Tropea Blues e Teatropea: “X-migranti”

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Sensibilizzazione, consapevolezza e maggiore attenzione nei confronti di un fenomeno che colpisce, specie in questi giorni, le coste calabresi e il territorio vibonese.

Con il titolo “X-Migranti”, si è rivelata un successo di pubblico e critica la performance teatrale che si è tenuta la scorsa domenica all’interno del Tropea BLUES FESTIVAL, organizzata e realizzata grazie all’impegno e alla professionalità della compagnia teatrale “TEATROPEA”, curata da Francesco La Torre e Maria Grazia Teramo.

Circa trenta ragazzi extracomunitari, provenienti da diversi paesi dell’Africa e attualmente ospitati in strutture di accoglienza calabresi, sono stati i veri protagonisti di uno spettacolo-non spettacolo, di una dimostrazione reale, piuttosto, delle esperienze  di vita drammatiche di chi fugge dal proprio paese alla ricerca della felicità.

“X-migranti” si contraddistingue già dalla scelta del titolo: una “x” che rappresenta insieme gli emigrati e gli immigrati, stessi individui visti da due punti di vista diversi, ma che pone l’accento, soprattutto, sull’essere nessuno, sull’essere un’incognita per molti. Persone come tante, che però non hanno nome, non hanno paese, non hanno identità. Quasi due ore di perfomance che sono state, a quanto spiega Francesco La Torre, il frutto di un processo creativo che ha coinvolto tanti ragazzi provenienti da esperienze diverse ma accomunati dal fenomeno dell’emigrazione.

I ragazzi, dopo un primo periodo di comprensibile chiusura, iniziato durante un lungo laboratorio che li ha coinvolti nei mesi scorsi, hanno aperto il loro cuore al publico, raccontando le proprie vite, i propri drammi, i propri sogni. Il percorso è iniziato, tra reticenze e vergogna, con la creazione, da parte di ciascuno, di storie personali raccontate attraverso la scrittura: oltre 50 elaborati, tra lettere, canzoni e semplici sfoghi, sono stati il prodotto mediano che ha portato, domenica, alla messa in scena della loro vita reale.

Insieme a loro, veri protagonisti della performance, anche attori calabresi giovani e promettenti (Michele Colace, Sara Colace, Angelo Euticchio, Francesco Carchidi, Antonella Carchidi e Noemi Di Costa) che hanno interagito nella “piece” con uno scopo: quello di evidenziare lo scarto tra due mondi diversi che si incrociano. Tra l’alienazione della civiltà occidentale, senza ascolto e comunicazione, alla gioia di vivere di chi ogni giorno sperimenta il dolore, la guerra, la fame. Un senso di comunità che noi abbiamo perso e che dovremmo riconquistare sforzandoci di essere più solidali e comprensivi verso gli altri, verso chi, come tanti immigrati, si ritrovano in un paese lontano dalla propria casa: gli viene consegnato un cellulare, simbolo per noi di civiltà, per loro oggetto insignificante che, paradossalmente, li allontana ancor di più dalla loro cultura.

Un messaggio raffinato è passato nella splendida cornice della spiaggia di Marina dell’Isola di Tropea e ha attraversato il cuore di tanti presenti. Neanche la differenza di lingua (i giovani emigrati hanno parlato in lingua inglese) si è rivelata un ostacolo: il pubblico ha tradotto le loro parole semplicemente guardando gli occhi dei narranti. Non uno spettacolo teatrale, quindi, fine a se stesso, ma un incoraggiamento alla civiltà e alla sensibilizzazione, raccontato non da attori, ma dai protagonisti stessi di queste esperienze che, specie in queste ore, popolano le pagine dei giornali e i servizi televisivi. Il messaggio di “TETATROPEA”, abbracciato e condiviso con orgoglio dall’associazione “TROPEA BLUES”, è chiaro: fratellanza tra i popoli e impegno crescente verso una piena condivisione dei diritti umani.

<Ringrazio Maria Grazia Teramo – ha aggiunto Francesco La Torre, “padre”dell’iniziativa – che ha dato se stessa per questo progetto e che proseguirà, quasi certamente, con nuovi laboratori dedicati agli immigrati anche durante i mesi invernali. A Cristian Saturno, presidente dell’associazione “Tropea Blues”, va un ringraziamento speciale per averci accolto nella programmazione del festival e per aver condiviso il nostro intento>.

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