Ridare speranza al Vibonese

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Il prefetto Giovanni Bruno
Il prefetto Giovanni Bruno

Sei mesi «volati» in un territorio attraversato da dinamiche complesse e che dovrebbe scollarsi di dosso la «cultura del sospetto». Arrivato in città nel bel mezzo dell’estate il prefetto Giovanni Bruno sta cercando di conoscere i vari volti della sfaccettata medaglia del Vibonese, una terra per molti versi borderline in cui, molto spesso, si perde di vista il già labile confine tra lecito e illecito. Siciliano doc, amante delle passeggiate, con un recente passato da commissario straordinario al Comune di Ventimiglia, il prefetto ha confidato, in una nota pubblicata dall’ufficio stampa della Prefettura, che prima di arrivare a Vibo Valentia non immaginava «un territorio così pervaso dalla criminalità organizzata. Ogni giorno – ha puntualizzato Bruno – ci sono delle intimidazioni gravi. E se lo zio arriva anche a sparare al nipote per un sacchetto della spazzatura mal riposto, beh…questo la dice lunga sul clima che si vive. C’è, inoltre, una cultura del possesso delle armi che definisco semplicemente spaventosa. Tutti qui devono possedere un’arma. Ma è una fatto assurdo, che personalmente trovo addirittura folle».

Il prefetto nei giorni scorsi è stato anche ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia, che ha fatto tappa a Reggio Calabria. Verbali secretati, naturalmente. E così Bruno ha detto solo di avere parlato in generale della situazione vibonese, ma ha anticipato che la presidente Rosy Bindi ha assicurato che il prossimo anno la commissione parlamentare farà tappa in città al fine di approfondire il “caso Vibo”.

L’attenzione si è, quindi, spostata sul vasto mondo dell’imprenditoria. Aziende e imprese, soprattutto quelle che operano nell’edilizia, a giudizio di Bruno, «devono essere monitorate di più e soprattutto meglio. Dobbiamo intervenire prima e non dopo che queste si siano già aggiudicate gli appalti pubblici perché poi si perde una infinità di tempo e tutto si blocca: opere, finanziamenti, l’economia in generale. Tutto ristagna pericolosamente. Ecco perché – ha scandito a chiare note ancora il prefetto – sono del parare che la Stazione unica appaltante, oggi operante presso la Provincia di Vibo, debba essere trasferita invece in Prefettura. Questo, infatti, ci consentirebbe di agire in modo preventivo sulle imprese che si muovono nell’illegalità. La prevenzione ritengo che sia l’arma migliore che noi ancora abbiamo per arginare il fenomeno criminale» Di contro, poi, la politica locale non sta certamente meglio. Aiuta poco e male. Appare incerta, instabile e poco incline a rinnovare. Questa, infatti, «dovrebbe scegliere di più e galleggiare molto meno. La classe dirigente locale – ha ammonito sempre il rappresentante del Governo nel territorio – deve, inoltre, essere meno miope e più presente sui grandi temi che affliggono in modo pesante il territorio provinciale. Penso, ad esempio, alle grandi vertenze in atto da mesi come quella sull’Eni e quella sulla Italcementi. Ma pensiamo anche al porto di Vibo Marina, scalo strategico per tutto il bacino, che attende che il consiglio comunale deliberi sulle norme tecniche sul Piano regolatore dello stesso porto. Su questo tema ho cercato di dare un impulso forte e almeno abbiamo avviato un dibattito tra più protagonisti. Ma nulla, tuttavia, si risolve senza una seria programmazione alla base».

In merito, invece, alle iniziative assunte dalla Prefettura, Bruno ha ricordato di avere dato mandato agli uffici amministrativi di corso Vittorio Emanuele di controllare i Bilanci di alcuni Comuni del Vibonese al fine di verificarne la loro regolarità. Obiettivo: stabilire se i documenti contabili siano stato truccati pur di fare quadrare i conti. Il prefetto ha, inoltre, auspicato che le amministrazioni locali più piccole imparino presto a consorziarsi tra di loro almeno per i servizi minimi essenziali. «L’ente Comune- ha spiegato Bruno – non deve avere paura di perdere la propria identità. Unirsi significa solo risparmiare importanti risorse, fornire servizi certamente migliori ai cittadini e avere un maggiore controllo del territorio. In una parola: è possibile amministrare meglio». Bruno si è definito comunque un uomo «positivo perché – ha spiegato – le forme repressive non sono sempre utili. Le interdittive antimafia non bastano da sole a risolvere i problemi, altrimenti il territorio muore. Serve, altresì, mettere un freno alla cultura del sospetto, dove tutti vengono considerati dei criminali per il semplice fatto di essere parente di Tizio piuttosto che di Caio».

Infine, un solo rammarico. Bruno ha confessato di essere rimasto «sorpreso dall’apatia dei giovani. Allora – ha domandato il prefetto – se i giovani non partecipano alla vita della comunità come si formerà nel territorio una nuova classe dirigente? E’ vero: il territorio non stimola – ha concluso Bruno – Ma mi auguro comunque che i giovani trovino la forza giusta e la passione necessaria per ridare speranza al Vibonese».

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