Di seguito tre extract del libro della scrittrice sarda, Bianca Mannu, pubblicato dalla Thoth Edizioni di Capo Vaticano, intitolato -appunto- I RACCONTI DI BIANCA:
Fiela (exstract) –p.25
Chiuse le finestre e spente tutte le luci, subito era cominciata una musica e, sul lenzuolo, si disegnavano tante figure che si muovevano veloci e dicevano cose.
Credo che dopo un po’ mi si sia rizzata la testa per il gusto di non perdere neanche una figura. Era così bello che mi venivano le lacrime senza singhiozzo.
E dopo ero attenta a quello che suora Santina spiegava quando erano tornate le luci. E diceva proprio questa parola “film” per significare la storia con le figure che parevano proprio vere, ma non si lasciavano toccare. E io in letto mi facevo tornare davanti agli occhi le figure e Fiela ripeteva: «Film, film». E non la finiva più di mandare la saliva nella stanza della bocca.
Il film era la cosa più bella che ci poteva capitare, perché lo si poteva guardare dal letto a occhi chiusi finché ti addormentavi e nessuna bestia poteva rovinarti il sogno.
Ecco, entrare nell’aula della scuola mi ha fatto tornare in mente quest’idea di farmi i film. Infatti, facendo scivolare le figure nel pensiero, ho immaginato che potevo scrivere qualcosa sul diario dei compiti, la mattina dopo. A volte scrivevo un nome, oppure un’intera frase. Ma questo solo quando sono diventata veloce a scrivere. Altre volte facevo un disegno e ci mettevo i nomi giusti delle cose e delle persone, così i miei film erano assicurati
Non sono quella della scala 6 (exstract)- p.34
«Quassù va tutto ok! »
Era come uno sparo che non so da chi uscisse.
«Ok, ok!» Ripeteva. E mi pareva che il suono fosse di porta sbattuta. Ed ecco che mi salta alla vista questa frase, come su un cartiglio: “Noi, ex gente di campagna e di pecore, diciamo ok come gli yankee, dato che ci siamo fatti i casermoni come a Brooklyn.”
Mi era tanto piaciuta sul momento! Perché disprezzava il parlare americano con le fave bollenti in bocca. Noi sardi ne capivamo di fave!
Anche io, vecchia lollona, ho imparato a dire ok, senza accorgermene. Quante cose s’imparano dalla TV! Oh, io so che imparo. E mi ripetevo, come avessi una specie di ridarella: «Per me va abbastanza ok. Non faccio come Teresa che si ferma sempre all’abbastanza. Sto abbastanza» , dice.
«Althzeimer», le rispondo io, allora. Però ho il sospetto che pure io…
Da un momento all’altro (exstract)- 51-52
Privata del sottofondo sonoro e persino frenetico emesso dalla radio e più spesso dalla TV, attestante la presenza di Mario in casa – buono magari per rimproverargliene il fastidio – ora doveva contare solo sugli incerti puntelli costituiti dai “pour parler” con i conoscenti, racimolati durante la settimana lavorativa ai mercati o sulle soglie dei negozi. Dunque noia assoluta. Con accidia festiva.
C’era silenzio nelle strade roventi della periferia ed ella aspettava il tramonto per aprire le avvolgibili e affacciarsi sul parapetto ancora infocato del balcone.
Sotto, sfrecciare e arrestarsi stridente di auto. Voci. Strascichio di zoccoli sui marciapiedi. Le comitive familiari cariche di spiaggiole e variopinti bagagli, spettinate, cotte e stravolte, rientravano.
Com’è che non le era venuto in mente? Decise che avrebbe allontanato la noia frequentando la spiaggia, anche da sola. Forse vi avrebbe incontrato qualcuno con cui uccidere un’ora o due con le chiacchiere.
All’inizio, però, scansava i conoscenti vergognandosi del pallore, un poco verdognolo, delle carni con gli stigmi dell’età spietatamente esposti alla luce e agli sguardi. Ma poi, nella folla crescente dei corpi, considerò la loro sostanziale equivalenza e perciò scomparve a sé stessa. Si sentì anonima e tranquilla, e trovò occasionali compagnie.
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