Per commemorare la figura di uno dei più importanti artisti del Novecento, nel suo paese d’origine, San Costantino Calabro, è stata allestita una piccola mostra espositiva di alcune sue opere.
Promotrice dell’iniziativa è stata l’associazione culturale “Agorà”, attiva già da tempo sul territorio, presieduta da Pasquale Mercatante e composta da numerosi giovani.
L’evento espositivo, collocato nell’auditorium della “Casa del Popolo”, è stato aperto al pubblico con un interessante convegno a cui hanno preso parte intellettuali di spicco nel panorama calabrese, come i docenti Vito Teti e Luigi Maria Lombardi Satriani, e lo scrittore Mico Famà.
Ai loro interventi è necessario attribuire un particolare valore, non solo per il contenuto culturale e scientifico, ma soprattutto per la testimonianza personale di questo personaggio a cui erano legati da rapporti di amicizia.
Dopo i saluti del sindaco del paese Nicola Derito e del portavoce di “Agorà”, Fabio Lico, ad aprire i lavori è stato il direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, Gilberto Floriani. Quest’ultimo, oltre a moderare gli interventi, ha sottolineato la portata positiva di un evento finalizzato a mantenere viva la memoria di un illustre personaggio calabrese anche tra le nuove generazioni, a cui nell’occasione è stato raccontato dalla voce di chi ha avuto la fortuna e il privilegio di conoscerlo.
Oggi abbiamo la possibilità di conoscerlo attraverso le sue opere in cui ha scelto di narrare la Calabria e lo ha fatto con l’uso di diversi linguaggi: la pittura ad olio, la xilografia, la grafica e la poesia. Il tema prevalente, anche nelle sue composizioni poetiche, è la cultura popolare come è emerso dalla lettura in sala di alcuni versi, tratti dal volume “Fatti, figuri e cosi calabrisi” edito da “Case Segrete”, affidata alla voce e all’interpretazione di Sergio Gambino, figlio dello studioso Sharo Gambino.
Un contributo fondamentale per l’interpretazione delle opere pittoriche di Enotrio è stato dato dal critico d’arte e titolare della galleria d’arte “Il Ponte”, Remo Piperno. “Rappresentava la realtà per quella che è – ha spiegato – e non si sottometteva alla realtà della psiche, aiutato anche dalla sua forte memoria visiva. Nelle sue nature morte si coglie il sapore antico degli oggetti che rappresenta e nel gioco di chiaroscuro il senso dell’abbandono”. E poi ha concluso affermando: “i colori utilizzati, in prevalenza l’azzurro, rendono unici i dipinti di Enotrio, inconfondibili anche tra altri mille”.
A seguire è stato Vito Teti, professore ordinario di Etnologia all’Università della Calabria a prendere la parola. “Enotrio manca alla Calabria. Dopo di lui – ha detto – nessun pittore ha saputo e voluto raccontare la Calabria con il suo sguardo umano e attento, con emozione e lucidità. Perché i paesi, i tetti, i muri, i bambini, le strade, le ferrovie, le marine che amava dipingere fanno parte della sua auto-percezione del mondo che lo circondava, all’interno di un rapporto intenso, sofferto, contraddittorio che aveva stabilito con la sua terra, un rapporto quasi ossessivo”.
Di fronte alle miserie della Calabria, ai suoi grandi contrasti Enotrio non è né retorico né rassegnato. La sua personalità di uomo politico impegnato per gli umili e gli ultimi, non lo permetterebbe. Attraverso la prevalenza del grigio sofferto descrive i patimenti del mondo che osserva con sensibilità realistica. Come ha poi spiegato Luigi Maria Lombardi Satriano, professore ordinario di Etnologia all’Università La Sapienza di Roma, la Calabria per Enotrio è la sua patria “culturale, non quella anagrafica che accomuna in maniera indistinta. Mentre la prima la possiamo eleggere liberamente ed è il centro degli affetti, luogo in cui si crea il legame tra l’uomo e il luogo. Per Enotrio la Calabria era la metafora dell’anima, come per Corrado Alvaro fu l’Aspromonte e per Leonardo Sciascia invece la Sicilia”. La scelta di concentrare il suo interesse pittorico sulla sua terra d’origine appartiene ad una seconda fase artistica. In un primo momento aveva rivolto la sua attenzione alla squallida periferia romana dell’immediato dopoguerra. Nato in Argentina, da genitori calabresi emigrati, Enotrio vive fino dall’età di sei anni fino ai 18 anni a San Costantino Calabro, per poi trasferirsi a Roma dove intraprende i suoi studi universitari, ma soprattutto inizia a dedicarsi alla pittura.
A chiudere il giro degli interventi è stato lo scrittore Mico Famà, ex sindaco del paese, con un ricordo molto commosso di Enotrio come persona prima che come artista, al quale era legato da una profonda amicizia e da comuni ideali. “Era un comunista. Il suo animo lo portava a stare con gli ultimi della società. Era rispettoso di ogni idea religiosa, pur non essendo credente, e politica. L’amore incondizionato per la gente di questo paese lo dimostra la realizzazione della struttura che ci ospita, la “Casa del Popolo”, ideata e finanziata completamente da lui. In ogni sua parola – ha concluso – c’era un pezzo di Calabria, che ha costituito una miniera inesauribile per la sua arte”. Ad arricchire la mostra in cui son state esposte diverse opere appartenenti a collezionisti privati, sono state fotografie e lettere scritte dallo stesso Enotrio e che fanno parte dell’assidua corrispondenza che scambiava con il suo amico e compagno Mico Famà.
Rosita Mercatante
Commenti
comments