Il gruppo Identità e futuro per Zambrone ha presentato mozione comunale avverso la proposta di legge numero 3420, a firma di alcuni deputati del Partito democratico, di metà novembre 2015 e già assegnata alla Commissione affari costituzionali della Camera.
L’obiettivo di tale proposta è la cancellazione, mediante fusione, di tutti i comuni con meno di 5000 abitanti.
Preliminarmente occorre tenere presente i numeri. I comuni d’Italia sono 8046. Spagna e Germania hanno un numero leggermente superiore. In Francia, addirittura, i comuni sono 36500. In Italia, la media è di un comune ogni 7000 abitanti. In Spagna e in Germania di uno ogni 5000 mila. In Francia, uno ogni 1500 abitanti. L’incidenza debitoria dei Comuni rispetto al Pil è di circa il 3% (peraltro in costante diminuzione), mentre quella delle amministrazioni centrali è pari, all’incirca, al 99% (dati ufficialmente rilevati un paio di anni fa e quindi oggettivamente consolidati). Anche le grandi realtà municipali hanno prodotto debiti e fallimenti politici di portata epocale.
La recente storia conferma ciò. È sufficiente ricordare il caso del comune di Roma, per il cui salvataggio è stato necessario un decreto seguito da cospicui finanziamenti. Ma anche, la situazione debitoria di città come Palermo, Catania, Vibo Valentia e così via. Insomma, se i piccoli comuni nel corso della loro storia non sempre hanno fatto un uso razionale e oculato delle loro risorse, le grandi realtà municipali hanno fatto di peggio. L’abolizione dei piccoli comuni non sarebbe la panacea di tutti i mali. L’esperienza, infatti, insegna che la crisi degli enti ha radici ben più profonde e differenti dalle loro dimensioni abitative e geografiche. Essa invece ha una duplice natura: mancata realizzazione di una riforma sistemica e arretramento morale, politico e culturale che ha interessato il sistema istituzionale nazionale, in modo particolare, nell’ultimo quarto di secolo.
Lungi dall’idea di mantenere lo status quo è evidente che occorre avviare una nuova stagione di riforme degli enti locali e di riassetto delle municipalità. Una gestione sempre più ampia dei territori, una programmazione delle opere pubbliche su una scala più vasta di quelle dei singoli comuni, una gestione dei servizi consortili sono le nuove frontiere delle municipalità. Ed anche le municipalità non possono più prescindere da basi programmatiche, sistemi di valori, prassi innovative capaci di ridare slancio alla vitalità dell’ente. Risorse e fattori che spetta proprio alle popolazioni delle realtà comunali fare emergere.
Un’eventuale frattura fra rappresentanza politica e territorialità rischia seriamente di minare il senso identitario, di dissolvere la necessità di partecipazione alla vita pubblica e di avviare una fase di scadimento del senso democratico. La delega della gestione territoriale a soggetti slegati dalle comunità e dalle loro dinamiche umane e politiche assesterebbe il colpo definitivo ad ogni ipotesi di emancipazione delle popolazioni comunali.
Marina Grillo
Corrado L’Andolina
(Identità e futuro per Zambrone)