Gli “insediamenti” di cui parla Strabone, costituivano la prova materiale della presenza dei Brettii. Strabone ci permette di individuare specifiche categorie materiali rappresentate da “insediamenti”, dalla “lingua”, dall’”armamento” , dal “vestiario”. I nuovi arrivati furono chiamati Brettioi, perché gli schiavi, nel dialetto o linguaggio ancestrale degli indigeni, venivano definiti, appunto, Brettioi che suonava dunque come schiavo. Gli indigeni (cioè quei campagnoli del nostro territorio) e i Brettioi familiarizzarono e convissero in pace in un unico, grande agglomerato: Brattirò da Brettioi. Questa storia, raccontata da Strabone, avvenne nel 356 a. C.!
Pasquale Vallone