Il 27 febbraio 2014, ricorre il quinto centenario della riconsegna del Monastero di Santo Stefano del Bosco all’Ordine dei Certosini. Come ha postato Roberto Sabatinelli nel suo Blog: http://cartusialover.wordpress.com/2013/12/27/licona-di-san-bruno-per-il-2014/
“Mercoledì 27 novembre, una delegazione di rappresentanti dell’Asssociazione “Amici della certosa di Serra San Bruno” si è recata a Roma per l’udienza generale del pontefice Francesco. Questa iniziativa ha dato simbolicamente inizio alle manifestazioni che si svolgeranno nel 2014, anno del cinquecentesimo anniversario del ritorno dei certosini a Serra. Durante questa escursione romana, il gruppo era accompagnato da Dom Jacques Dupont, priore della certosa calabrese che portava con se una icona raffigurante san Bruno. L’immagine sacra è stata preventivamente benedetta da papa Francesco al termine dell’udienza generale, e quindi è stata esposta sull’altare dell’antica certosa romana di Santa Maria degli Angeli, laddove Dom Jacques ha celebrato una messa.”
Emerge che dopo circa 322 anni di assenza, l’Ordine di San Bruno di Colonia, tornava in possesso della sua Certosa. Ma cosa accadde da quel 1192 in poi quando, per volere supremo del papa Celestino III e del re Tancredi di Sicilia, i certosini dovettero cedere il loro eremo ai Cistercensi?
La storia ufficiale non ha tramandato le motivazioni di quell’evento.
Torniamo indietro nel tempo:
-Correva l’anno 1192 quando una misteriosa vicenda comincia a ruotare intorno alla enigmatica figura del priore ordinario dell’abbazia certosina di santa Maria della Torre, Guglielmo da Messina. Eletto a tale carica per tre volte governò, con qualche interruzione, per oltre 16 anni. Ora, viene tacciato da alcuni suoi discepoli come traditore per aver chiesto al papa; Celestino III, l’autorizzazione al passaggio della Certosa Bruniana all’Ordine Cistercense. Infatti, l’istanza del priore Guglielmo fu prontamente accolta dal Papa che, con Bolla dell’11 dicembre 1192, “accordava” il passaggio secondo le modalità ecclesiastiche. La stessa richiesta fu presto sancita dal re di Sicilia Tancredi con proprio diploma del 5 febbraio 1193. Certo non è mancata la motivazione dell’atto, espressa da papa Celestino III come evento soprannaturale dell’eremo di santa Maria della Torre dove i certosini, illuminati da “ispirazione divina”, erano propensi ad abbracciare la regola cistercense. Dello stesso parere fu re Tancredi che, nel suo diploma di conferma, oltre a condividere “l’ispirazione divina” addotta dal sommo pontefice, concedeva, all’ordine subentrante, ulteriori possedimenti e privilegi feudali.
E’ la tattica di sempre del potere che usa un’elegante “ipocrisia” per mascherare una verità scomoda oppure, come in questo caso: necessaria. Necessaria per poter avviare, senza destare sospetti, “una delicata operazione segreta”.
Papa Celestino III e Tancredi re di Sicilia, date le circostanze, non potevano svelare le vere motivazioni della “manovra” senza compromettere il comune progetto segreto che si andava profilando. Era necessario affidare, ad un religioso di spiccate e provate capacità organizzative e di comando, la buona impostazione di una delicata operazione da portare a compimento in assoluta segretezza.
Certo è che il priore Guglielmo, messo al corrente dalla suprema autorità ecclesiastica di quanto si voleva realizzare, in ossequio alla regola dell’ubbidienza, assunse la disposizione interiore atta a conformare la propria azione all’ordine impartito dal papa e dal re e, considerata la legittimità dell’azione, dovette adeguare il suo comportamento con l’accettazione incondizionata di eseguire quello che “indirettamente” le veniva comandato.
Guglielmo fu il solo certosino che abbracciò il credo Cistercense e rimase in Certosa con l’incarico di primo priore della comunità entrante.
Molti cronisti lo descrissero come un traditore del suo ordine d’origine, altri lo giustificarono in vari modi, fra i quali lo storico Tromby che, dopo attenta e profonda analisi, pur non giungendo al nocciolo della vicenda, giustificò l’atto di Guglielmo avanzando l’ipotesi che, alla radice dell’evento, c’era stato stato un “imperscrutabile volere divino”.
Comunque, l’operazione segreta, condotta egregiamente da Guglielmo e mai spiegata dalla storia ufficiale, oltre a salvare la giovane vita di un innocente, ha permesso l’ascesa al trono di un uomo straordinariamente colto ed energico che lasciò una benefica impronta nella storia dell’umanità: Federico II.
Questo è quanto si legge nel romanzo: L’Angelo di Sibilla, scritto per questa ricorrenza da Lomorandagio. Immaginazione?… oppure una delle tante verità possibili?
da Serra San Bruno -Girolamo Onda-