Mico Famà con la sua fantasia letteraria e scrittura creativa ci offre un nuovo avvincente racconto. Protagonisti sono un uomo maturo e un olivo secolare, di un angolo di Calabria, che si incontrano in una serie di capitoli, fatti di domande e di risposte, di silenzi e ripensamenti, nel guardare se stessi e il mondo, oggi.
E’ un albero, questo di Famà, che non parla ai bambini come nelle fiabe. Parla agli adulti di oggi, ad un mondo diventato più adulterato che adulto, dimenticandosi della Natura e del Creatore. Si risveglia, in certo modo, il mito che conduce alla scienza, che provoca la scienza, in questo incontro onirico, paradossale, fantastico con un albero parlante. Sì, in fondo, le piante, sappiamo, hanno delle percezioni e recepiscono, con una sensibilità tutta loro. Bisogna decodificare il loro linguaggio. Dice qualche scienziato che, se noi imparassimo la lingua delle piante, riusciremmo ad ottenere un controllo globale sullo stato di salute dell’ambiente, in modo del tutto innovativo. Ma qui c’è di più, l’autore vuole dare una ulteriore provocazione: non è un suono o un segnale veicolanti magari speciali significati. No, è vera e propria comunicazione linguistica, che assume il carattere di descrizione, definizione, distinzione, argomentazione. Atto tipicamente umano. E’ la ricerca inquieta dell’autentico, del naturale, del proprium, che non trovo più nell’uomo mio simile. E’ la nostalgia di un Volto, con cui relazionarmi veritativamente, la cui immagine e somiglianza mi appartiene profondamente.
Certo, il racconto trabocca del desiderio di avanzare nelle virtù ecologiche, nell’equilibrio cosmologico, nell’intelligenza sociologica. Il concetto personale e collettivo che abbiamo di vita non è indifferente, l’alleanza tra l’umanità e l’ambiente con la cura del creato è urgente, ci ricorda papa Francesco. Non per nulla, fin dalle prime pagine della Bibbia compare un albero, insieme all’uomo. Al centro dell’Eden c’è l’albero della vita. Tanti gli alberi citati nell’Antico e Nuovo Testamento, dal teberinto e sicomoro, al fico e olivo. Alberi da frutta e alberi utili. L’albero diventa un medium di interpretazione del nostro ambiente, interiore ed esteriore. Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica:<<L’interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre >> (340).
Metafora e realtà si conciliano nella pianta perenne. Grande amico dell’uomo è l’albero. Quanto dobbiamo alle piante per la nostra nutrizione, per il nostro vestiario e, aggiungo, per il loro esempio? Soprattutto a loro dobbiamo la purezza dell’aria, ci preservano dalla morte. In fondo, sono migliori degli uomini e degli animali. Essi donano solamente, si spogliano di loro stessi per rigenerarsi. Che lezione! Ci danno il fiore, il frutto, l’ombra, il riparo, il calore, il profumo. Ricordo sempre una bella poesia appresa in seconda elementare, dedicata agli alberi: <<Sempre fermi, sempre ritti/, sempre zitti,/come impavidi soldati, /stanno i buoni alberi, armati/ sol di foglie e fiori e frutti,/ di cui fanno dono a tutti./ Creature del Signore,/ nel suo nome, per amore,/tutto danno/ quel che hanno/ e per sé tengono solo/ un gorgheggio d’usignolo,/ un fischietto di fringuello, / un sussurro di ruscello>>.
La lezione magistrale dell’amico albero, ci aiuti, dunque, a non guardare solo a destra o a sinistra, ma a mettere radici in profondità e occhi penetranti in altezza, terra e cielo, composto della nostra umanità, sintesi meravigliosa di luce e d’amore.
Filippo Ramondino
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