Del volume NOVELLE ORIENTALI di Marguerite Yourcenar, la novella NOSTRA SIGNORA DELLE RONDINI è, a mio parere, la più toccante ed emozionante. In un periodo storico in formazione e in una Grecia ancora sconvolta dal passaggio dall’antica religione pagana politeista alla nuova religione cristiana monoteista, l’austero monaco Terapione, che in gioventù era stato il discepolo più fedele del famoso vescovo Atanasio, decide di ” ripulire “, o forse meglio, scacciare dalla sua terra gli ultimi residui viventi della religione di Pan, ossia della Natura. Egli vive in una capanna ai margini del Cefiso e conduce vita eremitica, predica la fede cristiana alle popolazioni dei villaggi circostanti e queste, in cambio, dividono con lui il cibo e quel poco che possiedono per far fronte ai bisogni più impellenti. Eppure Terapione si accorge che esse continuano, in segreto, a praticare gli antichi culti pagani. I giovani, particolarmente, sono soggiogati dalle divinità dei boschi e dei torrenti, dal dolce e irresistibile richiamo delle Ninfe, creature bellissime che soggiogano e incantano, accolgono e amano. Da quel momento in poi non c’ è più pace per l’ anziano eremita: la guerra alle creature diaboliche viene subito dichiarata. Il suo zelo ardente lo porta ad armarsi di ascia e di segare il tronco del grande platano dove le Ninfe si riuniscono per danzare, o l’ulivo centenario alla cui ombra si riposano sospirando, o un pino scaglioso la cui resina ambrata trasuda l’odore vago dei loro corpi femminili. Private dei loro rifugi endemici, le figlie di Pan, dio della Natura, si nascondono in una grotta fra le rocce e da lì continueranno ancora a sedurre gli animi e i cuori. Finchè, in un tempo in cui la Pasqua era trascorsa da pochi giorni soltanto, Terapione decide di combattere contro le Ninfe l’ ultima e più dura battaglia. Convoca gli uomini più robusti e più rozzi e ordina loro di costruire una cappella, con tanto di altare e di crocifisso al suo interno, proprio all’ imboccatura della grotta per ” braccare “, una volta per tutte, le Ninfe. Si innalzano i muri poggianti sui fianchi delle rocce, e il tetto quale prolungamento della dura compagine metamorfica, e infine la porta d’ ingresso della chiesetta. E, ad ogni avanzamento dei lavori, si ode un lamento implorante unito ad una straziante richiesta di pietà per la propria sopravvivenza. Le Ninfe ormai vinte, quasi asfissiate, morenti supplicano ancora di poter continuare a vivere libere e lontane dal mondo degli uomini. Niente, però, impietosisce il rude seguace del dio unico e senza volto, e la fine delle Ninfe è solo questione di ore o addirittura di minuti… ” Chi è quella giovane donna che si avvicina? ” Sembra pensare egli alla vista di una donna eretta e fiera avvolta in un mantello nero. ” Quel sentiero non porta da nessuna parte, donna, – le disse. – Di dove vieni? ” ” Da est come il mattino – disse la giovane. – E tu cosa fai qui, vecchio monaco? ” ” Ho murato in questa grotta le Ninfe che infestavano ancora la contrada – disse il monaco – e contro l’apertura dell’antro ho costruito una cappella ( … ). Aspetto che muoiano di fame e di freddo nella caverna, e allora la pace di Dio regnerà sui campi. ” ” Chi ti dice che la pace di Dio non si estenda alle Ninfe come ai cerbiatti e ai greggi delle capre? ( … ) Monaco, lasciami entrare in questa grotta. Io amo le grotte, e sento compassione per chi vi cerca rifugio. E’ in una grotta che io ho messo al mondo il mio bambino, ed è in una grotta che l’ ho affidato senza timore alla morte, perchè subisse la seconda nascita della Resurrezione. ” L’ eremita si fa da parte allibito e la lascia passare. Ed ella entra nella caverna dissimulata dietro l’altare. Si sentono nelle tenebre dei gemiti, dei pigolii e come un frusciare di ali. La giovane parla alle Ninfe in una lingua sconosciuta che è forse quella degli uccelli e degli angeli. Quando riappare sulla soglia, Terapione vede che nelle pieghe del suo abito ella porta centinaia di rondini. ” Andate, mie crature. ” Disse la giovane donna. E le rondini liberate volano via nel cielo della sera. ” Ritorneranno ogni anno, e tu le accoglierai nella mia chiesa. Addio, Terapione. ” Le ultime parole di lei, prima di imboccare il sentiero che non porta da nessuna parte. Il monaco Terapione scende al villaggio, e il giorno dopo, quando risale per celebrare la messa, la grotta delle Ninfe è piena di nidi di rondini. Ritornarono ogni anno, andando e venendo per la chiesa intente a nutrire i loro piccoli.
Scritta nello stile ineguagliabile della Yourcenar, leggera e scorrevole, di facile lettura e di immediata presa emotiva, la novella ha i tratti ritmici e intercalanti della fiaba. Forse, dopotuttto, è solo una fiaba, pensata e raccontata per incantare e per illuminare, per meravigliare e per stupire. Non sempre, anzi quasi mai, per non dire mai, l’ eccessivo zelo religioso sa parlare al cuore e convertire, carico di pietà e di amore. Talvolta basta solo un piccolo gesto di amore, un tocco fugace di dolcezza, una sola parola gentile per aiutare, per calmare, per salvare… proprio ciò che di rado viene manifestato nei rapporti con le cose, senza distinzione, creature tutte di Dio. Vorrà dirci proprio ciò Marguerite Yourcenar in questa accorata novella?
Francesca Rita Rombolà
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