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Tropea, scompare un’istituzione secolare

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Corrado L’Andolina

Settembre per molti versi è un mese rassicurante. Promette un nuovo inizio e quindi alimenta speranze, aspettative ed emozioni. Ma questo mese, per molti operatori di giustizia, avrà il sapore amaro di un frutto acerbo o peggio, di una cicuta bevuta contro la propria volontà. Ciò accadrà agli avvocati del “Foro di Tropea”. Per anni, questa la denominazione degli addetti ai lavori per indicare difensori e procuratori del circondario di Tropea. Da oggi la sezione distaccata del tribunale di Vibo, presente nella città tirrenica, chiuderà i battenti. Scompare in tal modo un’istituzione che era stata creata, secondo i moderni modelli organizzativi, nel 1809. Oltre due secoli di storia cancellati con un provvedimento legislativo. A dettare legge, una sorta di economicismo efficientista che impoverisce l’humanitas della comunità di riferimento e cancella un mondo intero. Terenzio affermava che nulla di quanto fosse umano gli era estraneo; parafrasando il celebre aforisma, viene infatti da pensare che l’abrogazione degli uffici periferici giudiziari sia una decisione estranea a una visione umana della giustizia. Il precedente governo e quello attuale hanno infatti immaginato un’idea differente dell’organizzazione giudiziaria. Un fascicolo deve essere smaltito, produrre qualcosa, il tutto va concentrato in un unico mega-ufficio. Il fatto che ciò implichi l’indebolimento (anche per Tropea e dintorni) di una classe intellettuale, di una rete relazionale costruita su un contenzioso attinente alle concrete dinamiche sociali giornaliere, conta poco o nulla. Crisi, risparmio, efficientismo, modernismo, sono le idee guida che hanno sorretto questo cambiamento epocale. Ma sarà proprio così? In linea di massima, ciò potrebbe addirittura ridurre gli spazi di accesso alla giustizia da parte dei cittadini. In una prospettiva di medio e lungo termine, inoltre, l’introduzione e la definitiva affermazione del processo telematico, implicherà un’ulteriore riduzione dei tribunali. E così, magari, anche il progresso tecnologico sarà messo al servizio di un’idea tesa ad impoverire, ulteriormente, una visione antropocentrica della società. E allora non rimane che rivolgere il pensiero al mondo che fu… Un mondo che ruotava intorno alla Pretura, vista come un luogo di legalità sostanziale e intorno alla sezione distaccata del tribunale, vissuta come momento di formazione giuridica e culturale allo stesso tempo. Non resta che ricordare il passato remoto, e pensare, magari, alle iniziali difficoltà dei contadini di accedere alla giustizia e al percorso intrapreso per renderla veramente uguale per tutti. O ancora al passato recente. Alla figura di avvocati che hanno costruito la propria attività forense con sagacia e fantasia, strumenti sempre presenti nell’ordinario operare dell’apparato-giustizia di periferia. O alle opportunità offerte dal “Foro di Tropea” a giovani laureati, alle donne e a chi non aveva alle spalle una tradizione di famiglia nell’avvocatura. Sarà ancora possibile? Improbabile. Ma la memoria giudiziaria locale annovera anche magistrati valorosi che hanno creato giurisprudenza rapportandosi con una classe forense mai sprovveduta e sempre al passo coi tempi. E una burocrazia che ha assolto ai suoi doveri con precisione non sempre riscontrabile negli altri ambiti della vita civile. In data odierna chiuderà un mondo che se non era coincidente con una visione deamicisiana delle relazioni umane, di certo era molto distante da una di matrice orwelliana! La consapevolezza di avere vissuto una realtà ricca professionalmente e umanamente cede il passo alla mestizia e alla nostalgia. Il tribunale di Tropea: passato momento di applicazione della scienza giuridica e di quella delle emozioni…

Corrado L’Andolina

Pubblicato su L’Ora della Calabria il 13 settembre 2013, p. 27

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