Sono andato qualche giorno fa nella sede della Thoth a San Nicolò di Ricadi per saldare un debito e per gettare le basi di una prossima manifestazione. Fra una parola e l’altra, fra una battuta e l’altra, mi aggiravo nel locale e guardavo le stampe e le altre pubblicazioni poggiate sui tavoli in attesa della consegna. Mario Vallone, che insieme ai soci Peppe Bruzzese e Checco Pugliese gestisce la società, e che seguiva con occhio falsamente distratto il mio sguardo, prese un libro, “La mia vita”, e me lo donò. – È di mio padre – disse.
Ringraziai: – Lo leggerò – risposi. Pensando che lo avrei letto in autunno o in inverno. Invece, invece l’ho letto in un soffio. Seduto sotto gli alberi del giardino, l’ho letto a ferragosto nelle ore calde del giorno.
“La mia vita” con sottotitolo “Un medico, un uomo”, Edizioni Thoth 2012, di Pasquale Vallone, è un racconto sul filo della memoria, “Benedico la mia memoria perché, grazie ad essa, ho potuto ripercorrere il mio cammino professionale” dice in premessa l’Autore, della vita umana e professionale di un uomo, di un medico nel caso specifico, che ha improntato tutta la sua esistenza ad un unico comandamento: assistere e curare la gente di ogni condizione sociale, di ogni condizione economica, senza guardare in faccia nessuno, senza chiedere niente a nessuno, in ciò fedele al Giuramento d’Ippocrate e alla deontologia professionale. È il racconto, in ultima analisi, della vita in tutte le sue varianti, in tutte le sue sfaccettature, vista da un’angolatura particolare, quella del medico, che, come il sacerdote, in confessione, è custode di segreti, di fatti e di misfatti che in diversi momenti dell’esistenza umana hanno forgiato e caratterizzato la vita dell’uomo nel suo andare su questa terra. Dell’uomo nei suoi aspetti fisici e morali (in ciò la differenza fra sacerdote e medico: il primo cura l’aspetto morale, cioè l’anima, e il suo rapporto con Dio e le sue leggi; il secondo cura anche, e soprattutto, l’aspetto fisico, cioè il corpo, la salute dell’uomo nella sua natura di uomo e, di conseguenza, il suo esistere. Entrambi tendono ad un unico fine: la salvezza dell’uomo, che può raggiungersi con le preghiere, con le medicine. Entrambe necessarie per il giusto equilibrio dell’uomo che, per essere sano, cioè perfetto, deve essere in equilibrio con se stesso, con la natura e in sintonia con Dio. In altri termini, come dicevano gli antichi Romani, “Mens sana, in corpore sano”).
Il libro da cui traiamo spunto per questa breve nota ci trascina in una lettura veloce e piacevole che ci dà motivo ogni tanto, a fine di ogni capitolo, di soffermarci e riflettere brevemente sui valori della vita: che cos’è questa vita, “chi ni resta?”. Sono domande che anche Pasquale Vallone sicuramente si è posto, a cui ha risposto con la sua opera generosa di medico giorno per giorno, tutti i giorni anche di notte e durante le feste comandate, nel corso dell’espletamento dei suoi doveri di medico, che lui non ha sentito come una professione. Una professione come tante altre utile ad emergere, a mettersi “’u pinnacchjiu ‘n testa”, a far carriera, a far soldi, e, perché no, a sistemare la sua famiglia. Lungi da lui questi pensieri: “’u medicu e’ ‘na missioni”, e come tale, in ogni momento della sua vita si è posto di fronte ai bisogni della gente condividendone sofferenze e dolori. Ricevendo stima, apprezzamenti morali, affetto sincero. Di ciò ne è stato la prova quando tutto il popolo di Caria e Brattirò, e di altri paesi vicini, gli si è stretto attorno con una grande festa sincera e commovente per manifestare al suo medico il proprio affetto e la riconoscenza per essere stato con loro nei momenti dolorosi e tristi, ma anche gioiosi: la malattia e la morte che è la fine della vita, ma anche la guarigione e la nascita che è inizio di nuova vita. Lui, seguace di Ippocrate e devoto ai Santi Medici, SS. Cosma e Damiano, che si è messo sulla loro scia e sul loro insegnamento, non ha mai lasciato a se stesso l’ammalato, non lo ha lasciato mai solo, ma lo ha seguito durante l’evolversi della malattia soffrendo per lui, gioendo per la sua guarigione, rattristandosi nel caso più doloroso quando l’esito finale era la morte. “… dentro di me ho pianto per coloro che soffrivano; ho gioito con quelli che hanno raggiunto l’obiettivo della guarigione”, queste parole in Prefazione danno la dimensione umana dell’uomo e del medico non chiuso nella torre eburnea della sua scienza esatta e distante, ma in mezzo alla gente, la sua gente, che ha vissuto come uno di loro, con tutti “alla mano” cioè sempre pronto ad ogni chiamata, disponibile con tutti. È stato medico, medico anargira, cioè non ha mai chiesto soldi agli ammalati e lo grida forte a pag. 46 quando dice con voce chiara e decisa: “non mi sono MAI fatto pagare una visita”. Difatti, a differenza di altri, non si è arricchito, ma ha vissuto onestamente e con dignità curando gli affetti più cari: l’amore per la moglie, per i figli, per la sua gente, per la sua terra, per gli ammalati. E non ha mai chiesto favori.
Ci siamo soffermati alquanto sull’autore, non per fare un elogio alla persona di cui non ha bisogno, ma per dare un giusto riconoscimento d’inchiostro scritto sulla pagina all’uomo, al medico, visto nella sua dirittura morale, e per dire che il libro che ha pubblicato, semplice e fruibile con facilità in breve tempo da tutti, è il film vissuto della vita umana diviso in ventisei diapositive colorate, i capitoli, dove trovi il tracciato del vivere nella quotidianità fatta di piccole cose, di grandi cose, che da sempre segnano l’uomo nel fisico, nell’animo. È un andare indietro, nel passato, senza rimpianti, senza risentimenti, ma in una trasparenza di immagini che ti consentono di intravvedere il mondo, un piccolo mondo, in diversi passaggi della sua storia. È un libro fatto di ricordi, quasi un diario del giorno dopo, suddiviso in ricordi, ogni ricordo un capitolo, che direttamente ti immette negli episodi raccontati coinvolgendoti come nella storia di un film che in breve ti racconta una vita. A differenza, però, che il film è finzione, arte, invenzione, il racconto di Pasquale Vallone è vita vera, vissuta per intero per come raccontata. Una vita fatta di episodi, ora tristi ora divertenti, ora tragici ora commoventi, sempre sul filo della verità nel rispetto delle persone che di quei fatti sono stati protagonisti e testimoni.
Pasquale Vallone non è nuovo al racconto, alla scrittura, alla storia, alla letteratura, infatti ha pubblicato diverse opere: “L’universo Egizio”; “I Santi Medici Cosma e Damiano a Brattirò. Storia, tradizione, culto”; “Il Recupero della Memoria. Gli usi, i costumi e la lingua del territorio brattiroese”; “Brattirò e la sua storia. Aneddoti, fatti, misfatti”; “Don Giuseppe Furchì. Il suo cammino terreno”; “Il Processo”; “La storia della Chiesa nei primi secoli e il culto dei SS. Cosma e Damiano a Brattirò -VV ”; “Va’, pensiero, sull’ali dorate”. In tutte emerge l’amore per la sua terra, per la sua gente, la passione per la musica, la devozione sentita e sincera per i santi Cosma e Damiano. Elementi questi che sono presenti nel volume “La mia vita”, che è la sua vita e la vita degli altri viste con serenità di animo, a volte con intensità partecipativa, a volte con ilarità o gioiosità, a volte anche commovente per come richiesto dal fatto narrato. Mai, però, l’A. è assurto a giudice o censore. Ha raccontato se stesso e gli altri sulla verità dei fatti, senza giudicare, senza assolvere, senza condannare. Senza andare oltre il consentito, senza scendere nel pettegolezzo paesano tipico delle donnine sedute sul gradino della casa al tramonto del sole e con esso al tramonto della vita. Si è fermato ai fatti, e i fatti, con la penna del dottore, hanno raccontato se stessi. Il lettore apprezzerà e gli sarà grato.
Noi, come nostro costume, non facciamo il sunto del libro. Sarebbe riduttivo, per niente stimolante: come l’insegnante a scuola che fa il raccontino agli alunni. Ma diciamo soltanto: leggetelo. Ci fa ricordare, e c’è tanto da imparare.
Grazie, dottore. Per quello che hai fatto, per quello che farai. Per quello che hai dato. È la nostra vita.
Tropea, 21 agosto 2014
Pasquale De Luca
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