L’uomo grida dovunque
Le sorti di una Patria
(S. Quasimodo)
CAVOLI AMARI
Il cavolo e le sue foglie larghe e dal verde intenso hanno una parte importante nella cultura popolare, e non solo.
Ai bambini troppo curiosi e che con gli occhioni spalancati chiedevano lumi sul dove e come fosse arrivato a casa il neonato fratellino o sorellina, si rispondeva che mamma e papà lo avevano trovato sotto le foglie di un cavolo.
Il curiosone non osava chiedere come mai non l’avessero lasciato dov’era.
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Si dice ancora: son cavoli tuoi per sottolineare che tocca a te dipanare matasse intricate, sopportare gli effetti di azioni o parole non sufficientemente ponderate, pagare lo scotto di scelte avventurose.
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E si dice ancora: sono cavoli tuoi per sottolineare che tocca a te rimettere insieme i cocci di azioni improvvide, di gesti e parole che hanno provocato un vespaio di proteste e/o insospettate e negative reazioni.
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E ancora: uno c’entra/ in qualcosa c’entra come i cavoli a merenda per dire che scelte, azioni, gesti, parole non sono affatto azzeccate, pertinenti, logiche, efficaci. Ma sono platealmente fuori posto, vistosamente contrarie alle regole di un sano vivere e di una corretta alimentazione.
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I poveri cavoli però ora, pur così ricchi di vitamine e sali minerali, non potranno più essere mangiati con gusto e profitto in occasioni di pasti canonici, sono avvelenati.
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Non dovunque, naturalmente, ma nelle aree inquinate e avvelenate dai rifiuti tossici.
E contro i veleni veicolati dagli ortaggi trasformati in killers col cavolo che te la cavi se li mangi.
Saverio Di Bella
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