STORIE LOCALI E STORIA
Storie locali, piccole storie, comunità e cittadini che appaiono o sono realmente marginali, inessenziali e invisibili. Eppure la storia, la grande storia, è fatta dal confluire in essa di tante piccole storie, di tante piccole comunità che danno vita all’insieme.
Naturalmente la Grande storia attraversa anche le piccole comunità. Istruzione, fattori religiosi, servizio militare, costumi, etc… creano circuiti e sistemi di scambio che mettono in una stessa rete di relazioni il piccolo e il grande.
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Una prova di questo circuito virtuoso è stata individuata a Gasponi di Drapia (VV), piccolo paese del vibonese che ha visto la dedicazione della chiesa parrocchiale al S. Acendino, il 21 dicembre 2014.
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La vecchia chiesa è stata infatti dichiarata inagibile dai vigili del fuoco ed è stata abbattuta. Occorreva costruire la nuova casa del Signore per il popolo di Dio che forma la comunità di Gasponi.
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Si è mossa la Chiesa, si è mosso il Comune di Drapia, si è mobilitata la comunità.
Dal 2013 al dicembre 2014 la nuova Chiesa è stata costruita e il 21 dicembre 2014 è stata consacrata e si è svolta la cerimonia, commovente, della dedicazione.
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La sinergia di forze, la condivisione dell’obiettivo ha dato le ali per ben operare. Presto e bene, raro avviene dice un vecchio adagio. A Gasponi si è fatto presto e bene.
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Commovente perché l’emozione della comunità che vibra di gioia e di orgoglio era visibile. Vecchi parroci, amici e parenti sparsi per il mondo hanno offerto denaro per la ricostruzione.
Ci si è sentiti uniti, al di là dello spazio che separa, al di là del tempo della fuga dal Paese natio, per cercare altrove quello che qui non c’era più.
È tuttavia la forza della memoria, la coscienza civile delle radici, la volontà di non cancellare una storia che ci appartiene.
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E poi la percezione netta della partecipazione alla Grande storia. Il rito della dedicazione, con il vescovo di Mileto, Monsignor Luigi Renzo e un vescovo emerito di Lamezia Terme, Monsignor Rimedio. E i parroci dei paesi e delle parrocchie vicine. Il sindaco, il rappresentante del prefetto, i rappresentanti delle forze dell’ordine. E una folla proveniente da tutta l’area.
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Ma soprattutto l’arte. Una chiesa moderna pensata da un architetto che ha accolto la sfida. Un Presepe napoletano. Un classico. Un crocefisso in bronzo, l’altare, il fonte battesimale…
La bellezza che racconta la nascita di Gesù, la Redenzione, il battesimo… un’arte che si collega ad una tradizione altissima e che rende tangibile il legame, insieme al rito, a una Chiesa universale, a una storia unica.
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Un particolare soltanto per sottolineare la partecipazione emotiva dell’Artista alla creazione del Cristo in croce: si vede un uccellino sul braccio della Croce. Il segno dell’Artista, Giuseppe Farina.
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Cristo viene inchiodato alla croce. La corona di spine e i chiodi conficcati nelle mani e nei piedi fanno sgorgare il sangue dal corpo di vero uomo del Dio crocefisso. I colpi sordi dei martelli fanno volare via gli uccelli. Tutti, tranne uno.
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Un passerotto guarda quel corpo martoriato e sente quella sofferenza. Vuole lenirla. Quando la Croce è piantata sul Golgota l’uccellino tenta di togliere una spina dalla fronte di Gesù morente. Le sue forze sono impari all’impresa. Non ci riesce. E nel vano tentativo si macchia le piume del petto di sangue. E le piume diventano rosse.
Gesù lo ringrazia e gli parla. E promette che tutti i discendenti di quel generoso uccellino conserveranno il rosso sulle piume del petto. Nasce il pettirosso.
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L’Artista Farina racconta una leggenda. Dà un tocco di delicata partecipazione al dolore di Gesù da parte delle creature che assistono impotenti al sacrificio del Figlio di Dio.
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Leggende, simboli. L’Arte che conserva e si rinnova.
Piccole storie, piccoli spazi che sono essenziali per la nascita dei grandi spazi e perché il linguaggio universale dell’Arte spicchi il volo e parli al mondo intero da qualunque sia lo spazio nel quale la scintilla dell’Arte nasce.
QUI SI FA LO STORIA
“Qui si fa la storia; anche qui si fa la storia”.
Le parole del vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Mons. Luigi Renzo, arrivano semplici e solenni alla comunità di Gasponi ed ai tanti a Gasponi venuti per partecipare alla dedicazione della ricostruita chiesa parrocchiale del borgo che ha come Santo protettore Acendino.
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Semplici perché la storia la facciamo tutti noi.
La storia anzi siamo noi. Coscienza e memoria collettiva anelli di una catena umana che affonda le radici nella notte dei tempi e che si proietta con fiducia nel futuro.
Solenni perché pronunciate in una occasione che per la chiesa e per la comunità dei fedeli e dei cittadini di Gasponi ha un’importanza decisiva: si celebra la dedicazione della chiesa parrocchiale.
Perché la vecchia chiesa è stata abbattuta ed è stata costruita la nuova.
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La dedicazione vede un edificio sacro immerso nella luce del giorno e nello splendore delle stelle e della luna quando le tenebre coprono la terra. Le vetrate longitudinali incastonate nei muri e gli oblò costruiti nel tetto mettono infatti la chiesa in uno spazio aperto verso l’esterno, verso la terra e verso i cieli.
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La Chiesa ricostruita riceve poi una reliquia preziosa che riconduce a S. Domenica: è il simbolo del martirio patito da molti cristiani nell’area della Diocesi, allorché i nostri Padri scelsero Cristo e abbandonarono gli dei falsi e bugiardi del mondo pre-cristiano.
Radici lontane che solcano ormai i millenni e che guardano al domani. Una storia che appartiene di diritto al lungo periodo.
E poi il Santo protettore S. Acendino, martire cristiano ucciso nella lontana Persia e scelto come protettore qui.
Qui in un Comune dove altri Santi protettori – i Santi Cosma e Damiano a Brattirò – vengono dalla Siria e in cui la protettrice di Tropea è la Madonna di Romania.
Testimonianza di scambi antichi, di aperture verso l’altrove nella coscienza di essere membri di una comunità universale e uomini e donne figli di una terra crocevia tra Oriente e Occidente.
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La comunità di Gasponi ha così pagato un debito d’onore verso i Padri. Ha creato un luogo di memoria e di speranza, di identità e di fede, di bellezza e di partecipazione per il futuro.
Ha adempiuto consapevolmente al dovere sacro di conservare il passato e di creare il futuro.
Saverio Di Bella
Ho provato grande emozione nel leggere la riflessioe del mio maestro e amico professore Saverio Di Bella. Emozione fortemente partecipata da altri amici e compagni, con i quali ho condiviso la lettura. Emozione che nasce dalla mia convizione che spazi e luoghi, come una chiesa di un piccolo paese, possono produrre. Emozione che si leva nel vedere rinascere un simbolo sacro, un luogo di storia e di eventi e non per ultimo di socializzazione. Una nuova costruzione che contiene e mantiene in sè la sempre viva atmosfera di devozione e di pietà popolare espressa dalla fede.
Approfitto di questo spazio per tributare a Saverio, “il Professore Di Bella”, del quale mi onoro essere stato allievo di scuola e soprattutto allievo di vita, la mia riconoscenza per gli insegnamenti che mi ha dato.
Saverio, ha saputo creare negli anni 70 una fucina umana, capace di entusiasmare moltissimi giovani creando così nuove coscienze. Egli ha trasfuso in noi, piccoli esseri in tutti i sensi, che ci affacciavamo alla vita il desiderio di crescere.
E così molti noi, compreso il sottoscritto, inconsapevolmente ci siamo abbeverati alla fonte della sua smisurata cultura, che il “Professore” dispensava con generosità.
Mi sento per l’appunto, forgiato, trasfuso, e profondamente formato dai sui insegnamenti, e oggi, come allora, leggendo le sue parole mi si risveglia l’entusiasmo, perché riesco a sentire lo spessore di un grande uomo che riesce ad esprimere e trasmettere valori anche con gli spazi vuoti tra le parole scritte.
Grazie Saverio
Pasquale Rizzo