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Cent’anni di solitudine

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Gabriel Garcia Marquez

Può esistere un villaggio dove accade l’ impossibile e l’ inverosimile? Dove il tempo non trascorre eppure i mesi e i giorni si alternano con ritmi inconsueti? Dove la pioggia cade per mesi e forse per anni e il sole scalda e arroventa le strade, le case, i desideri e le passioni della gente? Forse nell’ immaginazione, che a volte è così grande da confondersi con la realtà.

CENT’ ANNI DI SOLITUDINE è il romanzo – capolavoro dello scrittore colombiano Gabriel Garcìa Marquez per il quale ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1982.  Sì, l’ immaginazione di codesto scrittore è stata così grande, forte, tenace da riuscire a creare e a rendere vero, per mezzo dell’Arte, un villaggio dove niente è impossibile o inverosimile e dove la pioggia e il sole possono esserci o non esserci per mesi o forse per anni. E’ il villaggio di Macondo, che nasce, cresce e si sviluppa per opera di una famiglia davvero straordinaria e incredibile: i Buendìa. In questa famiglia, a sua volta, accade di tutto e vi è di tutto: allevatori di galli da combattimento e avventurieri giramondo; donne coraggiose e caparbie; attaccabrighe, scialaquoni e vagabondi; un rivoluzionario strano e taciturno, il colonnello Aureliano Buendìa che porta la rivoluzione in ogni angolo del mondo, promuove trentadue guerre e le perde tutte, e si ritrova, ancora e sempre, nel villaggio di Macondo. Incalzano i tempi, incalzano i ritmi; arriva il progresso; scoppiano guerre e rivoluzioni; giunge il capitalismo portato da multinazionali straniere; il benessere economico e sociale per tutti eppure il perno della Staria, a Macondo, sembra girare a vuoto, fino al giorno in cui verrà cancellato dalla faccia della terra da un apocalisse, misteriosamente e segretamente, annunciata, fin quasi dei tempi della sua fondazione, da Melquìades il capo della tribù di zingari che tanto peso avrà nello sviluppo del villaggio. I personaggi che hanno fondato il villaggio o che vi si sono stabiliti o che vi si trovano solo di passaggio sono figure titaniche o insignificanti; passionali o crudeli; deboli o forti; sofferenti di pene impossibili o inesistenti, di mali sconosciuti e tuttavia naturali come l’ acqua che scorre in un fiume; di cancrene invisibili e di immani sconvolgimenti dell’ anima e dello spirito in una normalità e audacia che quasi soggioga e finisce per stregare il lettore.

Un personaggio fra tutti, però, ha davvero caratteristiche e accenti sublimi e sconvolgenti che lasciano il segno: è Remedios la bella. Donna eppure eternamente bambina; conturbante eppure senz’ ombra di malizia; affascinante eppure senza alcun fascino conosciuto; femminile e attraente eppure senza alcun atteggiamento di traboccante femminilità e di consueta attrazione. Ma in lei c’è qualcosa che turba e stravolge gli uomini, li fa impazzire d’amore o di desiderio e spesso li porta alla morte nella più assoluta imperturbabilità, incoscienza e innocenza di lei che non comprende e non vuole comprendere il mondo degli uomini perchè è una creatura di origine soprannaturale: un angelo. Portato dal cielo e che al cielo farà ritorno.

Al personaggio davvero sconcertante di Remedios la bella in CENT’ ANNI DI SOLITUDINE si sono ispirati i MODENA CITY RAMBLERS, gruppo musicale piuttosto particolare della scena musicale italiana, in una delle loro canzoni più belle e più intensamente interpretate sia a  livello di testo che di musica. Remedios la bella non è un essere di questo mondo perchè nulla in lei è umano, nemmeno la bellezza e forse soprattutto la bellezza, poichè i suoi occhi di brace e i suoi capelli d’ argento hanno il potere di illuminare la vastità profonda della notte. ” Il cielo ha portato Remedios la bella / Il cielo l’ha presa e portata qui  ” dice il ritornello della canzone. Ma presto ella volerà in cielo in un raggio di luce così intenso da accecare persino la terra perchè, continua la canzone: ” ( … ) Non è posto per gli angeli un banco di spezie / Nel mercato di Santa Maria “. Gli uomini non meritano un dono simile… non meritano mai un dono dal cielo, forse perchè non lo sanno mai apprezzare interamente e talvolta per niente; per cui il ritornello finale della canzone dice: ” Il cielo ha rapito Remedios la bella / Il cielo l’ ha presa e portata via “. Il posto di un angelo, alla fin fine, può essere soltanto il cielo.

Francesca Rita Rombolà

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