Le tradizioni sono parte integrante della storia, poiché rivelano il genio dei popoli che tratti al meraviglioso usano un linguaggio proprio e tutto pooetico. La natura cede alla storia, ma la storia si nasconde nella caligine dei tempi che più non sono, poiché le belle opre, “che non hanno cantor l’oblio ricopre”.(Corso).
Oggi ritorneremo sui luoghi della memoria per onorare, anche se con la mia alquanto modesta pagina di cronaca, coloro che hanno contribuito a portare alla luce questi reperti di inestimabile valore storico.
Innanzitutto desidero chiarire che non sono un Archeologo, né sono socio della “Paolo Orsi” anche se ne sarei onorato di farne parte, ma non è il mio campo, io sono solo uno studioso di storia locale, amo la mia terra e cerco di condividere con gli altri le mie conoscenze.
Per quanto concerne la nostra zona è inestimabile l’opera dell’Orsi, sicuramente encomiabile quella del Pacciarelli, che integra e completa la documentazione grafica e fotografica fornita da Paolo Orsi con nuovi corredi di particolare rilevanza, del Kiliam (1970), del Peroni (1970, 1974, 1976, 1979, 1994), dal Carancini (1984), dell’Holbl (1979) e dello Schauer (1982), il nome dei quali, giustamente, riempie le pagine della storia dell’archeologia.
Perciò nulla togliendo agli illustri archeologi, i nomi dei quali e la loro fama sono entrati nei libri di storia, è giusto e doveroso che il resto non venga solo menzionato “Equipe” dell’importante Archeologo di turno. Perché Equipe non è un oggetto ma un team di persone: professionisti, studenti o semplici lavoratori con nome e cognome che avrebbero diritto, per il loro impegno profuso e la professionalità nell’eseguire gli scavi e riportare alla luce nella totale integrità i preziosi oggetti, di essere citati, di entrare nella storia, anche se da semplici coadiuvanti, di questa importante scoperta e raccolta di reperti e non essere, come generalmente avviene, cancellati.
Io oggi, anche se nella mia modesta piccolezza, vorrei sopperire, almeno in parte, a questa mancanza, dando a un volenteroso e appassionato tutore dei luoghi e di beni archeologici, nonché ottima guida, Rombolà Francesco (Ciccu u Cirinu), il ruolo che gli spetta: la prima pagina.
Siccome rimango dall’idea che le testimonianze di un passato, che vengono narrate dalla viva parola del popolo, ci coinvolgono più di quelle scritte, stimolavo Ciccu alla narrazione e descrizione dei luoghi.
Sapevo della professionalità di Ciccu, della sua conoscenza dei luoghi e della fiducia che lo stesso godeva sia dagli esimi archeologi, sia dalla Sovrintendenza, tanto da essere il custode di tanti ricchi e importanti reperti.
Ci accoglie, come vedete dalla foto, accanto alle sue creature ben ordinate e catalogate. A prima vista, al nostro occhio profano, si presentano come ciottoli e tanti rottami di argilla, ma Ciccu ce li ha resi subito testimoni di millenni di storia dal neolitico al bronzo, dal greco al romano e così via, tutto materiale di questo piccolo, ma storicamente grande, lembo di terra.
Abbiamo iniziato il percorso dalla “Piana di S. Maria” di Caria dove, nei sondaggi per costruire la variante di Caria, emersero urne cinerarie, nove conservate nel museo, di una Necropoli del Neolitico. A circa duecento metri di distanza da detta Necropoli evidenti segni di una zona residenziale dello stesso periodo.
Risalendo la strada che porta a Torre Galli abbiamo incontrato, in località “Cava Vigne” il primo sito della necropoli, scoperta nel 1967 quando nella stessa località era stata aperta una cava. Purtroppo quando le persone competenti si sono accorte era troppo tardi, circa trecento tombe erano state distrutte.
Giunti a Torre Galli, oltrepassata la residenza estiva della famiglia Galli, abbiamo visitato la Necropoli portata alla luce da Paolo Orsi, 336 tombe, e, sul pianoro difronte, l’insediamento di Torre Galli nei cui pressi si trovava una antica e monumentale fonte, da mani ignote trafugata.
Ciccu, con la sua padronanza dei luoghi, la proprietà del linguaggio, la conoscenza dei materiale non ha niente da invidiare ad un esperto archeologo, anche se lui si schernisce dicendo che i suoi titoli si fermano alla scuola elementare. La passione per la materia e la sua caparbietà allo studio, ancor più perché autodidatta come dimostra la sua ricca biblioteca in materia, merita il nostro riconoscimento e la nostra stima.
(CONTINUA)
Agostino Gennaro