“(…) Premetto che l’unico modo d’intendersi quando si parla di democrazia, in quanto contrapposta a tutte le forme di governo autocratico, è di considerarla caratterizzata da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure.(…) Modello della democrazia moderna fu la democrazia degli antichi, in modo particolare della piccola città di Atene, nei felici momenti in cui il popolo si riuniva nell’Agorà e prendeva liberamente, alla luce del sole, le proprie decisioni dopo aver ascoltato gli oratori che illustravano i diversi punti di vista:”
Brano tratto da IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA di Norberto Bobbio
Ritorniamo, per un momento, alla Grecia Antica dove la democrazia ha avuto inizio e precisamente al filosofo Aristotele. Nella sua opera POLITICA, tra l’altro piuttosto controversa e frammentaria, il filosofo di Stagira si rifà ad una classificazione particolare, scegliendo come criterio discriminante l’interesse comune. Sono corrette e normali le Costituzioni in cui l’autorità sovrana è esercitata nell’interesse comune, mentre sono scorrette o corrotte e pervertite le Costituzioni dove l’autorità sovrana viene esercitata a favore dell’interesse particolare di chi ne è il detentore. E, poiché tale autorità non può necessariamente che essere o in mano ad un solo uomo, o a pochi, o alla massa di cittadini, Aristotele distingue tre forme di regime politico retto (monarchia, aristocrazia e politìa ossia repubblica moderata) e tre forme corrotte (tirannide, oligarchia, democrazia). Inteso nel suo senso generale, il governo di uno solo è la monarchia, che, però, quando tale governo è esercitato in modo disinteressato e nell’interesse comune, prende il nome di regime regale. Qualora, invece, venga esercitato nell’interesse esclusivo del monarca, si ha la tirannide. Il governo pluralistico, ma esercitato di fatto da “pochi” i quali altro non siano che i ricchi e i doviziosi, esercitato a pro dei loro interessi particolari è l’oligarchia, forma di regime scorretta, corrotta, pervertita. Il governo o regime dei “molti”, inteso anch’esso nell’interesse comune, è detto polìtia (politeia in senso stretto), ma se questo tipo di regime altro non è poi che quello dei poveri e di chi è in ristrettezze di vita, esercitato in vista del solo interesse dei poveri e dei bisognosi, allora si chiama democrazia, che è un regime scorretto, distorto e pervertito. Però la cosa è piuttosto paradossale in quanto Aristotele, ad un certo punto, sembra cambiare idea e quasi contraddirsi perché la democrazia assumerà le caratteristiche della migliore forma di governo quando sono state “eliminate” le due condizioni suddette (interesse dei soli poveri e bisognosi). Il filosofo riassume poi, in una sorta di conclusione aperta, le tre famose degenerazioni alle quali vanno incontro le tre forme di governo che egli, in fondo, ritiene basilari cioè: la monarchia, l’oligarchia, la democrazia. Quando la monarchia è ormai logora e sembra aver fatto il suo tempo degenera ben presto in tirannide; quando, a sua volta, è l’oligarchia ad essere vecchia e consunta allora si ha il suo degenerare in un regime autarchico di pochissimi faziosi; quando, invece, è la volta della democrazia, il logorìo lento ma costante all’interno, i molteplici attacchi dall’esterno, le oscurità, la debolezza e i tremori intensi la fanno degenerare in demagogia.
Non è il caso di commentare tutto ciò, mi limito solo a dire che, alla luce di quel che sta avvenendo oggi, che è poi sotto gli occhi di tutti, nelle democrazie occidentali non si può non riflettere e poi ritenere che quando una democrazia deve essere instaurata, in uno stato sovrano, con la forza delle armi e quando, forse ancora peggio, una grande democrazia, la prima dell’era moderna ossia gli Stati Uniti d’America, fa guerre, anche disastrose, per “esportare democrazia” a popoli che non ne conoscono e non ne hanno mai conosciuto il concetto e l’essenza; quando una democrazia quale l’Italia, stato sovrano in cui viviamo, ogni giorno assiste impotente al dilagare della corruzione nel suo modo di governare, al lassismo dei costumi, al rilassamento della coscienza etica, civile e sociale, all’immobilismo nelle decisioni e nelle azioni del progredire umano, al sorgere quasi continuo e come i funghi di partiti, di associazioni e di formazioni politiche, di tribuni e di demagoghi da tre soldi, che pullulano un po’ ovunque come larve su un corpo in decomposizione allora la democrazia sta degenerando, o è degenerata già, in demagogia, e, per giunta, nella forma più bieca e “pericolosa” di demagogia! Concludo riportando questo aneddoto, peraltro molto caro a Norberto Bobbio, del filosofo tedesco Hegel che, nelle sue lezioni sulla filosofia della storia all’università di Berlino, di fronte alla domanda rivoltagli da uno studente, se gli Stati Uniti d’America dovessero essere considerati il Paese dell’avvenire, rispose irritato: << Come Paese dell’avvenire, l’America non mi riguarda. Il filosofo non si intende di profezie. La filosofia si occupa di ciò che è eternamente, ovvero della ragione, e con ciò abbiamo abbastanza da fare.>>, e ritrovandomi d’accordo con quanto scritto, all’inizio di questo articolo, sulla risposta di Norberto Bobbio circa il futuro della democrazia, chiedendo a me stessa e a tutti: avrà un avvenire la democrazia? E se sì, quale sarà? Io, da parte mia, rispondo, come Norberto Bobbio, non lo so.
Francesca Rita Rombolà
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