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La forma migliore di governo o la più controversa?

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“(…) Premetto che l’unico modo d’intendersi quando si parla di democrazia, in quanto contrapposta a tutte le forme di governo autocratico, è di considerarla caratterizzata da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure.(…) Modello della democrazia moderna fu la democrazia degli antichi, in modo particolare della piccola città di Atene, nei felici momenti in cui il popolo si riuniva nell’Agorà e prendeva liberamente, alla luce del sole, le proprie decisioni dopo aver ascoltato gli oratori che illustravano i diversi punti di vista:”

Brano tratto da IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA di Norberto Bobbio

Norberto Bobbio (1909 – 2004) filosofo, uomo politico e intellettuale di spicco nel panorama culturale italiano e internazionale, nonché fra i  “padri fondatori” della Repubblica Italiana e fra coloro che si occuparono, per così dire, dei lavori preliminari per la realizzazione della nostra Costituzione. Nel 1984, fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini. Che cos’è la democrazia? Sembra chiedersi in questo saggio il filosofo e il politico a un tempo, senza, in fondo, dare mai una risposta, se non forse soltanto queste poche parole o frasi, alquanto laconiche che non costituiscono una vera e propria risposta e nemmeno pertinente: <<Se mi chiedete se la democrazia abbia un avvenire e quale sia, posto che l’abbia, vi rispondo tranquillamente che non lo so. >> Vi traspaiono forse il dubbio e le incertezze dell’intellettuale, si rende percepibile il politico sicuro dei principi irrinunciabili del vivere umano nella democrazia. Per cercare di definire un concetto minimo di democrazia bisogna andare molto indietro nel tempo, ossia risalire fino alla Grecia antica del periodo classico e alla città di Atene, prima società nella storia dell’umanità ad aver inventato e applicato la democrazia quale forma di governo e modo di governare la città e il popolo che la abita. Ad Atene la democrazia è, per l’appunto, quella specifica forma di governo e quel particolare modo di governare che sono contrapposti a tutte le forme di governo autocratico. Essi sono caratterizzati da un insieme di regole le quali stabiliscono, principalmente, “chi” è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali “procedure”, per cui una decisione, affinché possa essere accettata come decisione collettiva, sarà sempre presa in base a regole (scritte o orali) che diventano dapprima leggi verso le quali i cittadini tutti devono rispetto e obbedienza, per trasformarsi dopo in diritti fondamentali e inalienabili propri di ogni singolo cittadino. Nel saggio IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA, Norberto Bobbio scrive che non basta il diritto di partecipare, in modo diretto o indiretto, alla presa di decisioni collettive da parte di tutti i cittadini o comunque da un numero molto alto di essi, ma è fondamentale che coloro i quali sono chiamati a decidere o a eleggere coloro che dovranno decidere siano posti di fronte ad alternative reali e siano messi in condizione di scegliere l’una o l’altra. Però, affinché si realizzi questa condizione, ai chiamati a decidere devono essere assolutamente garantiti vari diritti quali quelli di libertà di opinione, di espressione, di riunione, di associazione. Altrimenti non vi è mai vera democrazia. Se la democrazia ha le sue regole come un gioco, allora tali diritti sono regole preliminari che permettono le regole del gioco. Oggigiorno si ritiene dappertutto, in Europa, negli Stati Uniti d’America, come nel resto del mondo, che la democrazia è la miglior forma di governo realizzabile per i popoli. La democrazia garantisce prosperità, benessere, ricchezza e da ampia libertà di movimento, di azione e di pensiero a tutte le persone senza distinzione di razza, di lingua o di credo religioso. Dal momento in cui si instaura, in uno Stato, la democrazia le condizioni di vita dei cittadini migliorano rapidamente; lo status sociale di ciascuno muta in meglio; le differenze di classe non sono rigide e col tempo tendono ad attenuarsi o a mantenersi su livelli costanti che non creano disparità o squilibrio; le diverse forme d’Arte si sviluppano armoniosamente; la coscienza civile, etica e sociale raggiunge dei livelli alti e una solida capacità di intervento e di azione. In un certo senso, si può dire che la democrazia è un ritorno, quanto mai metaforico e incarnato nella realtà quotidiana, della mitica “età dell’oro” di classica memoria, anche se non mancano i problemi, i cavilli, le zone d’ombra.

Aristotele

Ritorniamo, per un momento, alla Grecia Antica dove la democrazia ha avuto inizio e precisamente al filosofo Aristotele. Nella sua opera POLITICA, tra l’altro piuttosto controversa e frammentaria, il filosofo di Stagira si rifà ad una classificazione particolare, scegliendo come criterio discriminante l’interesse comune. Sono corrette e normali le Costituzioni in cui l’autorità sovrana è esercitata nell’interesse comune, mentre sono scorrette o corrotte e pervertite le Costituzioni dove l’autorità sovrana viene esercitata a favore dell’interesse particolare di chi ne è il detentore. E, poiché tale autorità non può necessariamente che essere o in mano ad un solo uomo, o a pochi, o alla massa di cittadini, Aristotele distingue tre forme di regime politico retto (monarchia, aristocrazia e politìa ossia repubblica moderata) e tre forme corrotte (tirannide, oligarchia, democrazia). Inteso nel suo senso generale, il governo di uno solo è la monarchia, che, però, quando tale governo è esercitato in modo disinteressato e nell’interesse comune, prende il nome di regime regale. Qualora, invece, venga esercitato nell’interesse esclusivo del monarca, si ha la  tirannide. Il governo pluralistico, ma esercitato di fatto da “pochi” i quali altro non siano che i ricchi e i doviziosi, esercitato a pro dei loro interessi particolari è l’oligarchia, forma di regime scorretta, corrotta, pervertita. Il governo o regime dei “molti”, inteso anch’esso nell’interesse comune, è detto polìtia (politeia in senso stretto), ma se questo tipo di regime altro non è poi che quello dei poveri e di chi è in ristrettezze di vita, esercitato in vista del solo interesse dei poveri e dei bisognosi, allora si chiama democrazia, che è un regime scorretto, distorto e pervertito. Però la cosa è piuttosto paradossale in quanto Aristotele, ad un certo punto, sembra cambiare idea e quasi contraddirsi perché la democrazia assumerà le caratteristiche della migliore forma di governo quando sono state “eliminate” le due condizioni suddette (interesse dei soli poveri e bisognosi). Il filosofo riassume poi, in una sorta di conclusione aperta, le tre famose degenerazioni alle quali vanno incontro le tre forme di governo che egli, in fondo, ritiene basilari cioè: la monarchia, l’oligarchia, la democrazia. Quando la monarchia è ormai logora e sembra aver fatto il suo tempo degenera ben presto in tirannide; quando, a sua volta, è l’oligarchia ad essere vecchia e consunta allora si ha il suo degenerare in un regime autarchico di pochissimi faziosi; quando, invece, è la volta della democrazia, il logorìo lento ma costante all’interno, i molteplici attacchi dall’esterno, le oscurità, la debolezza e i tremori intensi la fanno degenerare in demagogia.

Non è il caso di commentare tutto ciò, mi limito solo a dire che, alla luce di quel che sta avvenendo oggi, che è poi sotto gli occhi di tutti, nelle democrazie occidentali non si può non riflettere e poi ritenere che quando una democrazia deve essere instaurata, in uno stato sovrano, con la forza delle armi e quando, forse ancora peggio, una grande democrazia, la prima dell’era moderna ossia gli Stati Uniti d’America, fa guerre, anche disastrose, per “esportare democrazia” a popoli che non ne conoscono e non ne hanno mai conosciuto il concetto e l’essenza; quando una democrazia quale l’Italia, stato sovrano in cui viviamo, ogni giorno assiste impotente al dilagare della corruzione nel suo modo di governare, al lassismo dei costumi, al rilassamento della coscienza etica, civile e sociale, all’immobilismo nelle decisioni e nelle azioni del progredire umano, al sorgere quasi continuo e come i funghi di partiti, di associazioni e di formazioni politiche, di tribuni e di demagoghi da tre soldi, che pullulano un po’ ovunque come larve su un corpo in decomposizione allora la democrazia sta degenerando, o è degenerata già, in demagogia, e, per giunta, nella forma più bieca e “pericolosa” di demagogia! Concludo riportando questo aneddoto, peraltro molto caro a Norberto Bobbio, del filosofo tedesco Hegel che, nelle sue lezioni sulla filosofia della storia all’università di Berlino, di fronte alla domanda rivoltagli da uno studente, se gli Stati Uniti d’America dovessero essere considerati il Paese dell’avvenire, rispose irritato: << Come Paese dell’avvenire, l’America non mi riguarda. Il filosofo non si intende di profezie. La filosofia si occupa di ciò che è eternamente, ovvero della ragione, e con ciò abbiamo abbastanza da fare.>>, e ritrovandomi d’accordo con quanto scritto, all’inizio di questo articolo, sulla risposta di Norberto Bobbio circa il futuro della democrazia, chiedendo a me stessa e a tutti: avrà un avvenire la democrazia? E se sì, quale sarà? Io, da parte mia, rispondo, come Norberto Bobbio, non lo so.

Francesca  Rita  Rombolà

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