Una poetessa calabrese del XVI secolo?

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Benedetto Croce
Benedetto Croce

Francica (VV). ANNA MARIA EDWIGE PITTARELLI. “Nel 1485 nacque da una nobile famiglia di Monteleone trasferitasi a Francica Anna Maria Edwige Pittarelli fondatrice dell’Accademia degli Imperfetti. Secoli dopo venne ritrovato un manoscritto a firma della Pittarelli in cui vi erano 161 sonetti, 61 madrigali, 2 canzoni, 11 elegie e alcuni epigrammi scritti in latino. Si ebbe un caso letterario circa l’autenticità del manoscritto; infatti per alcuni il linguaggio non sembrava cinquecentesco e per altri sembrava impossibile l’esistenza di una poetessa calabrese nel XVI secolo. Sulla questione prese posizione Benedetto Croce che difese l’autenticità del manoscritto”.

IL MISTERO SULLA REALE ESISTENZA DELLA POETESSA CALABRESE ANNA MARIA EDWIGE PITTARELLI, ALIAS: “PANDORA MELANIA”. UN “GIALLO LETTERARIO”.

A completamento di quanto esposto nell’articolo precedente è d’obbligo citare altre fonti che parlano del “caso letterario” sorto all’epoca della scoperta del manoscritto e che chiariscono il mistero sulla reale esistenza della poetessa calabrese Anna Maria Edwige Pittarelli, ipotetica fondatrice della così detta “Accademia degli Imperfetti”. Un vero “giallo letterario”!

Il primo riferimento riguarda una citazione di Vito Capialbi in “Opuscoli Vari”, del 1840, III, pg. 207:

“FRANCICA – Terra della Calabria ulteriore prossima a Mileto, verso la metà del secolo XVI ebbe la sua Accademia, detta degl’Imperfetti, e quel che più meraviglia, retta da una pinzochera (Donna che pratica la “costretta astinenza” o “castità coatta”, appartenente a congregazioni di terziarie francescane o domenicane, che vestivano l’abito religioso pur restando nel secolo. N.d.a.) dell’Ordine di S. Domenico, detta Anna Maria Eudvige Pittarelli, la quale aveva assunto il nome accademico di Pandora Melania. Nella mia biblioteca vi è un volume di poesie italiane, e latine di essa Pittarelli, che sono con molto gusto lavorate. Ella si ritrovò nella casa del Principe di Salerno, e del Principe di Bisognano, allora utili signori di Mileto, e di Francica, ed in occasione della venuta di Carlo V nel regno, fece nobil comparsa di se in quelle splendide corti”.

In questo documento, della prima metà dell’800, pare sia acclarata l’esistenza del personaggio. Di diversa opinione, e di più approfondita analisi del caso, è il testo del Prof. Antonio Piromalli (1920-2003), scrittore,critico letterario e poeta, che, nello svolgersi dei suoi ricercati e sistematici studi, portano a ricomporre in ampia visione organica la storia culturale e letteraria della Calabria (in “La letteratura calabrese”, opera del 1965, approfondita e ampliata fino al 1996 ed oltre) ed, in questo caso, risolve il “giallo letterario” con tanto di nome del “colpevole” che ha ordito la “trama” di questo falso.

Riporto qui di seguito il brano che parla approfonditamente della “mai vissuta” Pittarelli, ed è avvalorato sia dalle ricerche di Vito Giuseppe Galati (1893-1968), politico, scrittore e giornalista, di origini calabresi, che, soprattutto, da una decisa e chiara smentita dello stesso Benedetto Croce (1866-1952), il quale, in precedenza, aveva avvalorato la veridicità del manoscritto:

“Al Settecento si deve ormai riferire il caso letterario della pseudo Maria Edvige Pittarelli. Si conserva nell’Archivio Comunale di Francica un manoscritto di 148 pagine attribuito ad un’immaginaria poetessa Maria Edvige Pittarelli vissuta nel secolo XVI. Intorno a questa poetessa si è sbizzarrita la fantasia di alcuni monografisti e di vari scrittori di biografie i quali hanno creato un romanzo raccogliendo e ampliando le notizie fornite per la prima volta da Vito Capialbi. Si scrisse, così, di una Maria Edvige Pittarelli nata a Francica intorno al 1485 e ivi morta nel 1556, votatasi alla verginità e agli studi che compì in patria sotto la guida di Muzio Godano, ospite fino alla morte dei principi Sanseverino di Salerno e di Bisognano, fondatrice di Accademie e amicissima degli uomini più illustri del suo tempo. In realtà una poetessa Maria Edvige Pittarelli non è mai esistita e il torto maggiore non è, secondo noi, tanto del Capialbi il quale, studioso appassionato e coscienzioso, raccolse un documento epistolare che credette autentico e su di esso tentò di costruire qualcosa, quanto dei biografi posteriori i quali non si curarono di controllare le notizie date dal Capialbi e, per una malintesa carità di patria, le ampliarono con la fantasia in modo così inverosimile e privo di senso comune che l’anonimo falsificatore si sarebbe compiaciuto del proprio gioco e avrebbe sorriso non di solo compiacimento. Perché non si può affermare ormai, per merito soprattutto di Benedetto Croce, che la Pittarelli è un nome soltanto, privo di vita e di persona e che “poetessa e poesia sono nientaltro che una grossolana falsificazione, compiuta nel Settecento da qualcuno di quella famiglia o di altro letterato del luogo”. Si disperdevano al vento le pagine dell’artificioso romanzo dopo le osservazioni del Croce avvalorate dalle ricerche di Vito G. Galati il quale in una lettera indirizzata al Croce e pubblicata sulla “Critica” dava una nuova prova sulla falsità del manoscritto e dalle proprie ricerche deduceva che verosimilmente il falsificatore deve ricercarsi nella famiglia vibonese dei Marzano.

In un altro scritto lo stesso Galati esaminava il manoscritto e l’esame filologico e psicologico gli dimostrava che lo zibaldone era stato composto nel ‘700 con uno “sforzo meccanico”, esteriore, di dar corpo alla finzione mediante componimenti che si rivelano frutto ora di un petrarchismo stentato ed ora del secentismo dell’Arcadia. Per tale motivo noi chiamiamo “anonimo vibonese” (ma potrebbe anche essere francicano) lo sconosciuto e non troppo abile contraffattore del ‘700. Il manoscritto contiene 131 sonetti, 61 madrigali, 2 canzoni e frammenti di numerosi carmi, epigrammi, elegie latine, etc. e non presenta che un mediocre valore artistico soprattutto per chi, consapevole della falsificazione, non sa scoprire nelle combinate poesie l’incanto della sincerità e il pathos morale della creazione spontanea”. (Luciana Loprete 22.10.2013)

(dall’opera del Prof. A. Piromalli: “La letteratura calabrese”, cap. “Il rinnovamento del Settecento”, pgg. 115-116, Ed. Pellegrini, 1977, consultata per gentile concessione di Salvatore Libertino, che ne possiede copia).

(pubblicato su http://www.facebook.com/CalabriaMystery)

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