Un’ icona che rappresenta San Bruno come non siamo soliti immaginarlo.
Chi ha letto della vita di San Bruno e della sua iconografia ha un’idea stereotipata del soggetto; variamente rappresentato da diversi artisti nel corso dei secoli. Ma questa nuova figura: nei tratti, nei lineamenti del volto e nei colori, ci lascia quasi un senso di estraneità nel confronto con le raffigurazioni classiche del santo fondatore dell’Ordine Certosino.
Ecco che di fronte alla novità; alla “stranezza” del fenomeno, interviene una sottile forma di smarrimento e, istintivamente, andiamo alla ricerca di un chiarimento logico.
E’ una classica icona, quindi un emblema che vuole rappresentare con il disegno un’idea particolarmente significativa: un santo: San Bruno, che qui assume un valore simbolico di una ricorrenza storica per l’Ordine Certosino.
Infatti, l’icona del Santo, già benedetta da Papa Francesco, è l’emblema degli eventi che nel 2014 si organizzano per la commemorazione del quinto centenario del ritorno dei certosini nel loro eremo di Calabria avvenuto ufficialmente il 27 febbraio 1514.
La ricorrenza si associa ad un progetto religioso; ad una nuova e possibile – anche se di antica concezione- speranza di fede che, promossa da eminenti religiosi, coinvolge tutto l’universo cattolico cristiano.
Per prendere coscienza di questa simbolica rappresentazione dobbiamo ricostruire un percorso storico religioso per risalire all’intrinseco significato dell’ardito progetto che tende alla congiunzione della cristianità di Oriente e d’Occidente. L’ultima notizia in tal senso è del 5 gennaio 2014; dopo l’Angelus, Papa Francesco, ha dato il seguente annuncio: “Nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un pellegrinaggio in Terra Santa”. Ha poi proseguito precisando: “Le tappe saranno tre: Amman, Betlemme e Gerusalemme” e ha aggiunto: “lo scopo principale è commemorare lo storico incontro tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora, che avvenne esattamente il 5 gennaio di 50 anni fa e, presso il Santo Sepolcro, celebreremo un Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli. Fin da ora vi domando di pregare per questo pellegrinaggio”. (Per vedere l’arrivo di Bartolomeo I alla Certosa di Serra nel marzo 2001, cliccare con -ctrl- su : ( Documento filmato )
Un significativo “anello di congiunzione” tra la chiesa di oriente e d’occidente è molto vicino a noi del Vibonese, ed è rappresentato dalla presenza di Madre Mirella Muià (eremita) che, con altre consorelle, mantiene viva la spiritualità monastica orientale nel modesto monastero di S. Maria di Monserrato: luogo di spiritualità e preghiera nelle vicinanze di Gerace. L’eremo di Monserrato è stato battezzato da madre Mirella come “EREMO DELL’UNITA”, inteso come luogo di culto per l’Unità delle Chiese.
Madre Mirella, è nata a Siderno, ricercatrice per quasi 20 anni presso la Sorbona di Parigi, bi-laureata e infine eccellente iconografa; non ama essere decantata come artista e, nella sua modestia, descrive le sue opere semplicemente: mediocri. Dedita alla vita contemplativa e alla preghiera diffonde la sua spiritualità anche attraverso lo studio, l’insegnamento e la creazione di splendide icone. E’ stata proprio Madre Mirella che ha realizzato l’icona del San Bruno che sarà l’emblema del prossimo evento certosino. L’icona non è firmata e non è stato facile risalire all’autrice, ma nel percorso di ricerca è emerso un interessante chiarimento: “ la teologia ritiene che le icone sono opere di Dio, realizzate attraverso le mani dell’iconografo: risulta dunque inopportuno porre sull’icona il nome della persona di cui Dio si sarebbe servito. I volti dei santi rappresentati nelle icone sono chiamati liki: ovvero volti che si trovano fuori dal tempo, trasfigurati, ormai lontani dalle passioni terrene”.
– da una ricerca storica di Girolamo Onda –