RICEVIAMO e PUBBLICHIAMO:
Ancora una volta siamo giunti, per nostra fortuna, al periodo delle festività religiose a cavallo tra due anni.
Non voglio soffermarmi sul significato e sull’importanza religiosa di tale periodo, né sulla ormai radicata valenza commerciale e consumistica che ha assunto nel corso degli anni.
La mia attenzione è rivolta piuttosto agli aspetti più squisitamente popolari delle feste natalizie, con qualche semplice considerazione.
Chi è giovane o giovanissimo può anche vivere quel clima “magico” che si respira nell’attesa e durante tale periodo, soprattutto nei piccoli paesi come il nostro.
Ma solo quando non si è più giovani si riesce a valorizzare il senso più profondo del vissuto attraverso un processo di “affioramento” dei ricordi dai recessi della memoria.
E per coloro che sono lontani dal “paese nostro”, i ricordi diventano più vivi ed, ahimè, più pesanti e pregni di melanconia.
Ricordo con quale ansia si viveva l’attesa per l’arrivo del Natale e di tutto ciò che ad esso era connesso: le vacanze scolastiche, forse qualche vestitino nuovo, qualche dolce, i curuji, u’ porcu, i
botti: bumbi, bumbuni, tric-trac, sirene, surfalora…
Ricordo il senso di “comunità” che si respirava nella chiesa durante le messe di tutto il periodo: tutti con il vestito nuovo o quasi, a farsi gli auguri per strada fin dalle notti e poi dalle prime luci del giorno di Natale o di Capodanno, facendo quasi a gara a chi si faceva avanti per primo.
E i canti, a volte non proprio intonati, che riempivano la chiesa come folate di vento che si diffondevano lungo le navate piene fino alla porta e fuori; e noi bambini, discoli ed eccitati, intorno all’altare, a prendere colpi sulla testa dalle dita dell’abate Pasquale o a guardare qualche ragazzina tra i banchi…
Ricordo la canzone “ di notte a mezzanotte” a noi più nota come “sul fieno e sulla paglia” che noi bambini urlavamo a squarciagola mentre si faceva la fila per baciare il Bambinello.
Ricordo che la sera a cena bisognava mangiare tredici “cose” e se non c’erano, e non sempre c’erano, bisognava inventarsele.
Era un clima “irreale” che vivevamo come solo i bambini possono fare.
Ora che bambini non lo siamo più, vorremmo rivivere quei momenti, riascoltare quei canti, assaggiare ancora quei poveri cibi, risentire i colpi delle bombe sull’asfalto o contro i muri delle case in piazza.
Sono consapevole che si può farlo benissimo, ma non sarebbe la stessa cosa ed il piacere che ne ricaveremmo sarebbe una pallida ombra rispetto a quello che ci riempiva il cuore e la mente in quei giorni.
In realtà basterebbe un suono, un profumo, un grido, una luce per far riemergere, almeno in parte, quei ricordi.
Ebbene io chiedo alla redazione di Vibonesiamo, se è possibile registrare in chiesa, se ancora si canta, quella canzone “sul fieno e sulla paglia” e pubblicarla.
Sarebbe sufficiente quel suono a far riemergere un mondo ormai sparito per quelli che come me non sono presenti in questo Natale 2014.
Grazie comunque!
Buon Natale a tutti voi ed a coloro che leggeranno queste righe.
Pasquale Pugliese
Sul fieno e sulla paglia e niente di più!!!!!!!!!!!!!E’ si Ma quanti non ci sono più sono andati via insieme alla canzone?