Oggi, 16 maggio 2016, nel mio ormai consueto peregrinare, amici miei, mi ritrovai a S. Agata.
Il mio sguardo rimase impietrito, le mura della chiesetta ormai diruta, che continuano a lottare contro l’imperversar delle intemperie, sembrava cogliessero il mio stato d’animo e mostrassero come me incredulità e tristezza.
La storica fontana che vanta a bella vista la sua longeva età, Caria 1895, è asciutta, non più rallegra l’animo del viaggiante quel suono cadenzato dello sgorgar dell’acqua dalle cannelle, non più ristoro e freschezza che anticamente rinfrancava uomini e bestie assetati e stanchi.
Arida e muta la fontana in un panorama grigio e abbandonato.
E’ in questi luoghi che si nota di più la brutalità dell’animo umano, un territorio bellissimo che splendeva di una ricca vegetazione agreste e nello stesso tempo fiorente di preistoriche presenze e d’indiscussi siti archeologici, è stato letteralmente smembrato e violentato con mostruosi monumenti di cemento armato, col rischio che rimangano tali, il tutto racchiuso in una discarica a cielo aperto e da un nauseabondo immondezzaio.
Questo lasceremo ai nostri figli.
Aggiungo qualche foto di come si presentava prima il paesaggio, giudicate voi.
Agostino Gennaro