Lettera aperta di Gianluca Callipo

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Gianluca Callipo
Gianluca Callipo

Il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, ha scritto una lettera aperta ai giornali per denunciare l’aumento della pressione fiscale determinata dalla Tares, tributo che i Comuni sono costretti ad imporre per rispettare la legge, ma che lascia alle amministrazioni locali scarsissima possibilità di manovra.

Ecco il testo della lettera:

«I Comuni italiani sono diventati gli esattori dello Stato, che spreme i cittadini per interposta persona, permettendo alla politica nazionale di perpetrare la farsa del taglio delle tasse, che in realtà non vengono diminuite, ma aumentate.

In un Paese dove la campagna elettorale non finisce mai, la riduzione della pressione fiscale rimane la colonna sonora di tutte le dichiarazioni, di tutti gli impegni, di tutte le promesse, salvo poi scaricare sui Comuni l’onere di chiedere ai cittadini quello che lo Stato finge di non chiedere.

Se l’anno scorso la batosta è arrivata con l’Imu, quest’anno è attraverso la Tares che si metteranno le mani in tasca agli italiani, senza che i Comuni possano fare nulla per impedirlo, costretti come sono ad applicare i criteri e le modalità di prelievo previste dalla legge. Gli Enti locali, infatti, hanno pochissima autonomia di manovra, costretti così a vestire i panni di veri e propri esattori.

Ecco, dunque, che la Tares appare come una nuova tassa a tutti gli effetti, che niente ha a che vedere con la Tarsu, la vecchia imposta sui rifiuti solidi urbani, rispetto alla quale cambia la base di calcolo prevista dalla legge. In particolare, con l’imposizione della Tares, i Comuni devo obbligatoriamente coprire al 100 per cento una serie di costi e servizi che prima venivano pagati con fondi di bilancio comunale.

Alle Amministrazioni che vorrebbero far pagare meno ai cittadini è fatto espresso divieto di utilizzare, per gli stessi costi e servizi, fondi propri. In altre parole, è tutto già scritto nella legge, voci di spesa da affrontare e modalità di calcolo dell’imposta, che sono totalmente diverse rispetto al passato. Il nuovo sistema prevede che l’importo da pagare sia tanto maggiore quanto più è ampio il nucleo familiare. In pratica, le famiglie più numerose pagheranno di più, a prescindere dalle fasce di reddito. Ancora una volta, quindi, viene aggirato l’articolo  53 della Costituzione italiana, che sancisce il principio della progressività, secondo il quale “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

Come se non bastasse, a rendere ancora più salata la Tares è la previsione di un contributo aggiuntivo di 30 centesimi per metro quadro che andrà direttamente nelle casse dello Stato.

E allora, non sono queste nuove tasse? No, per Governo e Parlamento si tratta di “imposte comunali”, e che se la sbrighino i Comuni, sui quali ricade il malcontento dei cittadini stanchi di pagare, ma ingannati sui reali responsabili di queste nuove imposizioni.

Nell’ultimo Consiglio comunale abbiamo fatto il possibile per ridurre l’impatto di una pressione fiscale che siamo i primi a ritenere ingiusta ed eccessiva. Abbiamo così approvato una riduzione del 20 per cento della Tares a favore di tutte le famiglie costituite da 5 o più persone. È stato il massimo che la normativa in vigore ci consentiva di fare e l’abbiamo fatto, anche con la collaborazione della minoranza, che in quell’occasione si è astenuta. Salvo poi strumentalizzare l’imposizione della Tares, come stanno facendo in questi giorni alcuni esponenti dell’opposizione, cercando di far credere ai cittadini che la responsabilità degli aumenti sia dell’attuale Amministrazione.

Incrementi di un certo peso, infatti, si verificheranno soprattutto per alcune categorie merceologiche. La normativa sulla Tares, infatti, fa riferimento al decreto Ronchi, che a sua volta definisce le tipologie nelle quali devono essere suddivise le attività non domestiche, per le quali sono previsti precisi limiti minimi e massimi di tassazione che i Comuni devono applicare a ciascuna categoria.

In base ciò, alcuni esercizi commerciali saranno costretti a subire un incremento notevole della tassazione rispetto alla vecchia Tarsu perché, pur prevedendo, come abbiamo fatto, l’applicazione dei limiti minimi previsti dalla Ronchi, gli importi da pagare risulteranno comunque molto più elevati rispetto al passato. A subire la batosta tributaria vibrata da Roma saranno in particolare ristoranti, pizzerie, parrucchieri, barbieri, bar.

La crisi economica dura ormai da 6 anni, la disoccupazione è alle stelle, il reddito delle famiglie si è drammaticamente ridotto e le attività commerciali, quelle che ancora resistono, sono allo stremo. Continuare a spremere i cittadini in queste condizioni è una strategia autolesionista, perché i consumi si riducono ulteriormente e presto non ci sarà nulla più da spremere.

Come contribuente italiano ne sono consapevole alla stregua di chiunque altro, ma come sindaco ho il dovere di applicare la legge, anche quando non la condivido, come nel caso dei rincari determinati dalla Tares. Il Comune non ha alternative, salvo quella di dire la verità, senza essere complice della farsa che domina la scena nazionale, dove gli insostenibili sprechi della casta non sono stati ancora toccati, mentre si continuano a chiedere sacrifici a chi ne ha già fatti fin troppi».

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